9. Vecchie case abbandonate e rilancio dell’edilizia

Sono decine e decine disseminate un po’ dovunque, in centro come nelle contrade periferiche. Appaiono come corpi rinsecchiti, la bocca sigillata, gli occhi serrati, i pugni chiusi. Hanno tutte un aspetto tra l’imbronciato e il risentito, sembrano vecchie signore ragnatelose e vizze trasformate in statue di sale dalla collera di un dio. Sembrano corpi mummificati tra corpi vivi, presenze mute che attendono pazienti il giorno della resurrezione.

La principale e più rappresentativa di questa nutrita serie di dimore in abbandono è la struttura a torrione posta a presidiare la piazzetta nel centro del paese di fronte alla chiesa. Ha una silhouette squadrata piuttosto massiccia, e nel suo sigillato silenzio appare altera e orgogliosa. Si direbbe vocata a svolgere nella comunità una funzione importante, la sede di un municipio, la dimora di una famiglia illustre. E invece, malgrado il suo ergersi solenne, è a memoria d’uomo disabitata e vuota. Anche la casa che le sta di fronte, sull’altro lato della strada, da quando è morta a una età bacucca la proprietaria, è sigillata e chiusa. Ma tanto la prima si erge severa e imperiosa, tanto questa è umile e dimessa. Così fisicamente vicine, sembrano richiamare una coppia composta da ancella e padrona, o da una sorella maestosa e imponente e una più sorridente e gentile affetta dal morbo di down.

In angoli diversi e nelle contrade del paese le case abbandonate sono dunque numerose. Le ragioni del loro malinconico orfanato sono a volte conseguenza di storie di emigrazione: i vecchi sono morti, i figli se ne sono andati in Francia o in America Latina, di qualcuno di loro si è persa traccia, a qualcun altro mancano i denari per mettere mano alla ristrutturazione. Non pochi sono i casi di sospensione e paralisi determinata da contrasti tra gli eredi sul come risolvere divisione e destinazione del bene. E a volte conviene più edificare ex novo altrove che rimettere in sesto e far ritornare a vita l’antico.

Ora il governo ha pensato bene di porre un qualche freno al precipitare della crisi economica in atto, varando un disegno di legge finalizzato a liberalizzare e quindi rilanciare ulteriormente le attività del settore edilizio. In particolare, il disegno di legge prevede che per un vecchio stabile il cui proprietario decida di riattare, le sue dimensioni volumetriche possano oltrepassare le precedenti anche del 20%. Provvedimento che in sé ha qualche logica non del tutto peregrina, ma che nei fatti, pur in assenza di una legge autorizzativa, è stato negli anni scorsi ampiamente praticato. Ma oggi, dopo quello che di sconvolgente nei trascorsi decenni è successo in campo edilizio, suona come l’intervenire a rimedio di una colossale sbornia collettiva abbassando drasticamente il prezzo delle bevande alcoliche. Il mercato della droga non tira più? Saggezza vorrebbe che si desse il via a una qualche campagna volta alla moralizzazione, al ripristino del limite e alla disintossicazione. C’è tanto da decongestionare, sanare, riordinare, razionalizzare, ripulire e alleggerire. Meno spianate e sventramenti, meno strutture invasive ed energivore, meno impatto ambientale distruttivo. Maggiore attenzione e cura al territorio – riordino di mare, costa, collina, montagna – come bene pubblico, arredo e decoro per centri storici e contrade periferiche. E invece no: per attenuare gli spasmi della crisi di astinenza, per introdurre un nuovo flusso di artificiosa euforia, una bella distribuzione di droga gratuita a tutti. Tanto è dura la china per risalire dallo strapiombo dell’egoismo irresponsabile, quanto è lunga e faticosa la strada da intraprendere per ripristinare le virtù della sobrietà, dell’equità, della temperanza, del rispetto della natura e dell’ambiente come patrimonio intergenerazionale indivisibile.

Ecco forse spiegato l’aspetto di broncio offeso di certe vecchie case disabitate e chiuse, di quello in particolare della casa della piazzetta centrale davanti alla chiesa. Esso incarna bene il rimprovero di un vecchio saggio in presenza dell’andazzo privatistico bulimico che da qualche decennio, in fatto di edificazione, ha sostituito l’antica logica di rispetto e temperata saggezza.

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