29. Lettera a un amico amministratore di un comune del Sud

sulla ricerca del giusto metodo per governare luoghi di una bellezza eccelsa

Carissimo, secondo l’ottantenne sociologo polacco Zygmunt Bauman (Vita liquida, Laterza 2006), se in passato nell’uomo prevaleva la figura del guardiacaccia, attento a difendere l’ambiente e preservarne l’equilibrio naturale - e successivamente quella del giardiniere, che interviene a studiare la sistemazione del suo giardino, trasformandolo in corrispondenza alle sue immagini mentali - oggi, era della “modernità liquida”, nell’agire umano domina la figura del cacciatore: cioè di “colui che non ha alcuna preoccupazione dell’equilibrio generale delle cose, il suo unico fine essendo quello di riempire il più possibile il suo carniere e avendo come unico referente la selvaggina e non il suo habitat”.

A precisare meglio quanto Bauman sostiene nel suo libro, vale la pena riportare una seconda citazione: “Nell’odierna società dei consumi, radicata nella parte opulenta del pianeta, non c’è più spazio per martiri ed eroi. In primo luogo tale società si rifiuta di sacrificare le soddisfazioni di oggi in vista di finalità remote. In secondo luogo, pone in discussione il valore del sacrificio delle gratificazioni individuali in nome del benessere di un gruppo. In sintesi, la società dei consumi svilisce gli ideali del lungo periodo e della totalità. Al posto di quelli subentrano i “valori”della gratificazione istantanea e della felicità individuale”.

Oggi - sempre secondo Bauman - l’uomo è caratterizzato dall’essere senza legami: “a differenza di quanto avveniva in passato, l’uomo di oggi non è alla ricerca di un partner, preferendo piuttosto inserirsi nel web”.

Ora, a parte che una volta forse si eccedeva nel crocifiggere il presente con i chiodi del passato, e nel condizionarlo con le promesse di un radioso futuro, quanto denunciato da Bauman non è attribuibile a un improvviso raptus di cattiveria dell’essere umano. Dipende dal fatto che la modernità è passata da una fase “solida” a una “liquida”, quella in cui “tutte le forme sociali si fondono prima ancora che le nuove si siano costituite. Le nuove forme sociali non hanno abbastanza tempo per solidificare e, a causa delle loro aspettative di vita presumibilmente brevi, non possono fungere da cornice per le azioni umane e per le strategie di vita a lungo termine: infatti, la loro vita è più breve del tempo necessario per sviluppare una strategia, e più breve anche del tempo necessario per la realizzazione coerente di un progetto di vita.”

Scomodato Bauman, vale la pena – dopo gli incontri e gli scambi di quest’estate in quel di Maratea - interrogarci sul cosa fare, e come, per opporsi e contrastare questa crescente volatilità transeunte delle forme sociali. Intanto vi è da dire che durata, persistenza, legame con abitudini e consuetudini generate da cicli e ritmi naturali, a Maratea, nei territori e nelle comunità del Cilento/ Pollino/Sirino ancora ve n’è in abbondanza. Qualcuno potrebbe comprensibilmente sbottare: fin troppa! Ma saper connettere e far proficuamente interagire la presenza forte di un ambiente e di una natura ancora vivi, con l’ospitalità declinata secondo schemi in cui insieme alla cortesia vi siano competenza professionale - arricchita magari della conoscenza di una seconda e terza lingua! -, non dovrebbe risultare impresa impossibile. E un valore sicuramente aggiunto può venire, per le vacanze di un numero crescente di persone, proprio da chi si segnala per la capacità di saper combinare in buon equilibrio i vari tipi di modernità – solida, meno solida, volatile e liquida – e di saper ospitare al proprio interno le figure vigili e operose del guardiacaccia e del giardiniere, capaci di tenere a bada gli eccessi rapaci e distruttivi del cacciatore.

Il problema nasce quando si tenti di veicolare il tutto sui binari di un progetto organico che veda, nella comunità, l’adesione convinta delle categorie professionali interessate, uniti e coerenti i gruppi politico-amministrativi ai vari livelli. Con al loro interno alcuni capaci di far da referente credibile, detonatore e pungolo.

