LA POESIA di TRILUSSA [1]
Parlare di Carlo Alberto
SALUSTRI, meglio conosciuto come TRILUSSA,
significa occuparsi del pi
grande poeta romanesco, degno epigono e continuatore del Belli.
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Nato a Roma il 26 ottobre 1871, Carlo
Alberto SALUSTRI discendeva da una modesta famiglia di lavoratori: il
padre Vincenzo, cameriere, era di
Albano; di Bologna la madre, Carlotta
Poldi, sarta. Nell'atto di nascita del piccolo Carlo compaiono, come
testimoni, Pietro Ambrosi, cameriere,
e Pasquale Salustri, cuoco, zio
paterno del neonato. Nella parentela c' anche un prete Don Marco, canonico di Albano, tirchio
come una busta chiusa , ma, soprattutto, c' il Marchese Ermenegildo De' Cinque Quintili, patrizio romano (padrino di battesimo), che
alla morte di Vincenzo Salustri nel 1884 accoglie la vedova col
figlioccio di soli tre anni nel proprio palazzo (oggi Palazzo Lazzaroni), al n. 52 di via della Colonna Antonina (a pochi passi da Montecitorio), dove
Carlotta continua a far la sarta in un appartamentino separato.
Cresciuto in ambiente
aristocratico, amante della bella vita e delle belle donne, Carlo
Alberto abbandona presto gli studi regolari nel 1886
all'et di soli quindici anni, per non riprenderli pi. A 18 anni pubblica il
suo primo volumetto di poesie, "Le stelle di Roma", in cui
canta le pi belle fanciulle dell'aristocrazia e della borghesia romana.
Comincia, nel contempo, la collaborazione con un giornaletto romano: "Il Rugantino", diretto dal poeta e
folclorista Giggi Zanazzo, e con altre pubblicazioni minori.
Da allora, intermediario tra il popolo e il poeta, sar soprattutto
il giornalismo. Dai piccoli periodici
dialettali passa, col tempo, ai quotidiani politici e ai settimanali di grande
tiratura: il Messaggero, il Don Chisciotte, il Capitan Fracassa, il Travaso
delle Idee. La sua fama comincia ad espandersi, n il Fascismo gli procura
eccessivo fastidio, in quanto con la sua arguzia ed il suo "humour" il poeta riesce a
farla franca anche con la censura, la quale, anzich soffocarlo, ne stimola
la vena satirica e l'affina.
Ne "Il caleidoscopio di Uriel",
Ugo Fleres ce lo descrive "con i polsini e il colletto enormi, col
passo da gigante bonaccione e la voce gentile nel recitare e insinuante":
il Trilussa coccolato dalle signore, applaudito nelle letture che
non fa ormai pi nelle catacombe romane, ma nei pi accorsati Circoli della
Capitale; lo troviamo qua e l per l'Italia, quindi all'Estero al
Cairo e, addirittura, in "tourne"
in Brasile nel 1924.
Morta la madre, ritorna nella Roma della sua
infanzia, si crea il famoso studio di Via Maria Adelaide, dove, per, diventa
sempre pi difficile difendersi da giornalisti in cerca d'interviste, da
poeti esordienti in cerca del giudizio e dagli ammiratori in cerca
d'autografi. Di giornalismo, ormai, poco o niente. Vive con i proventi dei
contratti editoriali, che gli sono appena sufficienti per la sua modesta vita
di scapolo, geloso soprattutto della propria libert.
Tale il suo ritmo all'ultimo trentennio: "Scansafatiche,
ma non gi sfaccendato, anzi, fin quasi all'ultimo, laborioso affinatore
dellarte sua, lettore attento, assai pi colto di quel che generalmente si
crede. Sempre pi sofferente di cuore, si lasciava trascinare di tanto in
tanto a piccoli simposi in osterie pi o meno pittoresche. L'ultima volta fu
il 24 novembre 1950". Cos ce lo descrive Pietro Paolo Trompeo, nelle
brevi note biografiche all'edizione Omnia dell'opera di Trilussa (1964).
E nel suo famoso studio di Via Maria Adelaide
morir il 21 dicembre 1950, pochi giorni dopo essere stato nominato Senatore
a vita, tanto che agli innumerevoli ammiratori, che si erano rallegrati
con lui per il meritato riconoscimento, il biglietto col fac-simile della sua
scrittura Trilussa ringrazia
giunger quando il poeta non pi di questa terra.
