VERBICARO E
di Emanuele Labanchi
L'appassionata ricerca dell'amico Vincenzo
Grisolia da Santa Domenica Talao mi ha permesso di leggere due articoli
pubblicati dal Corriere della Sera nell'agosto-settembre 1911, aventi ad autore
l'inviato speciale Luigi Barzini e ad oggetto
Verbicaro e
Nel richiamare quanto scritto in Verbicaro eil Corriere della
Sera, mi limito a trascrivere di seguito la parte finale del successivo
articolo del 3 settembre (pubblicato il 4 settembre)
1911 con il titolo "Una terra italiana da redimere", riferito ancora
alla rivolta di Verbicaro ed alle condizioni della Calabria:
"CALABRIA ABBANDONATA"
"Coll'isolamento assoluto dei
centri abitati manca il respiro innovatore dei traffici, manca il respiro
intellettuale. La vita si restringe alla
materialit, intristisce nella miseria e nell'ignoranza, si paralizza, si
abbrutisce nel suo ristagno secolare, fermenta tutti mali. La produzione
moderna non arriva, non nascono nuove e comode abitudini di vita, nuovi
bisogni, nuove ambizioni per soddisfare le quali si risveglino
ovunque energie e idee fruttifere. E' pi facile andare in America che andare alla citt vicina. In questo ambiente
isolato e primitivo le ambizioni sono sostituite dalle ingordigie e la mancanza
di una coscienza politica, la strana concezione dei poteri pubblici, fanno di
ogni amministrazione locale dei covi di prepotenza e di immoralit. Il
contadino sempre la vittima ed egli, nella oscura
confusione della sua mente, chiama anche questo "Governo". I
"galantuomini" del Municipio sono per lui i vassalli ed i valvassori
del grande e fantastico potere centrale.
Il Governo non lo tutela per alte e infinite ragioni ben note, si
lasciato questo paese per cinquant'anni senza strade o quasi, e secondo i
calcoli pi favorevoli, le strade progettate non saranno
finite che fra quarant'anni. Ma se
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"IL BENEFICIO DELLA
RIVOLTA"
"Ecco che per spiegare le opinioni dei campagnuoli
calabri in fatto di malattie epidemiche siamo andati a finire molto lontano. E'
che in fondo la breve rivolta di Verbicaro non insorgeva soltanto contro
l'avvelenamento. Per un istante, inconsciamente, sotto una ossessione
assurda, nell'impeto di una paura fantastica, persuasi di essere vittime della
pi inumana delle ingiustizie, i contadini si rivoltano istintivamente, senza
comprenderlo, contro un nemico, che non sapevano bene quale fosse, per tutti i
mali di cui soffrono, per tutti i mali che hanno foggiato loro un'anima
violenta e una coscienza cieca.
E pure la
rivolta, chi lo crederebbe? Ha avuto un piccolo ma giustificabile beneficio.
Questo: che tutti i Sindaci minacciati hanno ora una paura folle del colera, e
invocano disinfezioni, mettono guardie armate all'ingresso dei villaggi vicino
a secchi colmi di soluzione di sublimato. Chi entra deve lavarsi le mani. I
contadini, sospettosi, fanno prima lavare le mani alle guardie, e poi si
decidono.
Il risultato che si vedono almeno all'ingresso dei villaggi delle
mani quasi pulite
LUIGI BARZINI