8. Una subalternità arresa alla logica di una economia
assistita
Le regioni del Sud, le loro
popolazioni e famiglie, vivono dei frutti di una economia che è in parte
assistita (leggi e provvedimenti della mano pubblica), in parte sommersa
(lavoro nero, evasioni ed elusioni fiscali), in parte malavitosa (diktat di
forze che vampirizzano risorse ricorrendo a minacce e violenze). E, ovviamente,
di una parte (non marginale, ma sempre più in difficoltà) di
economia onesta, coraggiosa, tendenzialmente competitiva e innovativa.
E’ sull’economia
assistita che è il caso di riflettere. Chi al Sud fa politica di
mestiere ne è pienamente consapevole, lo sperimenta nella
quotidianità. E’ una macchina che comunque produce risultati (non
molti, in parte stenti e vizzi, in partenza guasti). Ad assecondarla, dà
perfino vantaggi, oltreché di integrazione di reddito, anche di consenso
elettorale. Ma se questo è l’impianto tradizionalmente
strutturato, il mulino che in qualche modo macina e dà pane,
perché opporsi e contrastarlo? Da un amministratore, da un politico che
accetta di adattarsi e operare in un contesto socio-economico così
caratterizzato, come ci si può realisticamente aspettare che si batta
per promuovere una concezione, una filosofia e una pratica opposte, di
democrazia partecipata, di trasparenza documentata, di rispetto fermo delle
leggi vigenti, di giudizio politico critico e indipendente? “La legge?
È quella cosa che va applicata rigorosamente nei confronti degli avversari,
benevolmente interpretata se i sottoposti a giudizio sono amici e
alleati”, capita di sentire affermare anche tra i più volonterosi
e moderati dei politici in scena. Figuriamoci gli altri! Io credo che ci si sia
così tanto inoltrati nel sottobosco della manipolazione,
dell’adattamento al ribasso, del compromesso, dell’intruglio della
mezza verità e della mezza menzogna, che le mezze misure –
così come succede nella necessità di adottare terapie
d’urto con i tossicodipendenti – debbano essere bandite. Se qui
c’è ancora speranza di salvezza, essa poggia nel ripristino di un
rispetto pieno delle leggi, nella ricerca risoluta della trasparenza massima,
in una comunicazione esauriente e tempestiva dei dati e della informazioni di
cui si è in possesso. Le furbizie, le trovate, i trucchi, i compromessi,
per quanto ingegnosi, aggiungono soltanto metastasi a necrosi. Da una
situazione così inquinata e compromessa si esce solo con pratiche
ispirate al rispetto della verità. Sarebbe perfino da inventare, a sostegno
e soccorso, un santo protettore della trasparente e piena informazione pubblica
in possesso di aura e prestigio di un padre Pio.
Il fatto di avere subito danni per
un terremoto non giustifica il fatto che tutti fruiscano di larghi e generosi
finanziamenti pubblici per sistemare e ricostruire le proprie case –
anche le seconde e le terze, anche quelle che dal terremoto non hanno subito
danno alcuno. Così come non si giustifica che, fallita un’azienda
privata, i dipendenti rimasti a spasso beneficino all’infinito di sussidi
pubblici. E lo stesso principio vale anche quando i sussidi arrivano in
virtù di corsi di formazione cui non si è mai realmente
partecipato, ecc. ecc. Accettare questo tipo di pratiche, che appunto
configurano un sistema definibile come economia assistita, significa piegare
mentalità, coscienza, cultura, a una condizione di dipendenza che nel
tempo, progressivamente e inesorabilmente, sgretolano dignità e
autostima, capacità di assunzione di rischi e autonoma iniziativa. E
quale capacità di riscatto e impegno per la costruzione del proprio
futuro può mettere in campo chi si è adattato a un sistema che
è assistito, protettivo e castrante allo stesso tempo? Quale speranza di
schiena dritta rimane per chi, approdato alla bancarotta per gli sperperi di una
pessima amministrazione – vedi, tanto per non fare nomi, città
come Taranto, o Catania – si vede elargire centinaia di milioni di euro
in generosa e mefitica elemosina?