11. Indicatemi un uomo giusto e la città sarà salvata

E qui è il caso di compiere un movimento a lato o, temporalmente, all’indietro.

Per l’intera sua vita professionale attiva, dagli inizi e per buona parte della prima metà del Novecento, Francesco Raeli è stato maestro nella scuola elementare di Acquafredda, una delle frazioni comunali di cui si compone Maratea e che si incontra per prima provenendo da Sapri. In una comunità di poche centinaia di persone, la figura del maestro elementare è tra le pochissime di spiccato rilievo sociale, le altre essendo normalmente quelle del prete, del farmacista e del medico. Grazie a Francesco Raeli sono state molte le generazioni di quella comunità ad avere imparato a leggere e a scrivere, accedendo così alla possibilità di ragionare, intendere, riflettere. Francesco Raeli non era soltanto un buon maestro, era anche un uomo onesto e buono, un cultore della risorgimentale storia patria, nemico dell’oscurantismo dispotico, repubblicano alla Mazzini e socialista alla Carducci. Insomma, nello svolgimento di un lavoro così importante e necessario, viene proprio da dire: l’uomo giusto al posto giusto. Francesco Raeli sentiva inoltre forte l’esigenza di non limitarsi a predicare bene in astratto, ma, quando lo riteneva necessario, a manifestare le sue idee su fatti di rilevanza sociale e a prendere pubblica posizione. Così, a conoscenza dei fatti del 1848 che sfociarono nella cattura e, nottetempo, nel tradimento e uccisione allo Scalillo sopra Acquafredda del patriota risorgimentale Costabile Carducci da parte di un gruppo di armati provenienti da Sapri e al servizio del prete borbonico Vincenzo Peluso, promosse una iniziativa in ricordo del patriota trucidato, proponendo che fosse affissa all’esterno della chiesa parrocchiale una lapide con una scritta commemorativa da lui stesso composta. Era il 1901, alla sua proposta si opposero alcuni personaggi influenti della comunità, che tanto brigarono e fecero da far intervenire la Curia vescovile che negò l’autorizzazione. E, sempre in reazione alle sue iniziative e al modello culturale e pedagogico che Francesco Raeli incarnava (massimo rispetto per il bambino, dedizione assoluta alla sua crescita intellettuale, morale e culturale), lo stesso gruppo di persone, che invece incarnava l’eterna anima nera presente in tutti i luoghi del mondo, tempestò il Provveditorato agli Studi dell’epoca con esposti e lamentele su presunte inefficienze e inadeguatezze del maestro, che comportarono ripetute ispezioni. Al sedicesimo esposto, incuriosito e preoccupato lo stesso Provveditore decise di intervenire con una visita alla scuola, alla fine della quale diede un solenne e pubblico giudizio di alto elogio e conferma piena dell’operato del maestro.

Da allora gli esposti cessarono. Ma a far apporre la targa con la scritta in ricordo di Costabile Carducci, a Raeli riuscì soltanto vent’anni dopo il primo tentativo, e cioè nel 1921. Ci fu allora una manifestazione che si svolse dentro Villa Nitti, in presenza dello stesso statista lucano che ascoltò interessato e commosso il ricordo tracciato da Francesco Raeli in onore della figura del patriota, felicitandosi alla fine con lui. Qualche anno dopo, ad avvenuta conquista del potere da parte del Fascismo, costretto Nitti all’esilio a Parigi, l’indomito maestro di Acquafredda riuscì ad organizzare l’ennesima manifestazione in onore del martire risorgimentale, approfittando anche del fatto che il fascismo accettava volentieri di celebrare qualsiasi figura eroica, anche libertaria e risorgimentale, si prestasse ad esaltare la retorica dei valori della storia patria. E così, come per Pisacane a Sapri, cui il fascismo ha eretto una statua in piazza con una dedica di annessione demagogica, anche per Costabile Carducci il podestà di Maratea dell’epoca, Antonio Limongi, pronunciò nell’occasione un discorso di strumentale esaltazione.

Questo è stato, in poche parole, il profilo umano e la tempra civica di quel maestro di Acquafredda in tempi bui e difficili, alle prese con avversari tenacemente ostili. Francesco Raeli appare personificazione coraggiosa e per alcuni aspetti eroica della figura dell’uomo giusto di una comunità. Oggi, in una situazione storica così lontana, ma nella sostanza, nel clima e nei costumi non così diversa, è possibile individuare nella comunità marateota qualcuno, uomo o donna, di cui si possa dire: ecco il giusto, la persona la cui presenza, il cui esempio, impediscono al cuore di chiudersi alla speranza del futuro?

Il cippo eretto ad Acquafredda per onorare Costabile Carducci è stato una notte divelto a badilate da qualche giovinotto locale di scarso equilibrio. Da allora sono passati alcuni anni, il cippo rimane lì, sconciato e privo di soccorso. Un po’ come se l’eroe fosse stato ammazzato una seconda volta. Osservando dall’alto il mare che bagna la zona detta il Porticello, tra la ferrovia e gli alberghi, poco al largo si scorge la presenza pulsante di una polla d’acqua dolce che zampilla perenne. E’ proprio in quel tratto di costa che Costabile Carducci, costretto dal mare agitato, disgraziatamente approdò. Ed è lì che il prete borbonico lo fece prigioniero e poi, nottetempo, precipitare dai suoi bravi giù dalla roccia dello Scalillo. E fu il prete don Daniele Faraco a raccoglierne il cadavere e offrirgli pietosa sepoltura in una cripta all’interno della chiesa.

Io guardo oggi la limpida polla affiorare piena di energia, e mi dico che non c’è poi così bisogno di riparare quel cippo. L’omaggio a Costabile Carducci è già naturalmente espresso lì, quella è la sua dolce e immortale anima liquida.

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