Si dice che, nel ricevere
la calda lettera con cui il Presidente Einaudi gli comunicava il decreto di
nomina con relativo assegno vitalizio , Trilussa, rivolgendosi
alla governante, la fedelissima Rosa Tomei, abbia esclamato: "Finalmente se magna!.."
dal momento che, alle sue evidenti ristrettezze economiche, aveva dovuto
aggiungere anche l'umiliazione di vedersi pignorata per debiti verso l'Erario
la magnifica biblioteca alla quale era tanto legato.
Fin qui i brevi cenni sulla vita.
Occupiamoci
ora della Sua Arte.
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L A P O E S I A
TRILUSSA ricordato soprattutto come poeta gioviale, sempre pronto alla battuta
umoristica ed al sorriso, in quel suo romanesco che poco sa di borgata
e tanto si avvicina alla lingua italiana, s da farsi comprendere facilmente
in tutta la sua produzione.
Non c' situazione o momento della vita, che
Trilussa non tocchi, non c' debolezza umana o vizio su cui non faccia sentire
la sua satira bonaria o la sua sferza pungente: dalla nascita alla
morte, dalla miseria alla ricchezza, in chiesa, nei bordelli, nelle alcove, nei
conventi, nei tuguri della povera gente, nei palazzi dei ricchi, tra le aule
dei tribunali e le Corti di regni veri o fantastici.
A simiglianza dEsopo e di
Fedro, di
Ma pur ispirandosi ai grandi
favolieri del passato e riprendendo gli stessi spunti e gli stessi personaggi
Trilussa li manipola e li trasforma, s che ognuno dessi
diventa solo e unicamente favola sua.
Ed altre ne crea, nuove, originali, mai
trattate da altri, da cui sprigionano purissimi il suo
estro e la sua inventiva.
E non dimentichiamoci che
sotto quella patina burlona di spregiudicatezza e di humour
cՏ sempre un velo di malinconia, di nostalgia, di rimpianto
per un mondo ideale, che non potr mai concretizzarsi per la cattiveria degli
uomini e che richiama alla mente il famoso adagio: Pi conosco gli uomini, pi amo le bestie.
Quasi sempre le bestie
di Trilussa sono di gran lunga migliori dei tanti suoi personaggi reali.
* * *
A
proposito della bonomia, con cui Trilussa usa rendere le debolezze umane, e
del rigore, con cui solito bollare peccati e vizi, occupiamoci, ora, dei messaggi
e degli insegnamenti, che ci ha lasciato.
L'uomo
ricorda anzitutto di regola si comporta in un dato modo non
tanto... per la morale,
quanto "per paura der Codice Penale".
Ed, alla luce di quest assunto, ci fornisce innumerevoli esempi, avvalorati dall'amara
constatazione che, nel mondo, sono sempre i poveri e i derelitti a rimetterci
le penne.
Se si parla di cleptomania:
segno ch' un signore ch'ha
rubbato:
er ladro ricco sempre un ammalato
e er furto che commette una pazzia.
Ma se domani un povero affamato
che rubba una pagnotta e scappa via
per
lui non c' nessuna malatia
che j'impedisca d'esse condannato!
Qui il pensiero corre a Jean Valjean, la creatura di Victor
Hugo [2], ed ai suoi iniziali cinque anni di galera fino ai lavori forzati
per un'azione simile, tesa a sfamare la sorella vedova e i suoi cinque
nipotini.
E continua: Cos va er monno! L'antra
settimana
che Teta se n'agnede cor sartore
tutta la gente disse: E' una
puttana
Ma la duchessa, che scapp in America
cr cammeriere de l'ambasciatore,
Povera
donna! dissero E' un'isterica!
(L'INGIUSTIZZIE
DER MONNO)
Confrontando l'uomo e le bestie, ci si accorge che
queste ultime , in fondo, son relegate a fa la vita
che Dio j'ha stabilita ...
Dall'Aquila, a
chi vola, chi s'arrampica, chi striscia;
dar Sorcio, a
chi rosica, chi succhia, chi fatica..."
Soltanto l'uomo "che non si contenta", sente il bisogno de "l'evoluzzione":
ed ecco
" pensa, studia, cerca, scopre, inventa...
Ma sur pi bello, ch' arivato in cima,
quanno se crede d'esse' pi evoluto,
vede un pezzetto d'oro...
e te saluto!
