14. Il mare come amoroso dialogo, la pesca come devastante
saccheggio?
L’immagine e
l’esperienza della pesca che io concepisco è quella che conosco grazie
a qualcuno dei miei amici in meditazione solitaria su uno scoglio, la lunga e
flessuosa canna (cordone ombelicale? prolungamento fallico?) fornita di filo,
amo ed esca, a scandagliare le profondità alla ricerca di un pesce che
il mare ancora dona a conferma della sua fecondità. O di altri che
escono la notte con barca e lampara, sotto il manto immenso del cielo stellato
e inebriati del profumo pungente di un mare semiaddormentato, per immergervi
pertica e amo a caccia di totani intontiti dalla luce. O di altri ancora,
intellettuali pensosi e oramai piuttosto avanti con gli anni, che raggiungono
con la barca il largo della secca, e lì stazionano per ore in solitudine
a riflettere e meditare, a riconciliarsi con la vita e lenire le ferite con il
balsamo guizzante e argentato di qualche pesce che finalmente ha abboccato.
Secondo quanto denunciato e
abbondantemente documentato nella puntata di Report di domenica 16 novembre 2008, dedicata alla situazione
odierna della pesca, nel Mediterraneo essa viene massicciamente effettuata con
le reti a strascico a maglia larga lunghe fino a
A servire come fondale marino ideale
per la riproduzione ittica sono le praterie di posidonia, perché
svolgono la funzione di una barriera corallina che dà ossigeno e crea le
condizioni di habitat ottimali. Ma questo è a conoscenza anche dei
pescatori di frodo che, nottetempo, entrano nelle acque di aree marine
protette, come succede in quelle dell’Isola d’Elba, dove pescano
con reti a strascico appesantite da catene devastando così la posidonia.
Il solo rimedio efficace, sperimentato da alcuni pescatori ambientalisti
riuniti in cooperativa e operanti lungo le coste dell’Argentario,
è quello di collocare poco lontano dalla riva, e a delimitazione delle
suddette benefiche praterie, una serie di dissuasori in cemento provvisti di
puntuti rampini adatti a tenere lontani i pescherecci predoni.
L’ultima spiaggia della pesca
senza limiti e senza regole oggi imperversante, che ha adottato il motto:
pescare quel che c’è, finché c’è, è
quella che viene praticata dai pescherecci d’altura che partono
dall’Italia, dalla Spagna e dall’Inghilterra per stazionare lungo
le coste del Senegal e della Guinea Bissau. Con sistemi di pesca
sofisticatissimi, essi mettono in atto una sorta di predonaggio dei fondali,
devastati come dopo il passaggio di un gigantesco aspirapolvere. La
pescosità di quei mari è oggi a forte rischio, mentre le
popolazioni locali impoveriscono ulteriormente e patiscono.
Viene da concludere: Aree Marine
Protette? Ma qui è l’intero pianeta che va posto sotto tutela!
Proteggere parti, pezzi e pezzettini certo è meglio di niente, ma forse,
a questo punto della notte, serve soltanto a salvarci la coscienza.
P.S. Mentre altrove, in contesti
territoriali non dissimili, si sono istituite Aree Marine Protette, organizzati
diving center per amanti delle
immersioni subacquee, parchi giochi marini – o si cerca di introdurre le
energie alternative con l’eolico, o di risparmiare nell’impianto di
illuminazione pubblica con le lampade a Led -, a Maratea cosa si è riusciti
qualche anno fa a inventare? Un enorme gabbio semisommerso in bella mostra al
largo di Marina di Maratea per allevarvi i pesci. Ma non è quello sito
di interesse comunitario con le praterie di posidonia da preservare? E non
è all’incirca, fatte le debite preferenze a favore di chi ognuno
preferisce, come profanare la maestà di Piazza San Pietro in Roma
allestendo in un suo lato un enorme, profittevole, puzzolentissimo pollaio?
Oggi per fortuna l’insolente pescificio è stato abbandonato, la
gabbia è stata sganciata dalle sue catene e fatta affondare. Qualche
sub, a distanza di tempo, è andato a controllarne le conseguenze.
Durante la sua ispezione ha girato anche un video. Si vedono un sacco di pesci,
cozze e perfino ostriche. Il mare è una creatura seria, non serba rancori.
Approfitta anzi dei frutti dell’insipienza umana per trasformarli in
rinnovati tesori.