di Aldo Fiorenzano
All’inizio
degli anni ‘70, alla fine di giugno arrivò al Porto
una barca di nome Antea, a bordo c’erano quattro o cinque giovani ed un signore
un poco più anziano, sui quarant’anni; si sistemarono sulla zona del porto
gestita da Franco Cacciatore, un portaiolo che faceva assistenza nautica. Si era ancora agli
inizi al porto, il traffico era scarso e si socializzava spesso con gli
equipaggi delle barche che arrivavano. Girolamo era il padrone dell’Antea,
l’aveva costruita lui di sana pianta, pezzo per pezzo
e vi aveva impiegato degli anni perché insegnava Educazione Fisica a Torino.
Solo nei mesi estivi si recava ad Ascea, suo paese d’origine, dove aveva messo
in cantiere la costruzione della barca. Ne venne fuori una bella barca di otto
o nove metri, cabinata, con quattro comode cuccette, bagno, cucinetta ed un prendisole a prua.
Aveva un
albero con una vela latina ma navigava quasi sempre a
motore, la vela era un propulsore alternativo in caso di avaria al motore.
Girolamo che
noi chiamavamo professore era un tipo
geniale, sapeva e si occupava un po' di tutto, dalla falegnameria
all’elettronica e quindi in un porto ancora in allestimento diventò un punto di
riferimento sia per gli operatori che per i turisti
che avevano la disavventura di fare avaria con la barca . Quanti interventi
finiti quasi tutti a buon fine e al momento di farsi pagare optava
sempre per una collettiva bevuta al bar. A bordo abbiamo subito fatto la
conoscenza con Franco, Lello ed un altro ragazzo del
quale non ricordo il nome ma di una simpatia unica.
L’Antea
divenne il punto di appoggio di quasi tutti i giovani del
Porto dal mese di giugno fino ad ottobre; non che al Porto ci fossero tanti
giovani, eravamo una decina, ma se volevamo passare una serata bella dovevamo
procurare da mangiare e da bere e portare il tutto sull’Antea. Quante bottiglie
di pomodoro fatto in casa scomparivano dalle nostre credenze di casa per
ricomparire sull’Antea, dove il Professore o Lello si occupavano di organizzare
delle cenette stupende, alla fine delle quali
compariva una chitarra nelle mani di Franco dalla quale uscivano delle note di
canzoni napoletane tra le più belle del mondo. Non passava molto e sul molo si
formava una piccola folla di ragazzi e ragazze, prima silenziosi ascoltatori
poi partecipanti attivi, nel senso che anch’essi cantavano a squarciagola.
Tante nuove amicizie nascevano spontaneamente favorite dalla condivisione della
musica e delle canzoni cantate. Murolo e De Andrè
erano gettonatissimi, ma anche tante altre canzoni classiche napoletane.
Spesso Franco
veniva scritturato da proprietari di locali o da
organizzatori di feste, tanto era bravo a cantare e a suonare, tantissime erano
le canzoni di cui ricordava a memoria tutto il testo, mentre noi spesso
dovevamo solo sussurrare il motivo musicale non ricordandone le parole.
Ogni anno
c’era l’attesa dell’arrivo dell’Antea, mai delusa perché il Professore era
puntuale in quanto arrivava da Torino con un grande
bisogno di libertà e solo al porto lui realizzava questo suo desiderio.
Una sera organizzammo una festa davanti ad un bar proprio all’inizio
del porto. Il bar era situato al piano terra di un palazzo di sei appartamenti
situati al secondo e terzo piano. Mano a mano che
Franco suonava e cantava, la gente aumentava sempre di più e il tempo passava
velocemente.
Erano verso
le quattro di notte e cantavamo ad alta voce un motivo che ricordo faceva così:
Flippo, flippo, flippo, fiore di
primavera, la donna tiene i peli anche sul cuore. E i non ma pigliassi pì mugliera, nemmeno se me l’ordina il dottore. Parola mia, parola
mia d’onore. Finito il motivo una signora in un
impeto di gioia disse: Ma che sarebbe
Maratea senza di noi! Ad un tratto sentimmo una
voce dal secondo piano del palazzo che diceva: NA PACE, NA PACE. Sul balcone era affacciata una signora anziana
con una sottana nera che invano cercava di prendere sonno
tanto era il casino che facevamo. Il professore bevve tanto quella notte che il
giorno dopo asserì di aver visto sul Porto Garibaldi
che correva col suo cavallo bianco.
Il tempo
passava e i ragazzi dell’Antea da studenti diventavano laureati e poiché erano dotati si inserivano subito nel mondo del lavoro e degli
affari. La spensieratezza e l’allegria che li aveva contraddistinti
lasciarono il posto agli impegni che diventavano sempre più gravosi fino a
rendere la loro presenza sempre più sporadica. Solo il professore era costante
e con lui passavamo molto tempo a parlare del tempo
passato senza però organizzare come una volta il presente. Il
Porto era cresciuto, lo scenario era cambiato, noi avevamo cambiato mestiere e
quell’anima, quella identità che era la forza del luogo si andava perdendo.
Dalla condizione di speciali eravamo diventati normali. L’Antea durante una mareggiata affondò, altro brutto segno
di decadenza, ma il professore non si rassegnò, riaprì il suo vecchio cantiere
e nel giro di qualche anno tornò al Porto con ANTEA II,una bellissima barca simile ed ancora più bella della
precedente. Ma la storia non si ripete, almeno in breve
tempo e non siamo più riusciti a ricreare quelle condizioni di positiva
spensieratezza e simpatia che nel porto faceva
tendenza.
Tanti turisti
negli anni successivi chiedevano agli operatori portuali che fine avesse fatto
quella barca di nome Antea che ogni sera faceva una festa.
Qualche anno
fa abbiamo poi saputo che Girolamo il professore ci aveva lasciato, ma il suo
ricordo e il suo sorriso continua ad affiorare nella nostra mente occupando lo
spazio dei ricordi più belli.
Grazie
professore, il tuo passaggio al Porto ha lasciato una
traccia profonda e indelebile.