Dal libro di Sergio De Nicola:
Maratea … parliamone ancora
Mistero e storia di un presepe
Un tuffo nella mia infanzia, un intersecarsi di ricordi,
di piccoli ricordi, fatti di ansie, di attese, di
tenerezze, di affetti, di cose semplici ma universali ha suscitato nel mio
animo la visione di un presepe.
E’
stato, per me, un ritornare al brusio di una classe elementare, tra il profumo
di quaderni e di gessi e ai canti della tradizione ormai cancellati da un tempo
breve che tutto travolge e inesorabilmente dimentica.
Quando
un insieme di animazioni, in un presepe, è capace di suscitare tali sensazioni,
significa che è compiuto ormai il salto tra il momento tecnicistico e l’arte;
significa che l’autore è riuscito ad esprimere quei
sentimenti di semplice universalità insiti nella nostra tradizione, e che sono
quindi, anche se sopiti, delle componenti del nostro animo e della nostra
cultura.
Ciò
è riuscito a pieno a Luigi Pastorino nel suo nuovo presepe, dove il discorso
dell’universalità delle cose semplici si confonde con la grande problematica
delle realtà attuali.
Tra
un suono di ninne nanne, tra uno sfavillio di stelle, tra il bagliore di pie lucerne che brillano là nella casa,
qua sulla siepe, si snoda una umanità semplice, fatta di quelle piccole ma
grandi cose di Pascoliana memoria, di quelle piccole cose che il cambiamento
delle abitudini ci ha fatto dimenticare e sulle quali, forse, troppo
superficialmente sorridiamo, ma che necessitano all’individuo per un suo rigenerarsi
e rinfrancarsi dopo la bufera della lotta quotidiana.
In contrapposizione a questo mondo intimista,
fatto di cauti passi, di ritmi umani, Pastorino simbolicamente, in
prossimità della grotta della natività, evidenzia il grande Mistero della Incarnazione di Dio fatto Uomo per soccorrere l’uomo.
E’
tutto il cammino dell’umanità che palpita in una rappresentazione realistica e
delicata, e che approda ai problemi più reali ed esistenziali dell’uomo di
oggi; dell’uomo che anela alla pace e alla solidarietà,
come indicatoci dagli angeli della Scrittura, dell’uomo in continua lotta con
le avversità della natura (chiaro il riferimento agli ultimi episodi sismici),
dell’uomo che vuole il riscatto degli umili e degli offesi, più cari a Cristo,
simbolicamente rappresentato dal Bimbo negro nella mangiatoia.
È
tutto il cammino religioso e umano dell’uomo che biblicamente si snoda nel presepe
di Pastorino; il tutto è espresso con una regia magistrale, priva di forzature
rappresentative, ma lineare, semplice e oserei dire musicale.
E
questo per me è arte.
Da “Figlie di Nostra Signora al Monte Calvario”Ottobre 1987