5. Prima del mio arrivo

Prima del mio arrivo qui c’era solo una vecchia casa disabitata e un groviglio di arbusti sparsi. L’area non aveva senso, utilità o scopo, non serviva a nessuno. Sterpaglie incolte, sporcizia, discarica, abbandono.

Io sono nato e partito da qui. Ho girato il mondo per cinquant’anni, ho lavorato tanto da massacrarmi la schiena e le mani. Qui vivevano e vivono ancora i miei parenti e amici. Sono tornato, ho messo a disposizione esperienza, competenza, tutti i miei risparmi. Da tre anni lavoro qui tutti i santi giorni. Ho disboscato e ripulito, trasformato e abbellito. Ho piantato nuovi alberi e tirato su muri, ho ampliato e costruito. Dove c’era il nulla e l’abbandono ora ci sono fontana e piscina, statue, abitazioni decorose. Ma che legge è quella che protegge le lande incolte e impedisce di bonificarle? E cosa pesa di più sul piatto della bilancia: il riposo dei fannulloni di città, che vengono qui a criticare e a poltrire, o la fatica creatrice di chi ripulisce e migliora, trasforma e valorizza? La gente di qui ricava un beneficio da chi come me suda e fatica tutti i santi giorni, o da chi predica al vento le belle idee e le inconcludenti teorie? Dovreste ammirarmi, ringraziarmi, farmi un monumento. Io dico che la salvezza di questi posti – dall’abbandono, dalla miseria, dall’oblio – viene da chi rischia, investe, intraprende, costruisce. Così è sempre andato avanti il mondo, con l’iniziativa materiale concreta del fare, non con le belle parole e la tintarella estiva al mare.

Indice