Maratea e i suoi “dissuasori (im)mobili”

Qualcuno dice che l’altro giorno su questo giornale sono stato troppo critico nei confronti della condizione in cui versa Maratea. Io trasecolo e sbalordisco. Ma come, da trent’anni frequento Maratea, dopo esserci vissuto i primi cinque, credo di conoscerla sempre meglio e continuo ad amarla. Ma cari i miei detrattori, vogliamo fare onestamente i conti con il principio di realtà e provare ad elencare in sommario bilancio alcuni punti dolenti del tutto fondati e veritieri?

Ho conosciuto Maratea quando ancora c’era la Pamafi con le sue rigogliose culture in serra, e prima ancora lo stabilimento tessile Intesa cui è seguito il calzaturificio alla Colla. E l’ospedale che ancora funzionava, e così pure il collegio scuola d’inverno e la colonia estiva a Fiumicello. E, ancora, i corsi alberghieri al San Diego ad Acquafredda e la scuola elementare attiva, il presidio sanitario e l’ufficio postale. I treni, con Francesco Saverio Nitti prima e Stefano Rivetti dopo, fermavano alle diverse stazioni con frequenza regolare. Tutto questo si traduceva in prodotti, servizi, centinaia di redditi famigliari vivi. Oggi, tutte queste unità produttive sono state chiuse, gli edifici e le strutture che le ospitavano cadenti e abbandonate. La tarantella e la degustazione dei prodotti tipici di Massa vanno ancora bene, ma artisti di fama, rappresentazione di opere teatrali degne di tale nome, premi e convegni e simposi latitano o sono stati di fatto aboliti. Giffoni con il festival del cinema per ragazzi e Melpignano con la notte della taranta sono diventati famosi in tutto il mondo: Maratea sta perdendo a pezzi e parti il poco di nobile e dignitoso che aveva costruito nel tempo. A imperversare quest’estate con incursioni da teatro kamikaze è rimasto Ulderico Pesce, che irrompe all’improvviso con le sue performance improvvisate a scompigliare e mettere in fuga autorità, spettatori e figuranti vari.

Ma vogliamo dedicare, come faccio malinconicamente oramai da anni, un cenno alla eternamente sottosopra Villa Nitti? Ora si sta ricoprendo la sotterranea sala conferenze con uno strato di terra così sottile che non si capisce come possano attecchire fiori e piante. Ma è proprio su quel terreno all’origine grasso e naturale che prima sorgevano alberi da frutta e vigneti!

E i bagni costruiti quindici anni fa sulla spiaggia Luppa di Acquafredda e mai inaugurati e utilizzati? Mi pare fosse il 1997 quando con l’associazione Amici di Acquafredda e Cersuta manifestammo con pentole e striscioni per richiamare l’attenzione del Comune su quell’inutile sperpero. Sindaco allora era Francesco Sisinni che venne a raggiungere i manifestanti in spiaggia, rassicurò, promise. I bagni pubblici sono sempre là completi ma ermeticamente chiusi, i turisti vacanzieri in stato di impellente necessità fisiologica devono appartarsi tra scogli e cespugli fidando sulla comprensione degli eventuali e malcapitati spettatori.

Quest’anno ad Acquafredda anche il campanile della Chiesa fa i capricci e si rifiuta di suonare i quarti dell’ora. Segnala solo gli interi, non le frazioni. Ma, stranamente, ogni quarto d’ora ripete i rintocchi completi dell’ora cui si riferiscono. Per dire: mezzanotte risuona intera per ben quattro volte. Sarà un segnale di impazzimento in sintonia con i tempi? A confermarlo, ce ne fosse bisogno, l’altoparlante della stazione ferroviaria dove non si ferma più un treno. Ciò malgrado, immancabile, la voce dell’altoparlante annuncia stentorea l’arrivo di treni che da anni non fermano più. “I signori viaggiatori sono invitati a non sostare oltre la linea gialla!”. Ma se non ci sono più viaggiatori né in arrivo né in partenza! Il paese è piccolo, la cornice delle montagne fanno da cassa di risonanza. Si direbbe una voce metallica che dal nulla si propaga a intermittenza a vantaggio di niente e nessuno. Ma perché qualcuno non interviene a interrompere annunci ferroviari inutili, aggiustare sonerie di orologi di campanili, inaugurare e attivare bagni pubblici da anni pronti, terminare lavori su Ville storiche trasformate in vacche le cui floride mammelle mungere? Ma siamo dentro uno scenario del Deserto dei Tartari o di un racconto kafkiano?

Un momento, dimenticavo: una novità quest’anno a Maratea effettivamente c’é. Li hanno pomposamente definiti i “dissuasori mobili”. L’idea è buona, sono pilastrini posti all’ingresso del centro storico che impediscono ai furbetti di entrare con l’auto quando vige il divieto di accesso. E quando il divieto non c’é, i “dissuasori mobili” simpaticamente rientrano sotto il pelo della strada. A me è venuto di utilizzarne il nome per modificarlo in senso diverso ma forse più pertinente. Ho pensato ai “dissuasori immobili”, entità negative che in questi anni recenti si direbbe abbiano condizionato clima e andamento delle cose a Maratea. Ora, in aggiunta, è arrivata anche la bassa marea della generale e universale crisi economica. A Maratea la natura è splendida e il sole fulgido: ma verrebbe invece da dire che piove sul bagnato.

Ma ora bando alle amarezze. A Brefaro, Francesco, detto “O Frangese”, mi ha fatto assaggiare delle splendide tagliatelle ricoperte con scaglie di tartufo. Scendendo in macchina verso il mare ho messo ad alto volume una splendida Messa Solenne per coro e orchestra di Bach. Scivolando lungo i tornanti ho contemplato estasiato il Golfo accompagnato dai picchi sublimi di una musica celestiale. Vi assicuro che quella che si sfiora può appropriatamente definirsi felicità. Provare per credere.

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