E' pi bestia de prima!
"
(
*
* *
Ma forse e
senza forse la pi emblematica di tutte le satire di Trilussa resta
la celebre SEIMILA ANNI FA (del
gennaio 1917), in cui il Poeta ci descrive la creazione dell'Universo da parte dell'Altissimo: l'inchiesta
di Dio pe vede come staveno le cose, la creazione della "luce",
la separazione delle terre dal mare,
l'accensione "del sole, della luna nova e delle stelle d'oro";
quindi la creazione della vita e delle
piante,
e
pesci e bestie d'ogni specie:
j'usciva tutto quanto per prodiggio
come sorte la robba dar
cappello
d'uno che fa li giochi di prestiggio...
Ma appena se tratt de fa er
cristiano,
che je ce volle la materia prima
ann a pij la fanga
d'un pantano."
Cos form lUomo, gli
diede moglie, e subito questi si ribellano per via "dell'inghippo de quer pomo" e
del serpente, che conoscendone er
maneggio" si prest "gentirmente".
Allora Dio te li convoca e te li
scaccia dall'Eden.
Tu uomo : per penitenza te guadagnerai
er pane cr
sudore de la fronte
dove ogni ruga
porter l'impronte
der
peccato ch'hai fatto, e morirai.
E a te, disse
alla moje
giacch non sei rimasta su la tua,
farai la serva all'omo e, per via sua,
partorirai li fiji co' le doje.
E,
adesso, al, sgrullateve le foje
e annateve a fa' frigge tutt'e dua! "
Dopo
questo dispiacere " era destino
che ciavesse una brutta
gravidanza:
Eva, defatti partor Caino."
Poi nacque Abele e
"Un giorno,
in una brutta circostanza,
Caino ner
pass da la foresta
trov er fratello,
je spacc la testa,
e
cos
cominci la fratellanza.
La conclusione una staffilata in pieno
viso, di quelle che lasciano il segno! E il viso si riga di sangue: il
sangue di tutti gli Abeli, che hanno dovuto soccombere alla prepotenza di
altri fratelli. Perch (non ce lo dimentichiamo!) l'Umanit pi che dal peccato originale
marchiata dal primo fratricidio!
Questo,
il Trilussa che non ti aspetti: possibile?.. Lui, sempre cos gioviale e
accomodante pronto a sorridere nellincertezza se una signora riceve
il "bell'omo (che va a "faje compagnia") a danno dell'Itallia
/ o solamente a danno der marito" , questa volta non
transige: spietato.
Il motivo c', ed
inconfutabile: l'Umanit da quel delitto non si mai riscattata!
*
* *
Il sapore di questi
versi bonari o taglienti ci spingerebbe ad allungare
il discorso e ce n' da dire! se non urgesse, qui, la necessit
di tratteggiare solo TRILUSSA POETA, in quanto soprattutto questo aspetto, che vogliamo mettere
in evidenza.
Senza aggiungere altri particolari, lasciamo giudicare, quindi, al
lettore estrapolando da alcune poesie scelte a caso (ma non tanto) e lungi dalla pretesa di
esaurir l'argomento quale e quanto lirismo riesca a trasfondere
Trilussa in tante sue creazioni.
Ne L'ILLUSI
confrontando le convinzioni di un Sorcio
anarchico con
quelle di una pacifica Marmotta e di un innocuo Ghiro (senza Ideali)
ci fa sapere che la vita una
lotta o un sogno [3],
ma che ci sono due categorie di sognatori: quelli che sognano "ad occhi aperti" e quelli che
lo fanno "ad occhi chiusi".
Entrambi colpevoli, perch entrambi fuori dalla realt.
In SOFFITTO ritorna sull'argomento precedente, prendendo lo
spunto dai danni provocati alle divinit pagane nella sua camera da letto dal
lavandino del dentista del piano di sopra: Apollo, Marte, Cupido e Bacco, ai
quali era solito confidare i suoi sogni
a la supina
quanno mimmaginavo che la vita
fosse
una strada commoda e pulita".
A tanto scempio, il poeta vorrebbe porre rimedio inondando la stanza di
fumo, ove...
"ogni
illusione persa una boccata
ch'esce
con un sospiro de rimpianto
e sento
quasi l'inutilit
de
quer ch' stato e quello che sar".