Maratea – ma se è per questo l’intera area che dal Cilento include la Costa del Golfo di Policastro, il Sirino e il Pollino, così come molte aree e zone del Sud - ha evidente una vocazione ambientale di grande rilievo paesaggistico/naturalistico. Il progetto, quindi, non può che essere quello di portare tali risorse alla loro migliore espressione. E tutte le regole e le decisioni mirate a rafforzare la tutela di una tale vocazione sono semplicemente necessarie.

Chi si avvicina a Maratea deve sapere, e se non sa è necessario capisca quanto prima, che questi sono luoghi preziosi quanto vulnerabili, che richiedono quindi forme di attenzione e rispetto particolari. Soltanto a queste condizioni essi potranno continuare a concedere nel tempo i loro tesori. Ogni forma di ignoranza, disattenzione, superficialità, maleducazione, prepotenza nell’appropriazione e privatizzazione, infligge ai luoghi sofferenza e ferite, sporca e deturpa, impoverisce e inaridisce. Nel tempo, tutto questo inesorabilmente si paga.

Confesso che a smuovere in me la voglia di scrivere questa lettera – oltre alle tante cose stimolanti ascoltate nei diversi incontri avvenuti nel corso dell’estate - è stata la notizia dei centomila che anche quest’anno si sono dati appuntamento per festeggiare insieme, a Melpignano, la “Notte della taranta”. L’ennesimo straordinario successo dell’iniziativa, famosa oramai a livello mondiale, conferma la capacità di quel Comune di fare intelligentemente leva sulla principale risorsa del suo territorio: la tradizione musicale sotto forma coinvolgente di pizzica e taranta, aspetto ancora vitale di una cultura antica che riesce a ottenere interesse e apprezzamento universali.

Melpignano (2.500 abitanti, sindaco del Partito Democratico, poco più che quarantenne e cieco) insegna che per rilanciare con successo e valorizzare il territorio di un Comune e di una intera area del Sud non serve assecondare interessi particolari o perseguire alla rinfusa affari leciti e meno leciti, serve individuare quale sia la vocazione genuina, quale la risorsa autentica, la peculiarità di un luogo e di un territorio. E, una volta individuata, su quella applicarsi e concentrare risorse e impegno per portarla alla giusta valorizzazione. Con passione e tenacia. Costruendo partecipazione e consenso. E’ così che si diventa glocal: radicati cioè nel proprio territorio e proprio per questo fiduciosamente aperti alle novità del mondo, vivi e attivi nella migliore forma della propria identità, capaci per questo di non svendersi o snaturarsi, ma di affermarsi positivamente sulla ribalta del mondo.

Maratea non è e non vuole essere un museo, una bella addormentata nel bosco rinserrata in una teca di cristallo. Vuole anzi essere un corpo vivo e sano, proporzionato e armonioso, attivo e dinamico, disponibile per chi sa apprezzare - se ne è all’altezza, se lo merita. Ma una proliferazione indiscriminata di porti e porticcioli lungo le coste di Maratea (e del Golfo di Policastro), giova, o rischia invece di complicare e guastare? E l’avvio di grandi opere di sopra o sottopasso con sventramento scriteriato di boschi e territorio? E l’eterno protrarsi dello scandalo di una preziosa struttura come Villa Nitti, malinconicamente vuota? E via, purtroppo, elencando.

Una iniziativa forte per creare un consenso maggioritario (a Maratea, ma non solo) a favore dell’istituzione di un’area marina protetta – proteggere per valorizzare, caratterizzarsi come luogo di rispetto ambientale apprezzato dai flussi di un turismo colto, responsabile, di qualità – è, a questo punto, semplicemente doverosa e non più rinviabile. Così come una Scuola di Alta Formazione per la tutela e la valorizzazione dell’Identità e del Paesaggio.

Sperando di averti suggerito qualche utile spunto, un abbraccio.

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