16. Cari amici

che mi sollecitate a contribuire responsabilmente la mia parte per il conseguimento del livello di “compromesso” migliore. Ma proviamo a fare al proposito qualche concreto esempio. Voi dite che l’istituzione dell’Area Marina Protetta può e deve essere intesa come opportunità per avviare un percorso di scoperta e conoscenza del mare da parte degli abitanti del luogo, a cominciare dai giovani e dagli studenti delle scuole di ogni ordine e grado. Tutto in teoria è utile. Ma sicuramente utile non è negare i fatti della storia e prescindere dall’esperienza e dalla memoria. Voi mi dite: pensa a quale meravigliosa occasione per i bambini e i ragazzi che altrimenti, a parte qualche bagno estivo, del mare non saprebbero praticamente nulla! Io, in risposta, vi voglio raccontare, a proposito di bambini ed esperienza del mare, una piccola vicenda di cui sono stato, anni fa a Maratea, felicemente partecipe. A Fiumicello esiste un complesso edilizio articolato in più strutture inserite in un’area tra il centro della frazione e il mare. Ospitava la Colonia estiva, ricca di spazio e verde per i bambini bisognosi di cure elioterapiche istituita in epoca fascista, successivamente ampliata e ristrutturata fino alla ragguardevole dimensione attuale. La Colonia estiva ha funzionato d’inverno come Collegio Scuola per i figli di famiglie lucane economicamente disagiate, e infine adattata durante i mesi estivi a centro vacanze per i bambini dei vari Paesi europei che hanno accolto nel tempo il flusso (equivalente in un secolo più o meno agli attuali settecentomila abitanti della regione) di emigrazione lucana. Lì ho avuto occasione di prestare la mia attività come coordinatore delle attività ludico-didattiche, qualifica un po’ pomposa per dire che, insieme ad altre e altri, organizzavamo il tempo libero dei circa trecento bambini che si alternavano in turni di venti giorni. E quindi, i tornei di calcio nell’ampio campetto interno, le gare ginniche organizzate in forma di mini olimpiade, le passeggiate lungo i sentieri della costa (il parco e la spiaggia del Santavenere erano allora liberamente accessibili), le gite con i pulman a visitare il Cristo e a godere la magnifica vista del Golfo dal Monte San Biagio, la visita a stalattiti e stalagmiti delle grotte in quel di Marina, le incursioni all’interno, a visitare il civilissimo e ristrutturato centro storico di Rivello. Il pomeriggio organizzavamo anche un’ora di esercizio linguistico e qualche conversazione a carattere storico-geografico per far riprendere contatto e migliorare la conoscenza della terra di origine a bambine e bambini dai 6 ai 12 anni nati nelle periferie di Bruxelles, Ginevra, Berna, Parigi e Londra. La sera, appagati per la bella giornata fatta la mattina di nuoto al mare, i giochi e il calcio del pomeriggio, si proiettava un film all’aperto sul telone tirato tra i pini, o si invitava qualche gruppo teatrale specializzato nelle recite con i burattini, o si improvvisavano tarantelle e danze che riscuotevano successo tra i più grandicelli.

Eravamo immersi in un magma non arginabile di abbronzata e plurilingue infanzia lucano-europea, che si è riproposta per tre estati e di cui conservo ancora immagini e vibrazioni intense. Il luogo, gli spazi e gli edifici si prestavano benissimo, i bambini, beati loro, erano di una vitalità splendida: i belgi e gli svizzeri un po’ più inquadrati e rigidi, i francesi indomiti e di una creatività perfino un po’ inquietante e sovversiva. I lucani-lucani, un po’ schivi e sospettosi, rispondevano come piccoli soldati solo se chiamati per cognome. Una sera, alla fine di un mini torneo di calcio tra lucani di nazionalità europea diversa, ricordo di essere stato di urgenza richiamato in servizio per sedare una insurrezione del gruppo francese che, ritenendosi defraudato della vittoria finale, si era barricato dentro la sua camerata cominciando a lanciare i materassi dalla finestra. Una specie di presa della Bastiglia all’incontrario. Un’altra notte ancora era scoppiato un incendio sul monte che sovrasta gli edifici della Colonia, il vento spirava verso il mare, si temeva che le fiamme presto sarebbero arrivate a lambire gli edifici. Quindi, via in colonna con uno sciame attonito di bambini e bambine in pigiama e i più piccoli in braccio verso un riparo più sicuro vicino al mare. Confesso di non avere trascorso molti altri periodi della mia vita così intensi. Dato non trascurabile, quell’attività, tra Collegio e Colonia estiva, dava lavoro – tra assistenti, animatori e addetti - a decine di persone. Poi tutto si è interrotto e spento. Mancanza di fondi? Mancanza di ospiti bambini? Insensibilità e indifferenza della nuova dirigenza politica? Chissà. Oggi, un complesso che ha ospitato per anni centinaia e centinaia di adulti e bambini in risposta a bisogni urgenti e veri, è nel suo insieme abbandonato: salvo la palazzina, allora adibita a Direzione, che oggi ospita la locale stazione dei Carabinieri.

Ricapitoliamo. Villa Nitti vuota e inutilizzata. I due ex stabilimenti industriali – Intesa e quello alla Colla – in rovina. E, infine, lo stato di semiabbandono per mancato utilizzo del vecchio Collegio e della Colonia estiva. Di fronte alla desolazione e allo spreco di quei buchi neri, di spazi e strutture e ville abbandonate, di questa pletora di seconde case vuote e semi utilizzate, cosa si deve intendere quando mi sollecitate a ricercare e praticare “il miglior livello di compromesso possibile”? Se fatti e risultati evidenti mostrano che si è deciso di fare dei 30 km di costa e delle frazioni di Maratea territorio e teatro di ville per gli ozi estivi della borghesia danarosa potentina e napoletana, e che tutto quello che tale fondamentale scopo può disturbare (arte e pensiero, scienza e cultura, ospitalità per bambini e giovani e anziani, sviluppo turistico di qualità, mirato, in sintonia con l’evoluzione delle migliori tendenze), è poco gradito o addirittura patito come fumo negli occhi, quale è lo spazio reale per la ricerca di un nobile compromesso? Non viene anche a voi il dubbio che chi muove le leve (l’eterna e allegra combriccola che comprende l’architetto faccendiere, lo spregiudicato ingegnere, il politico mediatore, il banchiere sagace, l’abile notaio, l’albergatore ambizioso, il commercialista astuto), concepisca anche l’Area Marina Protetta come mera occasione di spesa per una struttura permanente che attiva un paio di appetibili ruoli (il direttore, il segretario/amministratore, il tecnico consulente) con un qualche attraente e aggiuntivo flusso di finanziamento e spesa? O pensate seriamente che sia possibile utilizzare l’Area come leva in qualche modo capace di rovesciare il corso delle cose, i fenomeni e i processi speculativo/involutivi che ho cercato in queste pagine di rappresentare?

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