La Basilicata e la Cucinotta

La Cucinotta e il marito, regista cinematografico emerito del tutto sconosciuto, sono parte fondante e decisiva, come spiega Roberto Saviano su La Repubblica del 23 giugno, di una associazione a delinquere che fa perno sulla mitica Santanché e base nel peggior mondo malavitoso di Roma. Si tratta di mungere lo Stato, cioè i soldi di tutti, attraverso l’assegnazione pilotata di appalti per l’arricchimento di una delle tante bande di mascalzoni. Sono brutalmente schematico? I ladroni non meritano di meglio, e comunque al suo meglio si è speso l’ottimo Saviano per non lasciare ai ladroni alcuno scampo. A dire il vero, l’altr’anno, mi sono anch’io chiesto come mai alla Cucinotta il Comune di Maratea consentisse di esibirsi durante le locali manifestazioni estive in cambio - per mezz’ora di pettoruto nulla in una serata - di dieci o ventimila euro (mentre a una associazione locale che organizza ogni estate manifestazioni storico culturali importanti venivano riconosciuti, ma ancor oggi non pagati, duemila euro). Così come mi sono chiesto come mai lo scorso inverno in quel di Tursi, in una celebrazione del poeta Albino Pierro, ivi nativo, fosse stata invitata per l’ennesima comparsata sempre la Cucinotta, retribuita per l’occasione con ben settemila euro. La domanda che sia in occasione di Maratea che di Tursi mi è sorta è stata: ma perché a questa pettoruta signora sicula, per nessuna qualità, arte e virtù conosciuta, la Basilicata riconosce una remunerazione per noi cittadini così onerosa? E non mi veniva in mente alcuna spiegazione adeguata. Ci ha pensato Roberto Saviano su La Repubblica a illuminarmi: lo stesso Saviano che io e altri a Maratea/Fiumicello nel 2006 abbiamo accolto e presentato, lui e il suo magnifico Gomorra appena uscito. La Cucinotta, nell’attuale generale sistema di corruzione, è una sorta di famelica madonna pellegrina che gira paese per paese, fiera per fiera, a raccogliere il prezzo del raggiro, dell’estorsione e della rapina. Sindaci, assessori, funzionari, governatori, uomini di cultura, tutti - volenti o nolenti, consapevoli o meno - si sono prestati, sono stati raggirati. E noi tutti insieme a loro. E per ottenere l’elargizione dell’elemosina, e consentire la grande truffa, hanno girato l’occhio, piegato il ginocchio, consentito e taciuto. Sei anni fa, a Maratea, Roberto Saviano, giovane coraggioso, è venuto a presentare il suo esplosivo libro inchiesta accompagnato da un magistrato napoletano onesto e probo. Ora, a rapinare e depredare, come seguito e sviluppo del tutto incongruo, è arrivata la Cucinotta e il suo degno compare marito. Nel frattempo la Giunta regionale lucana si è dimessa travolta da ruberie e truffe. Era una Giunta di centrosinistra, e nessuno se n’è accorto. Poi è arrivata la Cucinotta, cui sono state aperte porte e calate le braghe. Oggi, infine, la documentata indagine di Saviano che, dopo sei anni dalla presentazione del suo Gomorra a Maratea/Fiumicello, ancora insiste nella sua coraggiosa ricerca, e rende giustizia alla giustizia, e ricaccia nel loro truogolo le nefaste Santanché e Cucinotta.

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