ZIO GIACCHINO
Il vecchio
Zio Giacchino, gestore del tabacchino l, in piazza, non ne parlava mai con
nessuno, e quando noi ragazzi, curiosi e impiccioni, gli chiedevamo come mai
fosse senza una gamba sviava puntualmente il discorso, dirottandolo sui pi
vari argomenti, meno che sulloggetto della richiesta. Nella borgata si diceva
che lavesse persa sul Carso, agli inizi della Prima Guerra Mondiale; cera
anche, per, chi malignava, affermando che era stato s per la guerra, ma a
seguito dellinfezione rimediata a causa di un banale incidente.
Prendeva
una pensione di poche lire, la quale se non ci fosse stato il Tabacchino
non gli sarebbe bastata non dico per vivere, ma nemmeno per sopravvivere, come
pure imponeva la natura di essere umano.
Era un
bravuomo, secco e allampanato, pieno di rughe e con due occhi grandi cerchiati
di nero, quale oggi si vedono in certi film dellorrore: solo che allora il
cinema per noi si riduceva a qualche cortometraggio di Ridolini o di Charlot,
che, ogni tanto, un volenteroso ci proiettava per pochi soldi con la sua
portentosa macchina a manovella su un lenzuolo steso penzoloni in un basso,
mezzo diroccato, maleodorante di muffa o di fieno appena falciato.
Quei
grandi occhi cerchiati, spesso indugiavano a scrutare nel vuoto, come per
cercare immagini che solo la mente riusciva forse a vedere: allora lo si
sentiva sospirare e imprecare contro il Destino ostile e patrigno.
In quei
momenti cessava dessere apatico e distaccato e lo vedevamo agitarsi sotto il
peso di ricordi, che, tuttavia, teneva gelosamente per s: era allora che
appariva assai vulnerabile, quando ci regalava caramelle e confetti, prelevati
dai boccioni di vetro solennemente allineati davanti al bancone.
E si
vedeva che ci voleva vicini, seduti accanto a lui, accalcati sopra i sacchi di
crusca, che soleva vendere ai contadini per lingrasso di polli e di maiali.
Fu
durante uno di questi momenti di debolezza,
che un giorno riuscimmo, finalmente, a strappargli il segreto:
Z
Giacch, comՏ chhai perso la gamba? Ce lo vuoi raccontare?... Su, via!...
Dcci comՏ stato!... Staremo buoni: raccontaci il fatto!...
Z
Giacch, su via... fai il bravo!...
* * *
Alla
fine, zio Giacchino cedette.
Dovete sapere che agli inizi del 1915 linverno stava, ormai, per passare
e savvicinava gi la primavera. Io avevo perso tata[1] e mamma da poco ed ero rimasto solo,
senza di nessuno, a pascere pecore e crape
[2] l, sulla montagna del
Coccovello, quando una mattina mi vidi arrivare Z Vicienzo, il postino,
che mi domanda: Sei tu, Gioacchino Lambiase fu Nicola, nato 14 marzo
1894?...
A
servirvi, sono proprio io: che vuoi?..
CՏ una
cartolina per te! -
E che
dice? -
Che
devi partire soldato. Firma qua, o metti un segno di croce.
Io?...
Ma sicura la mia?... -
Sei tu
Gioacchino Lambiase fu Nicola?... -
S,
sono io. -
E
allora tua. Firma e non farmi perdere tempo!
(Mi sentii crollare il mondo
addosso e diventai rosso come uno scorfano...)
E m, le pecore a chi le lascio?... Senti, Z Vici: fai finta che non
mi hai trovato, ed io ti regalo pure un capretto.
No, Giacch! Mi vuoi vedere in galera? Non posso! Arrangiati tu.
E io
non mi presento! -
Accuss
vengono i carabinieri e ti arrestano! -
Tu dici
che non mi hai visto! -
E vuoi che m'arrestano a me?...Vedi tu
d'arrangiarti... -
E, senza perdere altro tempo, mi consegn
E mo, pensai, cosa faccio?
Dovetti vendere pecore e crape, e mi presentai ai carabinieri,
che mi misero sul treno per Napoli, destinazione Caserma Garibaldi.
