Vacanze al Sud. O i critici furiosi della Mala
Unità.
A proposito di idee che circolano sul Risorgimento e
l’Unità d’Italia, definita senza mezzi termini Mala
Unità, ovvero forma di un
dominio perseguito e perpetrato dal capitalismo espropriatore
di un Nord colonialista ai danni di un Sud sfruttato come mano d’opera a
basso prezzo e mercato per il consumo.
Garibaldi e Cavour? Agenti dell’imperialismo annessionistico dei piemontesi.
Il brigante Carmine Crocco? Un piccolo Che Guevara della guerra di
guerriglia lucana.
Martiri del Risorgimento come Costabile Carducci e Carlo Pisacane? Utili idioti funzionali al disegno della Mala
Unità.
L’esercito piemontese? Una masnada di
stupratori di donne e sterminatori di un milione di poveri e indifesi contadini
del Sud.
Un milione di meridionali sterminati in dieci anni dalle truppe
sabaude: centomila l’anno, diecimila al mese,
trecento al giorno. Una carneficina che manco in Vietnam e in Iraq. Ma dove
avrà preso questi dati Pino Aprile (Terroni – Piemme editore) ?
Roberto Saviano? Aberrante perché legge il mondo attraverso
il filtro unico ed esclusivo delle imprese di mafia e camorra, mentre esse non sono altro che il braccio armato della borghesia
capitalista. Imprese sane distinte dalle imprese della
camorra? Tutte uguali, tanto sempre imprese capitalistiche sono. (Questa è di Giovanni Pagano, letta su internet nel blog del gruppo politico napoletano Insurgencia)
Quindi: Ambrosoli,
Falcone e Borsellino, e le decine di magistrati, poliziotti e giornalisti morti
ammazzati perché cocciutamente onesti? Idealisti imbecilli che non hanno
capito nulla.
Circolano su libri e blog schemi di
lettura degli italici fatti storici che ripudiano in toto il binomio modernità-arretratezza,
o legalità e illegalità, o faticosa ma necessaria unità e
divisione e separatezza, e propongono invece come
solo pertinente il binomio egemonia-subalternità. La realtà dei
rapporti sociali sarebbe determinata esclusivamente dallo Spirito di Potenza.
C’è chi comanda e chi ubbidisce. Sarebbe quindi efficacemente
operante solo la materialità bruta dei rapporti di forza: tutto il
resto, cascami,
romanticherie, quisquilie. Ma non è esattamente questo lo schema tipico
di mafia, ‘ndrangheta e camorra?
Ah – si vagheggia - come sarebbe stato più
bello e giusto se, esistendo materialmente i presupposti di vantaggio e
forza, il Sud avesse imposto la
propria egemonia al Nord… Ma
se tutto questo nei fatti non è successo, sarà dipeso da qualche
errore commesso dai briganti nella loro guerra di guerriglia? Aderiremo
all’immagine di un nobile ed economicamente evoluto Regno delle Due Sicilie saccheggiato e
colonizzato dall’ imperialistico duo Lombardia/Piemonte?
E ancora:
la borghesia
napoletana è dimissionaria e traditrice perché non accetta
il dialetto napoletano come autentica e genuina lingua espressiva. Come se per
correre più velocemente bastasse dire i!
E infine: il popolo meridionale è stato ingiustamente e
sprezzantemente definito plebe, quando invece è colmo di qualità
e bontà, virtù
e pregi.
Ma questi teorici e critici della Mala Unità, nella gloriosa
e tragica Napoli del 1799 non sarebbero stati dalla parte
della plebe che tifava per il cardinale Ruffo, e impiccato Eleonora Pimentel
e con lei la parte migliore della nascente rivoluzionaria borghesia napoletana?
E tra Costabile Carducci e Carlo Pisacane,
e i contadini guidati da preti borbonici di Sapri e Sanza che li hanno assaliti e trucidati, avrebbe scelto i
primi o i secondi?
