LĠASSEDIO DI MARATEA DEL DICEMBRE 1806

 di Emanuele Labanchi

-Sull'argomento si rinvia ai contributi di Luca Luongo in www.calderano.it " I caduti dell'assedio di Maratea del 1806" e "L'assedio di Maratea del 1806- Nuovi documenti e studi"-

Ringrazio l'amico Vincenzo Grisolia da Santa Domenica Talao (CS), cultore di storia del suo paese e del nostro Mezzogiorno, per avermi reso partecipe del "RAGGUAGLIO" che segue, scritto dal nobile Gennaro Marulli, filoborbonico, nato a Napoli il 16 marzo 1808 ed vi deceduto il 25 dicembre 1880.

Gennaro Marulli – Ragguagli storici

sul Regno delle due Sicilie. Vol. 2Ħ pagg. 417-421

1806 e 1807

LIV. Continuavasi in questo mezzo tempo per varie vie a maneggiare le pratiche dellĠoccupazione.

Aspro tormento ed assai pungente spina era statĠa quelle genti di Francia, inorgoglite dalle parole di fuoco dettele dal vincitore di Austerlitz nel mandarle verso queste parti, la difesa di Gaeta e quella di Civitella del Tronto eseguite da soldati napolitani; ma il portentoso sostenimento operato dal popolo in Amantea, che dal primo giorno di Marzo del giˆ passato anno 1806, chiuso si era ad ostinata oppugnazione; non che quello fatto dalla popolazione di Maratea, che egreggie e rare pruove di valore debbonsi nominare, non solo le riempiva di rabia , ma le teneva ardenti di vendetta; imperciocchŽ ne risultava lĠaffievolimento della loro forza morale: era umiliante per quella truppa cui i pi gravi ostacoli, erano sempre sembrati lievissimi, il lasciare un paese non fortificato e difeso dai soli abitanti, i quali orgogliosamente sfidandola e provocandola formasse uno dei principali nidi delle insorrezioni calabresi. Il Maresciallo Massena bramando di estirpare un esempio cotanto scandaloso, e sapendo che iu meno di un anno lĠesercito a lui commesso era stato scemato di oltre a ventimila uomini, aveva ordinato con caldezza di emanazione al Generale Verdier di prendere tutte le opportune disposizioni , affinch quel ricettacolo di gente contraria cadesse in suo potere. Il Generale obbedendo alle ingiunsioni del Maresciallo, dopo essersi provvisto di quanto riputava pi necessario per quella espugnazione , cominci˜ il movimento.

Nel dover narrare questi avvenimenti  uopo far considerare primieramente , non convenire a questa guerra il nome di brigantaggio, come si feĠ studio di darle da molli, i quali confusero la difesa del proprio legittimo Sovrano animata da caritˆ di patria che non sa piegarsi a voler patire giogo forestiere col brigantaggio solo intento alla rapina, alla civile guerra ed al pubblico danno. Rimane pure a considerarsi, e dar lode assoluta alla sobrietˆ, destrezza e valore, qualitˆ insite delle nostre popolazioni; e far convenire che queste produssero uomini s“ tenaci e fermi nelle intraprese loro, per le parti nelle quali fu il Regno diviso in questi tempi, che simili, ma non pi decisi di essi poteronsi e possonsi trovare.

Dir˜ prima di Maratea, per lĠordine cronologico impostomi seguire, perchŽ prima cedŽ, indi narrer˜ dellĠaltra; anzi avrei dovuto di essa parlarne nel precedente anno, ma come terra assai vicina ad Amantea, che di un tre miglia ne dista, cos“ ne ho tralasciata la narrazione per avvicinarla allĠaltra, che ora ne corre il tempo; tanto pi, che il termine della disfatta di Maratea, forma il cominciamento del cinto assedio di Amantea.