Ma, appena s'accorge che Bacco, "er
dio der vino" l'unico
ch' rimasto pressoch intatto tra le volute di fumo sembra alzare il
bicchiere a sbeffeggiarlo, corre a spalancar
" la finestra der giardino,
e
mentre guardo er fumo che va via
me bevo er sole e m'empio d'allegria.
"(1917)
Ecco, allora, levarsi l'inno
alla vita, quella che si vive una sola volta e nella quale non
conviene abbandonarsi a rimpianti! Ed poesia purissima, che sgorga dalla
polla del cuore e che non teme confronti o raffronti con chicchessia!
*
* *
Il problema dell'aborto viene affrontato in quel
meraviglioso trittico di sonetti,
intitolato SOGNO BELLO: nel primo Trilussa ci parla del trauma,
provocato in Marietta dall'accertata gravidanza e dal consiglio dell'amico di risolvere tutto
con la puncicata de
'na certa levatrice
che gi l'ha fatta a
un'antra signorina ".
Segue
nel secondo sonetto la descrizione della nottata della ragazza, che
"s'anniscose sott'a le lenzola
pe' piagne zitta, senza d sospetto.
Poi pij sonno e
s'insogn un pupetto
che je diceva Se te lascio sola,
povera mamma
mia, chi te consola
quando t'invecchierai senza un affetto?
E, sempre in sogno, je pareva come
se er fijo suo crescesse a l'improviso
e
la baciava e la chiamava a nome...
Allora
aperse l'occhi adacio adacio
e s'intese
una bocca accanto ar viso
che la baciava co lo stesso
bacio."
Sar per la bellezza plastica delle immagini,
o per l'eccelso grado di lirismo che riescono a raggiungere, questi versi
richiamano forte il racconto, che Francesca [4]
fa a Dante della sua dannazione.
Nel terzo sonetto, ecco svelato il
mistero della bocca accanto ar viso:
la
mamma che accorsa
per vedere cos'abbia sta stringendosela al petto:
"Amore santo!
Che t'insognavi che
parlavi tanto
e facevi la bocca risarella?
Per ciai l'occhi come avessi pianto...
Dimme? che t' successo? E pe' vedella
pi mejo in faccia, apr la finestrella
e fece l'atto de tornaje accanto.
Si sente un fischio: lui, che sta aspettando
per accompagnarla dalla levatrice...
Al che, Marietta alla mamma:
"
Dije che vada pe' li fatti sui.
Anzi
faje cap che se l'onore
se p sarv con una
puncicata
preferisco di dajela ner core. "
E qui, al Trilussa-Poeta
si aggiunge il Trilussa-Morale, fedele al principio, per cui l'aborto
sempre un omicidio. Il fatto che, in condizioni di
necessit, al bivio si opti per la vita della madre, non
modifica, in fondo, la sostanza.
* * *
Parlando di Libert,
Trilussa ci offre un'altra bellissima pagina di Poesia ne ER
GRILLO ZOPPO, con una sola cianca,
perch l'altra rimasta nella cappiola del ragazzino, che lo aveva catturato.
Per evitare di ripeterci, l'esamineremo, per, in seguito, quando ci
occuperemo, poi, di TRILUSSA E
Lo stesso dicasi per la Pace, altra essenziale aspirazione delluomo, di cui Trilussa ci offre
una bellissima creazione, ne
Ecco intanto, ora, come il Poeta descrive
C' un'Ape che se posa
su un bottone di rosa:
lo succhia e se ne
va...
Tutto sommato, la felicit
una piccola cosa. "
Se lungo il cammino della vita capita di smarrire
la retta via, ancora
Quela
Vecchietta ceca, che incontrai
la notte che me spersi in mezzo ar bosco,
me disse:
Se la strada nu' la sai,
te
ciaccompagno io, ch la conosco.
Se ciai la
forza de venimme appresso,
de tanto
in tanto te dar una voce
fino l in
fonno, dove c' un cipresso,
fino l in
cima, dove c'
Io
risposi: Sar... ma trovo strano
che me
possa guid chi nun ce vede...
e sospir:
Cammina!
Era
* * *
Ed eccoci, forse, alla pi bella lirica di
Trilussa:
Lo sai ched'
L'astuccio trasparente d'un sospiro.
Uscita da la canna vola in giro,
sballottolata senza direzzione,
pe'
fasse cunnol come se sia
dell'aria stessa che la porta via.
