La festa a Brefaro per i novant'anni di Giovanni.
Nella ospitale e bella casa di
Francesco O' Frangese a Brefaro, la frazione di Maratea che insieme a Massa ne
costituisce la parte più elevata e fertile (capre e pecore, cavalli e mucche,
maiali, conigli e galline), ieri sera abbiamo festeggiato Giovanni che compie novant'anni. Giovanni è un vecchio davvero particolare e
curioso, oserei dire perfino, per certi aspetti, eccezionale e strepitoso. Come aspetto fisico si
presenta piuttosto stropicciato, al punto da suscitare qualche
apprensione. Magrissimo, completamente sdentato, calvo, gli occhi due fessure
tutte grinze e le orecchie a pipistrello, a completare il quadro gli manca pure
un braccio. Giovanni racconta di esserselo giocato scendendo a precipizio da un
treno. Successe sul finire della seconda grande
guerra, mentre su una tradotta il suo reggimento scendeva dal nord diretto in
Sicilia da dove era arrivata notizia dello sbarco degli Alleati. Quando
Giovanni si rese conto che il treno stava transitando dalla stazione di Maratea
- almeno così lui racconta - non seppe resistere e si lanciò di sotto. Sfortuna
volle che la manica della divisa restasse attaccata a
un gancio – sempre così lui racconta - e che a quello restassero attaccati sia
la manica che il braccio. Comunque, magrissimo
sdentato e senza un braccio Giovanni a novant'anni
mantiene una voce tonante e una memoria strepitosa perché infila una storia
dietro l'altra che tu non puoi interromperlo e sottrarti manco per l'irrompere
inaspettato di un terremoto. E le racconta dalla sua
bocca sdentata e con una nocetta penetrante e acuta, ma così potente da non
ammettere nessun altro concorrente. "Mò ti
racconto quella volta che Rivetti...".- Giovanni non è solo nato in una
famiglia di agricoltori facendo il pastore tutta la
vita, ma ha lavorato pure alla Pamafi,
le serre che il conte Rivetti ha realizzato in quel di Castrocucco.
"Rivetti con la fabbrica ha levato la fame a
Maratea..." - e quindi ecco Giovanni raccontare le gesta
del conte imprenditore torinese di cui ha conservato una memoria di venerazione
ammirata. Poi Giovanni si produce in una invettiva
veemente contro uno dei suoi bersagli preferiti, i ruffiani senza dignità che
campano come parassiti al servizio del più forte per ricavarne elemosine e
favori. E ne diventano spie e lacché a danno dei
fratelli, degli amici e paesani. Insomma, la storia del Sud
di vassalli e ascari concentrata nell'intemerata paesana di un novantenne di Brefaro dal linguaggio incollerito di un profeta
biblico. Giovanni è anche altro, più scherzoso, ridacchiante e allegro.
La tavola della cucina di Francesco è colma di
melanzane ed enormi zucchine che Giovanni ha raccolto e portato dal suo orto.
Non sono proprio riferibili ma facilmente immaginabili le battute e le facezie
salaci a proposito di forme, fattezze e destinazioni delle cucurbitacee. E
mentre si produce ed esibisce Giovanni si agita ed eccita per la contentezza
come un vecchio satiro, lancia strilli acutissimi e pretende subito una partner
disposta a intrecciare con lui qualche passo di
tarantella. Poi, non ancora soddisfatto, si accende una sigaretta, tracanna un
ultimo sorso di aglianico e
infine – è mezzanotte e tiene banco dalle nove - annuncia di avere deciso di
andarsene a dormire. Giovanni abita a un km circa e la
strada è in salita, gli propongo quindi un passaggio in macchina. Mai! mi risponde con voce tonante. Se i miei vicini mi vedono
rientrare accompagnato in macchina subito dicono in
giro che mi sono ubriacato. E io questa soddisfazione
non gliela voglio dare. Poi Giovanni lancia un prolungato e potentissimo grido
finale a mà di saluto tipo gran capo indiano, e si
avvia traballante verso casa. Noi ospiti di Francesco
detto O' Frangese, che ha
inventato questa bella situazione di ospitalità amicale restiamo ancora qualche
minuto a commentare la straordinaria forza ed energia di giovanni,
tale da condizionarci anche assente, perché ci rendiamo conto che tanto potente
è stata la sua presenza che la serata dopo la sua partenza non più la stessa
grinta.
Anche quest'anno, a Brefaro, tra campanacci e belati a salire verso le braccia
aperte del Cristo, Francesco O' Frangese ha ospitato molte
persone tutte portatrici di qualche competenza professionale, esperienza ed
estro artistico: dalla giornalista Rai alla cuoca vietnamita, dalla coppia di
amiche architette romane alla scoperta itinerante delle bellezze degli Alburni
e del Pollino in compagnia di un padre gesuita, fino al cuoco che racconta la
sua recente esperienza in un ristorante in Australia e di quanto sono
particolarmente saporite le bistecche di canguro e di coccodrillo - fino ai
gruppi di musicisti jazz e pop che la notte improvvisano alla luce della luna
duetti e fighe su scale di note che avrebbero
deliziato anche Bach.
Ecco, forse questa formula di accoglienza
larga e meticcia di accoglienza e ospitalità - il meglio del luogo intrecciato
con il meglio del mondo - potrebbero essere cifra e stile di Maratea futura. Ma è un percorso che non tollera cortigiani e ruffiani -
come proclama convinto il novantenne Giovanni - e che pretende invece tenacia e
umiltà. Un pò come preconizza e auspica per l'intero
Sud Ermanno Rea nel suo aureo ultimo libretto La comunista.
Gian
Carlo Marchesini