Poi, per
ritagliarsi una identità
più limpidamente sovversiva, i nostri entusiasti neo borboni
non esitano a mandare al diavolo quel poco di buono fatto in questo Paese da
una componente (discretamente) progressista della borghesia (i Fortunato e i Nitti, i Marzotto e i Rossi, i
Matteotti e i Di Vittorio, gli Olivetti e i Mattei, i Ruffolo e i Giolitti, i Moro e i Berlinguer – e, appunto, gli Ambrosoli,
i Falcone e i Borsellino).
Pure il PCI del secolo scorso, con le sue politiche autoritarie e sviluppiste, avrebbe contribuito a disarmare, a rendere
inerme e subalterno il popolo del Sud…
Una speranza di riscatto per il Mezzogiorno? Il
mitico arrivo dal Mediterraneo di milioni di migranti. Come se il Mezzogiorno, svuotati i serbatoi della miseria disperata
cui attingere, avesse esaurito ogni propria autonoma e residua carica di
rivolta. E aspettasse stimoli e nuove idee da
nigeriani ed eritrei, curdi e afgani…
Ora, nessuno è contro le buone idee da qualsiasi parte provengano, ma tocca proprio aspettare l’arrivo dei
Magi Migranti e della Nuova Cometa Rossa per darsi una smossa?
Ma a raccontare il mondo e la storia patria in chiave così
oltranzista, non si rischia di scimmiottare e mutuare soltanto qualche straccio
e brandello della ideologia leghista? Non è infatti Bossi ad essere considerato leader
dell’ultimo partito rimasto di concezione leninista?
E dove porterà tutto questo se non a
un revanscismo uguale e opposto al razzismo nordista?
Insomma, questo mio vuol essere un tentativo, forse un po’ frettoloso
e sbrigativo, di
resoconto delle idee di Giovanni Pagano,
teorico della napoletana Insurgencia. E a quelle di Pino Aprile, autore
dell’interessante e sconcertante Terroni.
Ma veramente il Sud d’Italia è collocabile nella
storia alla pari dell’Africa e dell’America Latina dissanguate da una Europa alle prese con uno sforzo di primaria
accumulazione capitalista? Il
Sud d’Italia è realmente raffigurabile come agnello sgozzato dalle cui
vene aperte il sangue scorre a vantaggio di un Nord vampiro, così come Edoardo
Galeano rappresenta l’America Latina?
E perché,
con tanti primati vantati dai Borboni in campo
economico, culturale e industriale, i gruppi dirigenti meridionali sono stati
scalzati e soppiantati, o si sono arresi a quelli del Nord? Cosa
non ha funzionato, come, dove, chi ha sbagliato? E’ dipeso dalla superiore forza militare piemontese? Il genio militare
di Garibaldi ha surclassato quello di Carmine Crocco?
(Ma Crocco non è
quello che prima ha militato tra i
garibaldini, per poi passare ai borboni, per chiedere
infine asilo al papa in Vaticano?)
O magari era possibile una Unità
più equilibrata, meglio bilanciata, realmente e rispettosamente federativa? Ed è oggi possibile realizzarla ancora?
Qui, nelle invettive e nei ragionamenti di Giovanni Pagano e Pino
Aprile, a
me pare ci sia essenzialmente uno sforzo per dare corpo ad alibi e rivalse, per cercare, a un
troppo di rabbie e frustrazioni, un
riparo di risarcimenti e consolazioni.
Passatemi una scherzosa osservazione finale: Terroni, il libro del pugliese Pino Aprile, è
pubblicato da Piemme, casa editrice di orientamento
cattolico, acquisita nel 2004 dalla Mondadori e con
sede a Casale Monferrato. Se non altro per un pizzico
di coerenza, per uno che spara a zero contro il capitalista Nord vampiro, non
era meglio Laterza o Sellerio
o Rubettino?