Una Farfalla bianca, un certo giorno,
ner
vede quela palla cristallina
che
rispecchiava come una vetrina
tutta la robba che ciaveva intorno,
j'agnede incontro e la chiam: Sorella,
fammete
rimir! Quanto sei bella!
Er cielo,
er mare, l'arberi, li fiori
pare che
t'accompagnino ner volo:
e mentre
rubbi, in un momento solo,
tutte le
luci e tutti li colori,
te godi er
monno e te ne vai tranquilla
ner sole che sbrilluccica e sfavilla.
So' bella, s, ma duro troppo poco.
La vita mia, che nasce per un gioco
come
la maggior parte de le cose,
sta chiusa in
una goccia... Tutto quanto
finisce
in una lagrima de pianto. "
Infine, la sua Filosofia, quella che lo guid nel corso della vita:
La strada lunga, ma er deppi l'ho fatto:
so dov'arrivo e nun me
pijo pena.
Ci er core in pace e
l'anima serena
der savio che
s'ammaschera da matto.
Se me frulla un
pensiero che me scoccia
me fermo a beve e chiedo aiuto ar vino:
poi me la canto e seguito er cammino
cor destino in saccoccia."
* * *
Abbiamo
fin qui considerato solo le Poesie pi immediate, che s'impongono nello
scorrere il Nostro; ma possiamo tranquillamente affermare ch' tutta la
produzione a traboccare di afflato lirico, contaminato, tuttavia,
da quel suo fare burlesco e canzonatorio, che, spesso, ad una lettura
superficiale e distratta, lo pone in ombra e lo nasconde.
L'argomento non , perci, esaurito, n potrebbe
esserlo! Altre bellissime Liriche verranno prese in considerazione
successivamente, in particolare quando si tratter di AMORE E TRASGRESSIONE come li ha vissuti Trilussa.
* * *
Vogliamo chiudere, intanto, con le
conclusioni, cui perviene Pietro Pancrazi nel suo interessante commento sull'Arte
di Trilussa:
""Vorrei mettere tutti i lettori
in avviso. Trilussa un poeta ingannatore. Ci
furono, ci sono poeti che v'ingannano con l'apparente loro grande complessit (se vi l'ammirazioni de l'amichi / nun faje cap mai quello che dichi
).
" Trilussa vi inganna invece con l'apparente estrema semplicit
sua. Almeno in ci questo poeta somiglia un classico.
"... Ci fu in lui tanta e continua ricchezza di vena, di temi, di
trovate, di rime; le poesie belle sue ebbero
sempre in grado eminente quella spinta, quel movimento che significa vita; ma tutto questo era in lui cos
naturale che quasi non s'avvertiva.
Ci sono nel mondo cose che, per essere naturalmente belle, oppure per
essere riuscite benissimo, finch durano, ne godete quasi senza accorgervene. Ve ne accorgete, per dopo, vi fanno il
vuoto quando mancano.""
[5]
*
* *
Un giorno chiesero a Wagner chi,
secondo lui, fosse il pi grande musicista: senza lasciarsi pregare,
Questi si mise al piano e cominci
a suonare il preludio della NORMA di Vincenzo Bellini; dopo
alcune battute nel pieno dell'esaltazione schiaffeggi la
tastiera e s'alz di botto esclamando: "Quando si scrive musica come questa si raggiunto il Paradiso
dell'Arte".
Ebbene
lasciatemelo dire! , facendo eco al sommo Genio d'oltralpe, possiamo
ripetere anche per Trilussa: "Quando
si scrivono versi come questi si ha tutto il diritto di sedere accanto ad Ungaretti, a Quasimodo, a Saba e a
Montale, tra le massime voci del nostro
Novecento, senza che si stia l a dissertare sulla valenza e sulla supremazia
o meno della Lingua sul Dialetto.
Antonio Limongi
[1]- A.Limongi TRILUSSA, Satira e
Poesia, Dpnet (Sa) 2011, Pagg.116 (In
cui il Poeta viene trattato
per argomento)
[2]- V. Hugo:I MISERABILI, Parte Prima Fantina, Libro 2* L'abbiezione, Cap. 17:
J. Valjean
[3] - Pedro Caldern de
[4] - Dante Alighieri
[5] - Trilussa TUTTE LE POESIE - Prefazione
di Pietro Pancrazi pag.xxxii Ed. Mondadori1964