Io, a proposito delle elezioni per il rinnovo del Consiglio
comunale di Maratea, non solo mi confermo nelle cose che ho scritto, pubblicate
nel sito di Biagio Calderano, ma mi sento confortato anche da quelle che leggo
scritte da Emanuele Labanchi. So che ora proferirò quella che anche qualcuno
dei miei vecchi amici di quel magnifico luogo giudicherà una enormità. Ma io
penso che la politica sia innanzitutto impegno di vivere, di pensare e di dire
ciò che si è con la massima libertà. Altrimenti è guerricciola per la conquista
di qualche briciola. Ecco allora la mia enormità. In assenza dei presupposti
minimi perché si possa parlare di democrazia di sostanza, e cioè di una
dialettica politica anche forte e conflittuale tra proposte di programma, senza
la quale non vi è vera scelta, io inviterei la cittadinanza, semplicemente per
una questione di dignità, a non accettare, a non aderire, a sottrarsi e
disertare. In assenza di una possibilità di scelta reale, lascerei libero il
campo a una contesa tra candidati e liste assimilabili a teatrino e finzione,
se non a parola vana che ha attraversato trasformisticamente ogni stagione.
Lasciamo una volta tanto che il re sia nudo, e che sia il governatore della
Regione a nominare un suo reggente. Non sarebbe poi così diverso da ciò che è
già, o rischia di essere. Ma almeno colui se ne assuma esplicitamente l’onere e
la responsabilità. Meglio togliere la maschera alla nascosta sudditanza, che
essere costretti alla finzione allegra di una insussistente democrazia. Troppo
radicale ed estremista? Ma se non ora, quando: quando avremo perso anche il
lume della vista?
Gian Carlo Marchesini