21. Senza santi non si va in paradiso
Questa non è sentenza che proviene dalla bocca di priore
conventuale o di eminenza episcopale. Non è prece di beghina di
sacrestia o bestemmia di ubriaco di osteria. Non è formula di adesione
alla ndrangheta, alla mafia, alla camorra o alla santa corona unita. Questa
purtroppo si propone come quintessenza di saggezza filosofica, distillato di
esibita esperienza vissuta, e intende dire: senza qualcuno più forte di
te, che ti fa da tramite e da garante, senza un potente al quale votarti e ai
piedi del quale genufletterti, mai potrai aspirare ad elevarti.
C’è dentro l’esperienza rassegnata di una cronica
inadeguatezza, la necessità di una gerarchia, di una delegante
obbedienza. C’è il messaggio perentorio che senza qualcuno che ti
protegge dall’alto non sei nessuno. Qui dentro, la mite e fraterna
palingenesi spirituale cristiana, la cruenta rivolta di Spartaco, la travolgente
rivoluzione francese, l’illuminismo e la democrazia borghese, Marx e il
movimento operaio, la lotta di classe, il socialismo e il comunismo, le leghe
bracciantili e le cooperative, la mutualità e la democrazia partecipata,
proprio non ci sono, non esistono, non hanno diritto di storia e di
cittadinanza. Qui c’è l’ordine del patriarcato cavernicolo,
la plebe e il cardinale Ruffo, le chiese, gli altari, i troni e le dominazioni,
i vassalli, i valvassini e i valvassori. Qui la modernità laica,
l’afflato egualitario e la condivisione responsabile non sono