Il piano degli insorti calabresi era stato assai bene concepito, imperciocchŽ i punti nei quali si erano trincerati, erano stati scelti in modo da potere in egual tempo proteggere lo sbarco dei rinforzi e delle munizioni inviate dalla Sicilia, ed intercidere la lunga e difficile comunicazione da Lagonegro a Cosenza. Maratea situata sulla costa nel golfo di Policastro, ad una piccola distanza dalle gole di Lauria, lungo la strada di Napoli, era una delle loro migliori piazze dĠ armi. Gli abitanti di Maratea erano divenuti pi audaci dacchŽ degli uffiziali inglesi si erano a loro uniti, e dacchŽ lĠIntendente civile di Cosenza Alessandro Mandarini, uomo pieno di ardire e dotato di sommo ingegno, investito di poteri della Corte di Palermo, vi aveva stabilito il suo quartiere principale. Il Generale Lamarque, che dopo lĠassedio di Gaeta, aveva ricevuto sotto i suoi ordini una gran parte della divisione di Lecchi; e seco aveva distrutto i pi ascosi e forti ripari deglĠinsorgenti del Cilento, fu incaricato della spedizione contro Maratea. Egli lasci˜ Lagonegro nei primi giorni del Dicembre del 1806 si stabil“ a San Lorenzo della Padula, e con delle marcie rapide e dei movimenti abilmente combinati, pervenne ad incalzare e rinchiudere nella piazza duemila insorgenti, ventidue dei loro Capi, e fra questi il celebre Mecca. Giunto avanti Maratea il 15 Dicembre con 7 Battaglioni, ne cominci˜ lĠ investimento.

Maratea dividesi in cittˆ bassa e cittˆ alta: questa ultima situata sopra un immenso scoglio impossibile a scalfire, e che nei sette ottavi del suo contorno ha la figura di un pane di zucchero rovesciato,  soltanto praticabile lungo uno spazio di 150 in 200 tese, quantunque siane la scarpa sommamente ripida. Questa specie di cittadella circondata da un muro di 25 piedi dĠaltezza  fiancheggiata da talune torri di cui erano state risarcite le antiche troniere o ferito”e. Il Generale Lamarque fece sollecitamente spedirsi da Lagonegro e da Salerno delle artiglierie, e pervenne a farle trasportare dopo i pi penosi lavori, fino sopra alcune punte di scoglio dalle quali si discopre la piazza. GlĠinglesi che avevano diverse Fregate ancorale dĠinnanti al porto, tentarono di operare vari sbarchi; ma le truppe di Lamarque fecero formale resistenza a quei tentativi. GlĠ insorgenti dispersi pel paese, attaccarono molte volte le truppe contrarie a fine di sbloccare la piazza; ma non riuscirono nellĠintento; la guarnigione reiter˜ le sortite, ma fu ricacciata nelle sue mura. Se io dovessi farmi a narrare le azioni, il valore, la pertinacia dĠambo le parti, soverchiamente dovrei dilungarmi; dĠaltronde troppo mi duole il mostrare con minutezza le stragi dissumanate; lascer˜ dunque, che il lettore le deduca dai pochi cenni a cui mi ristringo su questa narrazione, divenendo prolisso su quella di Amantea per darne maggiore conoscenza.

La posizione militare di Lamarque mentre non permettevagli di limitarsi ad un blocco, gli toglieva ogni possibilitˆ di tentare un assedio; in tale tristissima combinazione il Generale per avvicinarsi alla Piazza immagin˜ di far costruire delle trincee in rilievo fabricando dei muri a secco, ed innalzando a ciascheduno svolto una torre nella quale stabilirebbe dei bersaglieri. Questo lavoro faticoso e difficile, mercŽ lo impegno messovi nel costruirlo, fu portato a termini in soli 12 giorni, terminati i quali, quelle truppe pervennero sotto le mura della cittˆ.

Gli assediati non avendo che dei cannoni di piccolo calibro , non poterono impedire lĠavvicinamento dei loro nemici: in allora cominciaronsi dalle truppe di Lamarque i lavori della mina; giˆ tutto era pronto per lo scoppio, quando i napolitani giudicando la loro posizione disperata, fecero una sortita generale , e rovesciando le prime opere andarono oltre. Gli assedianti respinti , tornarono alla carica e ripresero il loro vantaggio; la zuffa fu viva e micidialissima : un gran numero dĠinsorgenti armati di pugnali e di ogni altrĠ arma corta , presi di rabia, scagliavansi con un coraggio estraordinario nelle file degli assedianti, e vi trovavano e trovar vi facevano la morte. QuestĠ azione rinnovata pi dĠ una volta con furore ognora crescente, cost˜ non poco sangue ad ambo le parti, finalmente dopo 22 giorni di un assedio, che non fu se non una serie continua di combattimenti vivissimi, glĠinsorgenti esaurito ogni mezzo di difesa, e posti nella massima strettezza, chiesero di capitolare. Gli uffiziali inglesi e lĠIntendente Mandarino ottennero di ritornare in Sicilia : venti Capi delle masse e pi di 2mila dei difensori furono fatti prigionieri di guerra; gli altri abitanti patirono gran numero di morti e crudeltˆ disumanate, tanto guasto essendo il costume di quelli occupatori, nel credere che lĠumanitˆ serbata in guerra non dovessĠ essere serbata per i popoli armati.

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