3. Le conseguenze di una espansione edilizia in sregolata crescita

Se è il godimento e la celebrazione della bellezza nelle mille forme che la natura e l’ingegno umano sanno inventare la vera vocazione di Maratea, al momento il suo destino appare invece essere tutt’altro. E’ l’espansione edilizia in illimitata crescita la sua corsa all’oro, la moltiplicazione inesausta e infausta di case e casette, ville e villette. Perché ognuno qui sembra fare da sé e per sé. Quando invece visione e filosofia – ma questo non riguarda solo Maratea come luogo, o la casa come cosa – dovrebbero essere del tutto diverse. Nel senso che noi potremmo invece fare nostra una concezione per la quale abbiamo avuto tutto in custodia e prestito, ne dobbiamo fare semplicemente buon uso, beneficiarne moderatamente, per lasciare a chi viene dopo, possibilmente in uno stato ancora migliore di quello che abbiamo ricevuto, ciò di cui abbiamo goduto. Chiamatelo affitto o leasing, usufrutto o temporaneo possesso, ma non contratto di proprietà illimitato, finale e definitivo. Badate che non è eccentrica e francescana bizzarria: di questa visione sono sostenitori, in lucidi e persuasivi saggi, intellettuali, politici, scienziati lungimiranti. Qui sembra invece dominare la corsa frenetica alla costruzione di una casa che rimane gran parte dell’anno vuota e chiusa, prende forme e fogge spesso invasive ed eccentriche, a volte prive di criterio o discernimento, segnalandosi come sfoggio dei gusti più disparati, per di più a volte ristretti o contorti, rispetto al disegno originario, dal venir meno improvviso di risorse e mezzi. Si direbbe che pochissimi oramai resistano all’impulso di edificare il proprio monumento personale, il proprio personalissimo e colorato loculo privato. A nessuno si direbbe essere impedito – ma, anche lì, a qualcuno è impedito un po’ meno - lo sviluppo senza limiti del proprio estro. Sarà questo il feticcio che, crollate le grandi ideologie, ancora mantiene un qualche appetibilità residua? Tra l’altro, il mattone come bene di investimento ancora (in qualche misura) frutta e funziona. Ma non sarà (anche) risposta a un sentimento di profonda esistenziale precarietà e insussistenza? La dimora dell’uomo dovrebbe essere il risultato di un sentire ecologico, di un agire rispettoso e collaborativo: il più possibile semplice, economica, adeguatamente funzionale e sobriamente comoda. Le esagerazioni esibizionistiche che si vedono sempre più frequenti in circolazione sono invece spreco di materiale invasivo, offesa per lo sguardo, gli spazi naturali, l’armonia del territorio, il buon senso e il gusto estetico.

Ha contribuito anche il terremoto del 1980, con le leggi a soccorso dei danneggiati, ad accelerare l’impetuoso locale sviluppo edilizio. Insieme all’espediente magico del rudere. Chiunque avesse sul suo terreno uno stabbio, un ovile, un muro diroccato, ne ha ricavato vani, case, appartamenti. Dalle rovine provocate dal tempo e dal terremoto (le rovine di quest’ultimo essendo state spesso artatamente gonfiate, estese o del tutto inventate), molti degli abitanti hanno ricavato bacchetta magica e manna. Ma mentre fino a un certo punto il controllo sociale ha funzionato da argine e barriera (se osi costruire anche un solo centimetro oltre quello che ti spetta, io ti denuncio!), da quel punto in poi, forse proprio in virtù della caccia al finanziamento pubblico scatenato dalle generose leggi post terremoto, il meccanismo si è capovolto: io trasgredisco, d’accordo: ma perché, invece di denunciarmi, non trasgredisci anche tu? Madre natura, che prima veniva rispettata in virtù del fatto che ognuno dei fratelli sul territorio impediva con il suo controllo geloso che l’altro ne approfittasse, da un po’ di anni è diventata oggetto di violenza multipla e concorde da parte di gran numero dei suoi figli. Abilità e astuzia nella trasgressione, lassismo e opportunismo, indifferenza ed egoismo sono diventati il tessuto connettivo di un comportamento sempre più diffuso. Se si facesse un censimento di quanti hanno costruito negli ultimi anni senza avere trasgredito norme e leggi vigenti, temo che ben pochi ne risulterebbero esenti. D’altra parte, gli oneri di fabbricazione costituiscono la principale fonte di entrata dei Comuni – ora poi che è stata loro tolta anche l’ICI! Insomma, l’abuso abbastanza eccezionale di una volta si direbbe essere diventato oggi in edilizia la (quasi) regola. Gli abitanti del luogo ne hanno fruito e beneficiato, la borghesia potentina (e napoletana e romana) ha dato per prima l’esempio con la costruzione di seconde e terze case. Fino a che punto può reggere il limite di tolleranza su cui si fonda l’equilibrio naturale e lo stato di salute di un territorio? O esso è stato da tempo superato? E il procedere nella costruzione di case irregolari e illegali, spesso prive di allacciamenti fognari, non contribuisce a certi pessimi risultati? Il depuratore ubicato tra Cersuta e Fiumicello ne è evidente conferma. Funziona? Non funziona? I dislivelli da superare saranno anche problematici: ma non lo è anche per chi d’estate ne annusa nell’aria il lezzo insopportabile?

Ma è rimasto qualcuno cui stia a cuore qualcosa di più e di diverso del mattone, del metro quadro, del vano e del nuovo piano, dell’ala in più, della mansardina, del loculo e della terrazzina? Ma è veramente questo l’orizzonte che dà senso alla vita, se è così ostruito da muri e pareti, torrette e pinnacoli, terrazzi trasformati in barriere e ostacoli? Ma che senso ha costruire ancora case, se la gran parte viene poi abitata un mese l’anno? E perché costruire, come avidamente si ipotizza (e sembra si tratti dello stesso gruppo affaristico indagato per i reati commessi nella recente realizzazione di un villaggio turistico nel Metapontino), un nuovo porto a Castrocucco: per attrarre altre centinaia di imbarcazioni che assolveranno sostanzialmente lo scopo di nutrire l’esibizionismo vanitoso dei loro proprietari – con ricchezze accumulate chissà come, spesso grazie a evasioni fiscali parziali o totali – e contribuiscono ad ammazzare definitivamente la già scarsa vita residua rimasta nel mare? Come uscire da una logica nefasta, se non con l’avvio di una spinta sana che parta dal basso? Indicatemi, in una comunità così incline alle cattive pratiche cementizie, anche un solo uomo giusto.

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