Ai cittadini di Maratea
Voi non sapete il privilegio che avete!
Noi metropolitani supponenti
perché abbiamo espugnato Porta Pia e
siamo oggi degradati a marmaglia urbana
assediati da fetore e poltiglia.
Voi avete ancora la versione autentica
dei suoni e degli odori,
l’emozione dei colori,
il richiamo degli animali
nell’ovile,
il profumo dei peschi in aprile,
l’equilibrio e l’armonia,
lo stupore e l’allegria.
Noi ci appestiamo per ore nel traffico,
voi passate da un salmastro refolo marino
a uno stormire di fronde serafico.
Voi vivete in luoghi dai nomi rapsodici:
Acquafredda, Cersuta,
Filocaio, Ogliastro;
noi crepiamo di veleni catodici
tra monumenti di marmo e alabastro.
Ma a che servono i linguaggi artistici
se la vostra natura è un
capolavoro,
a che serve l’artefatto e
l’ornamento d’oro
se qui già tutto è
magnificamente servito,
l’armonia del canto, la trama e
l’ordito?
Vi prego,
partecipate il vostro godimento,
ospitate generosi chi sa apprezzare
la bellezza della montagna e del mare.
Fatelo come regalo in sovrana larghezza!
Voi non sapete da che moltitudine
vi sarà restituita la gratitudine.
Osate, coraggio!
Lasciate ai tristi topi saputi
l’arte di rosicchiare
la crosta del formaggio.
Proteggete la fragilità propria di ogni
vera bellezza,
fate che essa sia perenne!
Con i miei più affettuosi saluti
di innamorato ultrasessantenne.