IL PROFESSORE DI CHITARRA

Oltre alla passione per la caccia, Peppino ne nutri­va una ancora pi grande: la Musica. Il suo violino era diventato presto famoso in tutta la borgata; ma la man­canza degli amici della Filarmonica si faceva sentire, eccome!

Costretto a seguire la sorella Adelaide, maestrina alla prima nomina qui, lontano da casa, per laccompa­gnamento doveva accontentarsi di un giovanotto del posto, che della chitarra appena appena conosceva gli accordi essenziali; per cui, pi che del solito zum zum o dello zum pap-pa zum nelle tonalit principa­li, non poteva contare.

Fu cos che durante una delle puntate in paese pens organizzare una serata in allegria, con linter­vento di qualche componente la Fi-larmonica e la parte­cipazione di... un famoso Professore di chitarra. 

Ad esser sinceri, di professori famosi non che ce ne fossero; ma don Gennariello era senzaltro uno che di chitarra se ne intendeva. Oltre alla padronanza dello strumento da cui traeva accordi meravigliosi e sonate perfette attirava il sussiego, col quale interpretava  i suoi pezzi.

Alto poco pi di un metro e cinquanta, piuttosto segaligno, con gli occhi spiritati che diventavano an­cora pi accesi quando era pervaso dallestro... armoni­co , un paio di baffi enormi e capelli alla capellona, amava suonare, ma anche cantare. E, quando lo face­va, le parole gli si arrotolavano, simpastavano, si ma­sticavano e si confondevano in finali incomprensibili, mentre la voce prendeva inflessioni nasali, che concor­revano ad accompagnare laccompagnamento: qualcosa tra la macchietta e lo spasso, che procurava ilarit e  al tempo stesso interesse.

Comunque si comportasse, finiva sempre con laf­fascinare luditorio; e, per rompere il tran tran quotidia­no, era proprio quello che ci voleva.

Con la collaborazione degli amici e lassenso dellinteressato, Peppino prese, cos, a preparare la venuta del Professore (che per loccasione divent De Gennari del San Carlo di Napoli), tra lentusiasmo dei giovani e la disponibilit degli anziani, onorati di ospitare cotanta celebrit.

Un professore che si rispetti non poteva, per. presentarsi senza abito da cerimonia un frac per in­tenderci con tanto di code e di cilindro; ma quelli dei componenti la Filarmonica erano, data la taglia, non adatti al Professore.

Fu giocoforza, perci, accorciare i pantaloni con una doppia piega, mentre le bretelle, ben tirate, avreb­bero sopperito alla profondit del bacino (a scapito, tut­tavia, della vita che ne risult troppo alta); con le mani­che tirate sui gomiti si cerc di evitare che dentro scomparissero anche le mani: restarono le code, enor­mi, che toccavano quasi per terra. Un po dovatta, ben pressata alle punte, riduceva a dimensioni accettabili le scarpe di pelle lucida.

Per una giornata non si poteva fare di pi!

Quanto al cilindro, un po di carta incollata a stri­sce allinterno avrebbe evitato che, dentro, ci scom­parissero anche le orecchie.

*    *    *

E il gran giorno arriv.     

Peppino con alcuni villici si levarono di buonora, per andare a ricevere lospite, in arrivo con la corriera delle sei, e dato che il paese distava alcuni chilometri fu portata per loccasione anche la vettura, la stessa alla quale, di solito, si ricorreva quando ci si recava a prelevar la maestra.

Chi andasse col pensiero allautomobile rimarrebbe deluso; nel gergo dellepoca lappellativo era riservato al docile, paziente asinello, sulla cui groppa compivano il percorso le persone di riguardo, che non se la senti­vano di coprire a piedi il tragitto.

         Tra un ringraziamento e un mugugno, il Professore ci si dovette adattare, consegnando il bagaglio a quei gentili paesani, ma non linvolucro con lo strumento, che si tenne ben stretto fino a destinazione.

  Peppino e gli altri facevano da scorta donore.    

        Al villaggio erano ad attendere con curiosit e im­pazienza, e larrivo fu accolto da applausi scroscianti.

        Con quel frac da spaventapasseri ed il cilindro enor­me, (che, nonostante gli accorgimenti, continuava a... calamitare le orecchie) il Professore, a vedersi, destava, per, pi ilarit che rispetto. E pi dun monello non troppo ossequiente fu tentato abbozzare qualche sommesso sberleffo, subito zittito da chi gli stava dac­canto.

Dopo le presentazioni ed i convenevoli, si ribad come aveva gi assicurato Peppino che ciascuna fa­miglia avrebbe avuto nel corso della giornata diritto alla visita di don Gennariello, atteso che il mattino seguente il Professore sarebbe dovuto rientrare per inderogabili impegni.

Fu, quindi, stilato lelenco degli anfitrioni con un percorso che non soggiacesse ad esigenze di... proto­collo, mentre era pacifico che a pranzo sarebbe stato ospite del Presidente, il quale, peraltro, aveva gi pre­parato.

