28. In buona sintesi, quanto contenuto in queste note può essere così formulato

Non si può proseguire oltre, c’è bisogno di un forte cambiamento. Continuando ad agire e operare così come si sta facendo, rischiamo di lasciare in eredità ai nostri figli, e ai figli dei nostri figli, più ostacoli, difficoltà e problemi che ricchezza e benefici. Così come le automobili nelle città da soluzione geniale per velocizzare gli spostamenti si sono trasformate in causa di inquinamento e paralisi, la proliferazione sregolata di case e la cementificazione incontrollata dei suoli si stanno trasformando da ornamento estetico e cornucopia residenzial-abitativa in spreco speculativo e bruttura. E quel che è peggio, noi camminiamo su questa strada come se essa fosse l’unica possibile, senza renderci conto della direzione sbagliata su cui porta. Una comunità che decide di non darsi regole vincolanti perché preferisce dare libero sfogo ai suoi appetiti, senza preoccuparsi dei loro effetti e delle conseguenze negative sul territorio e sull’ambiente, rischia di sperperare irrimediabilmente le sue risorse, rischia di ammalarsi seriamente e perire. Molte altre realtà, molti altri luoghi e città, nel percorrere questa strada hanno già superato il punto di non ritorno, sono alla bancarotta e al collasso. Maratea è ancora in grado di riflettere, rimediare, rinsavire. Purché lo voglia e decida, purché coerentemente si dia da fare e agisca.

Il mio lavoro può anche chiudersi qui con un (provvisorio) commiato. A me è venuto perfino da pensare – o l’avrò sognato? – che Maratea si vada trasformando in una platea di case vuote disposte a ranghi serrati, una accanto all’altra, faccia al mare come tante lucertole infreddolite. Rivolte al sole in contemplazione della sottostante liquida immensità enigmatica, evocano l’atmosfera onirica e misteriosa del Solaris di Tarkovskij. E non demordono, non rinunciano, anzi aumentano e infittiscono.

Anche il cimitero, che tiene dentro sepolti i miei amici Sergio, Filippo, Aldo e Antonio, sta da sempre nella stessa postura, immoto e silenzioso come grido tanto lancinante e forte da non poter essere udito. Ma tutti noi, vivi e defunti, non siamo nell’intimo in spasmodica attesa di un lieto fine, di un finale e definitivo annuncio di salvezza?

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