Esercizi
Sono tentato dal provare un esercizio. Da ognuno dei quattro comizi
finali della recente campagna elettorale di Maratea voglio cavare quello che a
me pare il positivo.
Mario Di Trani, il primo a
intervenire, ha scelto il tono colloquiale e diretto, il messaggio e
l’immagine del “io sono uno di voi, vi ho sempre ascoltato e
servito, non vi ho mai tradito”. Ha pigiato sui tasti dell’empatia,
dell’uguaglianza e della fiducia. Non ha fatto promesse travolgenti, ha
garantito la continuità nell’ordine. Ha scelto di rivolgersi al
cittadino medio, quello che teme i cambiamenti troppo bruschi e non tollera gli
stravolgimenti. “Sono un ragioniere? Sì, nel senso che ho
dimostrato di saper ragionare bene, che non ho grilli né voli pindarici
per la testa. Sono
semplice, pratico, concreto, per questo affidabile. Sono uno di
voi.” Direi che ha scelto
bene, ed è anche per questo che molto probabilmente ha vinto.
Nino Ferrara ha giocato la carta dell’energia giovanile,
della voglia di fare, della denuncia dell’immobilismo e
dell’innalzare la bandiera orgogliosa dell’autonomia paesana.
“Un nuovo porto a Castrocucco! Nessuna
integrazione subalterna al distretto scolastico di Lauria! Gestione razionale
ed efficiente dei rifiuti! Noi siamo il futuro, con noi dovrete fare i
conti!”
Ma…, ma: si può fondare una sfida per la
vittoria su una semplice per quanto baldanzosa scommessa generazionale?
Valerio Mignone, forse
consapevole delle carenze della sua squadra e del
programma, preoccupato dell’attacco insidioso mosso dall’eterna e
interna costola eretica, o forse debole in partenza per l’eredità
fallimentare della giunta precedente,
ha scelto di picchiare in testa i candidati delle liste avversarie ergendosi
ad arbitro e giudice unico, dimenticando di essere non un altisonante ex
senatore, ma semplicemente uno dei
concorrenti. E questo lo ha pesantemente danneggiato.
Francesco Sisinni, preannunciato sul palco dalla Marcia trionfale dell’Aida,
si è rivolto al pubblico nella veste di vincitore già incoronato.
Ha giocato la carta della sicurezza e dell’ambizione, da demiurgo che
disegna lo scenario delle sue realizzazioni prossime venture: decine di nuove
abitazioni ricavate dal risanamento del Castello, l’estate artistico-culturale
affollata di grandi nomi della scienza e della cultura. L’eccesso
di sicurezza lo ha sicuramente penalizzato.
Ecco, forse a Maratea servirebbe un primo cittadino capace di
volare alto per capacità di programmi e progetti, ma senza per questo
perdere il senso del limite e della misura, con un linguaggio nutrito dello spirito
del XXI secolo ma ben innervato nel senso di realtà concreto, radicato
nella identità e nella memoria del luogo.
Maratea meriterebbe lo slancio garibaldino di Nino Ferrara
temperato dal senso pratico e dal pragmatismo esperto di Mario Di Trani,
arricchito dal linguaggio forbito di Francesco Sisinni,
sottoposto al vaglio etico e rigoroso di Valerio Mignone. Tutti questi spiriti
vitali, queste qualità, linguaggi ed esperienze, a Maratea in qualche
misura positiva ci sono e circolano: manca ancora un passaggio di crogiolo
unificatore, la necessaria sintesi bilanciata del livello superiore.
Sarà per la prossima volta?
Gian Carlo Marchesini
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