Si cerc, infine, di far coincidere le prime ore della sera con la visita a don Michele Rizzo, dove nellampio salone avrebbero potuto far quattro salti le aspettati­ve dei giovani.

*    *    *

Il Tour de force ebbe subito inizio, ma labilit e la bravura di don Gennariello si evidenziarono solo dopo qualche bicchiere di quello buono, dato che con la passione per la chitarra il Nostro coltivava anche quella per Bacco. E, quando lotre era ben rimpinguato, Euterpe finiva col ceder lo scettro a Tala, fino a che questa a sua volta abbandonava lesausto mene­strello tra le braccia ristoratrici di Morfeo.

Don Gennariello giunse, perci, a casa del Presi­dente che era gi quasi alticcio; ma il lauto pranzo provvide a rimetterlo in sesto, facendo diradare i fumi del vino e permettendogli di recuperare le forze, profu­se in mattinata nelle magnifiche ed applaudite esibizioni canore.

Tutti avevano ormai cominciato ad apprezzarlo, senza far caso alle apparenze, ammaliati dagli arpeggi e dai tanti pezzi di bravura, nonch dal vasto repertorio napoletano, al quale partecipavano con successo anche Mario col mandolino ed Eduardo col banjo, oltre Peppi­no col suo ben noto strumento.

Man mano che la comitiva avanzava, aumentava­no, per, anche i bicchieri, e il Professore pronubo Bacco stava per passare da Euterpe a... Tala.

Quando giunsero a casa Rizzo, i giovani potettero finalmente scatenarsi in agili polche, valzer brillanti, melodiose mazurche e tanghi appassionati, mentre il Nostro tra un pezzo e laltro continuava ad attingere a Dioniso, accentuando il sussiego ed alterando sempre pi i testi del repertorio. E si vedeva che era l l per cedere a Morfeo.

Peppino, Mario ed Eduardo cominciarono, cos, ad esserne preoccupati, paventando le rimostranze di chi non avrebbe potuto ricever lonore di ospitare, sia pure per pochi minuti, il famoso Professore del San Carlo. Ma ad ogni tappa il livello di saturazione aumentava e don Gennariello era, come suol dirsi, ormai cotto.

Ora si cercava di mantenerlo desto, sottraendogli il vino ed offrendogli qualche biscotto in pi, ch gli fa­cesse da... spugna, onde tardarne leffetto.

Intanto, alle parole farfugliate ed agli accordi ca­renti, era sopravvenuto un fastidioso singhiozzo, che ne faceva presagire crollo imminente.

Insieme al Professore, gran parte del seguito era nelle sue stesse condizioni; ma mancavano ancora tre tappe e bisognava, ad ogni costo, raggiungere le ultime case del villaggio, le pi isolate, per evitare reclami.

A quel punto dovendo percorrere un buon tratto di strada tra i campi e data lora inoltrata   si pens di affidare il Professore (il quale non stava pi in piedi e farfugliava strani discorsi, intercalati a eruttazioni e sin­ghiozzi) alla cure di tre volenterosi, che a loro volta si reggevano anchessi a fatica.

Cos, mentre Giacomino Perrella afferrava il Pro­fessore per i piedi, stringendone sottobraccio le scarpe, Beppe Mancuso e Tonino Percoco lo avevano preso per le braccia e sistematagli la chitarra sulla pancia cer­cavano di trasportarlo in... orizzontale per consentirgli di completare il tragitto.

La comitiva, cantando a squarciagola, li seguiva dappresso. Ma, data la difficolt che incontravano nel coordinare i loro movimenti, presto i portantini furono superati ed il gruppo era gi arrivato alla casa di Z Vi­cienzo Marrone, che dei tre compari col Professore non si notava ancora alcun segno.

Le lanterne col loro tenue chiarore impedivano, peraltro, che si potesse vedere a distanza, e quella affi­data a Giacomo Perrella tardava stranamente a rivelar­si.

Finalmente, la si intravide, lontana, mentre la co­mitiva sistematasi davanti al portone continuava a cimentarsi con gli esercizi canori.

Ad un tratto sembr che il lume si muovesse pi lesto e tutti si tranquillizzarono: ormai era questione di momenti. La meraviglia fu quando, sulla dirittura darri­vo, apparve il solo Giacomino, con la lanterna in mano e sottobraccio ben strette le scarpe del Professore: ecco perch, allimprovviso, non aveva pi faticato a camminare, n aveva pi avuto difficolt a trasportare don Gennariello tra i campi!!...

Ma gli altri..., doverano finiti?...

Giocoforza fu tornare indietro, preoccupati, con tutte le lanterne a disposizione.

E, dopo circa unora daffannose ricerche, final­mente! li trovarono tra la folta vegetazione, la chitar­ra silente e lontana, tutti e tre luno sullaltro: don Gen­nariello, Beppe Mancuso e Tonino Percoco, in fondo a una fratta, beati... a ronfare tra le braccia amiche di Morfeo ristoratore.

Antonio Limongi

Indice