* * *
Da Napoli fummo caricati sulla tradotta e
mandati in Alta Italia ad addestrarci. Intanto, era scoppiata la guerra e gli
istruttori con il maneggio delle armi ci parlavano continuamente dei nostri
nemici, austriaci e tedeschi, descrivendoceli come gente feroce e cattiva,
pronta a massacrare donne e bambini senza provare il minimo rimorso.
Ci mettevano in corpo tanto di quellodio
che ce li immaginavamo quasi come demni,
dai quali non avremmo trovato scampo. Se ti prendevano, ti avrebbero subito scannato come capretti, perch non facevano
prigionieri.
Giunse alla fine il giorno, in cui fummo inviati a combattere
in prima linea, pieni di rancore e di odio verso quei demni, che avevano occupato con prepotenza le nostre terre e
tenevano schiavi i nostri fratelli gi da tanto tempo.
Ci svegliarono nel mezzo della notte e
dopo averci armati di tutto punto ci dissero di tenerci pronti per lassalto:
artiglieria e mortai avevano, intanto, iniziato lazione di sfondamento.
Lalba ci colse che il cielo era
rosso di fuoco: gli scoppi si susseguivano senza tregua, e noi, rintanati
nelle trincee, sotto la pioggia aspettavamo il segnale dellassalto, che giunse
quando era gi giorno.
* * *
Ci
lanciammo come lupi affamati, mentre lartiglieria questa volta nemica
cercava di ostacolarci col fuoco di sbarramento: su per le pietraie, assetati
di vendetta e di sangue.
N
sterpi, n cespugli potevano ostacolare lassalto: era finalmente giunto il
momento di stanarli e distruggerli, i crucchi
[3] della malora, quelli che
ammazzavano tutti senza piet. Correvo come un dannato e non pensavo che a quello, correvo..., correvo in mezzo
alle granate che scoppiavano da ogni parte.
E
finalmente lo vidi, il demonio,
lodiato nemico, il mio nemico, ma era vestito come me, senza zolfo, n fiamme: ebbi un attimo di
esitazione...
Quello
spar!...
Sparai
purio ...
Cadde, e
rimase immobile contro la roccia, mentre faceva capolino un timido raggio di
sole.
Corsi
vicino e lo guardai per sincerarmi: era vestito proprio come me, era uguale a
me, le stesse mani..., la testa...
Solo i capelli biondi e gli occhi azzurri sbarrati fissi nel
cielo...
Sul viso
era rimasto a mezzo lultimo grido... e, sul giubbotto, una macchia rossa di
sangue! che sallargava..., che seguitava a spandersi a vista
docchio... Fu un
attimo!
* * *
Mi risvegliai
nellospedale di campo, e mi trovai senza la gamba...
Fu la sua
fucilata?.. Che so!... Non ricordo altro!
Ma il
morto..., quello s, me lo vedo sempre davanti! E non mi d tregua: era ancora un
ragazzo!
Forse,
era un pastore come me.
Forse, anche
lui aveva dovuto vendere le sue pecore per venire a combattere l, sulle
montagne del Carso!
Solo che
io sono tornato, seppure senza una gamba!... Lui, invece, cՏ rimasto secco! ... e sono certo che non mi
odiava, come io non odiavo lui!
Eppure,
lho ammazzato! Lui non mi aveva fatto niente ...ed io lho ammazzato! Lho ammazzato, Dio mio!
Zio
Giacchino continuava a ripetere il suo rovello, con occhi umidi di pianto, al
colmo dellangoscia.
E, a quel
punto, ci rendemmo conto perch non ne voleva parlare: meglio non rievocare
quei momenti crudeli, meglio tenerseli dentro,
ben nascosti nel cuore.
Ma quanta
saggezza nellumile pecoraio, quella che sovente difetta in coloro, che con
tanta disinvoltura manovrano i destini dei Popoli!
Per il
vecchio e scontroso Zio Giacchino, da quel giorno, avemmo maggiore rispetto e
sentimmo di volergli, in fondo, ancora pi bene.