24. La politica oggi

è purtroppo rappresentabile come una figura prigioniera all’interno di un quadrilatero i cui bastioni sono: 1. La prevalenza di una mentalità e di una sub cultura centrata sul primato del “familismo amorale”. Base e presupposto della conquista di una carica pubblica, di un ruolo politico-amministrativo di qualche potere, è un consenso elettorale che ha il suo perno in una alleanza tra famiglie finalizzata al controllo e acquisizione di beni e risorse 2. Una segreteria di partito come sede di trattativa e di mediazione decisionale 3. Una logica di spartizione delle risorse tra associazioni d’impresa, corporazioni professionali, poteri politico-massonici più o meno occulti, tutti robustamente famelici. 4. Una politica assistenzial/clientelare come lubrificante necessario a orientare/controllare il consenso. Le oligarchie al potere – pardon, i gruppi politici dominanti - si avvalgono della distribuzione oculata delle risorse non in ottemperanza a un criterio di equità e diritto, ma perché questo garantisce una copertura “democratica”, e nella misura in cui serve per ottenere voti, quindi legittimazione di ruolo istituzionale, quindi consenso necessario al mantenimento e all’accrescimento del potere.

Un progetto organico di sviluppo armonico di un’area, un territorio, un comunità; un progetto che rispetti l’identità del luogo, la sua vocazione naturale, le sue potenzialità, la sua storia, i bisogni e le esigenze di chi vi opera e risiede; un progetto che abbia ben presente e sappia interagire con il contesto generale, nazionale e sovranazionale, con le dinamiche, le opportunità, i processi che lo investono; un percorso che sia frutto del coinvolgimento, della partecipazione attiva, del contributo di tutti e della possibilità di controllo di ciascuno: un processo siffatto, rispetto al modello di politica oggi pressoché dominante, rischia di essere un corpo estraneo ed alieno.

Il modello e la pratica di politica oggi imperversanti sono, tra l’altro, se ne abbia consapevolezza o meno, funzionali alla natura, alla logica, ai fini di penetrazione, espansione e comando delle organizzazioni criminali che infatti infestano le Regioni del Sud e oramai il Paese intero in modo virulento. Il sistema di potere che ne scaturisce ha la forma di una costellazione, di un arcipelago legato da un accordo a volte competitivo e conflittuale, mai definitivamente stabile eppure saldissimo, tra cordate politiche e affaristiche, cosche e bande, corporazioni, logge massoniche e gruppi di potere in lotta per l’appropriazione delle risorse disponibili: siano esse il tratto di strada o autostrada da costruire, il petrolio da estrarre, raffinare e commercializzare, l’acqua da raccogliere in invasi, canalizzare e vendere, i rifiuti da raccogliere e distruggere, il ponte sullo stretto da costruire, il tratto ferroviario da rinnovare e potenziare, il suolo e le costruzioni sui quali realizzare il massimo di guadagni e profitti, i grandi alberghi, gli aeroporti, i centri commerciali e i villaggi turistici, i cospicui fondi messi a disposizione dall’Unione europea – e il traffico di droga, il pizzo e le estorsioni, lo sfruttamento della prostituzione, la tratta dei clandestini e lo sfruttamento del lavoro nero, ecc. ecc.

La politica, dentro questo scenario di assalto predatorio, di conquista e spartizione sistematica, è diventata in larga misura parte organica, funzionale, spesso del tutto subalterna (vedi il caso esemplare dell’imprenditore affarista Romeo, o dei vari Angeletti, Angelini e Angelucci in ambito sanitario, o del proliferare di discariche e traffici illegali per l’eliminazione di rifiuti). I risultati sono sotto gli occhi di tutti: un territorio ridotto a gruviera e poltiglia che alle prime piogge frana perché devastato, o brucia d’estate perché oggetto di appetiti insaziabili e di altre follie criminali, o crolla per delle scosse di terremoto che altrove, vedi Giappone, non produrrebbero danni significativi; una malavita organizzata che si espande e imperversa; una popolazione muta, depressa, avvilita, in fuga dalla politica, quindi estranea ed estromessa dalla vita pubblica, ma, come risultato finale, anche da se stessa.

Come se ne esce? Opponendo resistenza – all’inizio, se necessario, anche in modo individuale e solitario. E’ perché i singoli non fanno o non hanno fatto responsabilmente la loro parte che a un certo punto a pagarne le conseguenze è l’intera collettività. Aggregando le voci di dissenso critico, promuovendole e rafforzandole: il contrasto all’arroganza e alla prepotenza si può fare anche con un blog su internet, un giornalino, un manifesto, un volantino, un cellulare che fa foto significative e le fa circolare. Obama, quarantenne nero di origini razziali miste, ha inaspettatamente vinto le elezioni nel più potente Paese del mondo attingendo alle sue doti intellettuali e morali, usando intelligentemente i linguaggi e le opportunità dell’informazione e della comunicazione, conquistando prima il Partito Democratico, poi l’intero Paese. Bisogna promuovere, incoraggiare, alimentare la produzione e la circolazione pubblica di anticorpi: dati, informazioni, conoscenza, consapevolezza. Non attraverso le lettere anonime, ma come a Maratea ha sempre fatto Sergio De Nicola: esprimendo il proprio punto di vista per iscritto, denunciando apertamente, e coraggiosamente mettendoci la faccia.

Occorre stare in guardia e diffidare dalle dosi abbondanti e gratuite di buon senso fatalistico e rassegnato, di cinismo opportunistico, del “lascia perdere, chi te lo fa fare”, del “pensa ai tuoi figli, alla tua famiglia”, del “vivi e lascia vivere”, che sono mentalità e linguaggio funzionali al mantenimento e rafforzamento del sistema politico/malavitoso dominante. Occorre introdurre granelli di denuncia e opposizione critica che possono rallentare, inceppare il meccanismo. E’ necessario dare testimonianza – ai giovani innanzitutto – del fatto che un altro mondo non è solo necessario, ma anche possibile: un altro modo di vivere insieme più giusto perché libero, solidale, condiviso.

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