Vacanze al Sud. Un caleidoscopico inventario.
Paese, comunità, allegra compagnia, spiaggia. Vecchi amici,
famigliari e parenti, paesani e turisti forestieri del tutto
nuovi e sconosciuti. Promiscuità e mescolanza, intimità e
nudità. Guardare, ascoltare, eventualmente
interloquire, partecipare e condividere. Mangiare insieme, giocare,
cantare e ballare, ridere e scherzare. La vacanza.
Linguaggi, stili di vita, modi di
essere così uguali, così diversi. Tristezza e allegria, gioia e un po’ di tenerezza. Vulnerabilità e fragilità, grazia e giovinezza,
vecchiaia e decrepitezza, campionario di diverse età. Corpi
gradevoli e sgraziati, armonici e deformi. Salute piena o qualche segnale di
malattia sospetta. Energia e apatia, attrazione e simpatia. Affinità
e divergenze, collusioni e collisioni, ostilità e rifiuti.
Commistioni, irruzioni e invasioni. Baci e abbracci, finte
seduzioni e seducenti finzioni.
Natura e campagna, mare e montagna. Capra e
mucca, pesce e gabbiano, serpe e corvo, scoiattolo e riccio. Colori e
sapori, odori e profumi. Lo spettacolo di albe rosate,
il trionfo dell’incendio color porpora nei tramonti. Lo
sterminato e struggente cielo stellato, le diverse figure, curve femminee e
posizioni della luna.
Gli sguardi prolungati e incantati dei
bambini piccoli, le loro risate gratuite e improvvise, il loro irrefrenabile
pianto disperato. L’arroganza e la sfida del
corpo giovane, palestrato e tatuato. Il dramma del corpo ancora giovane ma deprivato e anoressico, goffo
e deforme per il troppo grasso. Il disastro penoso del corpo vecchio e
finito.
Lo scoppio d’ira, l’arroganza e la sfrontatezza. La
dolcezza di un sorriso inaspettato. La fulminea dichiarazione in uno sguardo di attrazione e desiderio subito revocata e
irrimediabilmente perduta.
Le centinaia di vite che si sfiorano e incrociano, si attraggono e
respingono, si annusano e assaporano. L’intensità
di certi istanti che fanno sospettare un’eternità possibile.
Le lunghe passeggiate tra alberi e frutta da paradiso
terrestre e giardino fatato. La dolcezza infinita di
certe dormite in spiaggia, accarezzati dalla brezza marina, cullati dalla
musica della risacca.
Le lunghe e fitte conversazioni
notturne, le confidenze e gli abbandoni e gli sfoghi con i vecchi amici, con
altri inaspettati e nuovi. Lo scambio di idee e battute, di impressioni e racconti, di esperienze,
riflessioni filosofiche e politiche. La condivisione dei
sapori di cibi e vini, di racconti ed emozioni, di film visti, di sogni fatti,
di desideri insoddisfatti.
Le liti in famiglia, le gelosie e le
rivalità, le ostilità e le fratture, i malintesi tragici, gli
equivoci comici, i linguaggi diversi e mai del tutto
compatibili. Gli umori e i malumori, i sapori e i dissapori, i “che ci
faccio io qui” e i “ma tu che vuoi da me”.
Il prendere atto di quanto segnano e
condizionano le circostanze, il loro beffardo concorso e inevitabile esito.
Rendersi conto che le cose sarebbero potute anche
andare in modo completamente diverso, ma che oramai il loro corso è
definitivamente segnato. Capire che le frequentazioni e le amicizie tra adulti
divergono e mutano con la crescita dei figli, del loro intreccio di relazioni
tra coetanei che nascono, evolvono, cambiano, finiscono. Ritrovare
dopo anni vecchi amici che si credevano perduti, e ritrovarli
straordinariamente integri e nella sostanza intatti, e riprendere con loro
intimità e discorsi come fosse stato ieri.
Essere costretti a prendere invece atto che qualche vecchio amico
è radicalmente cambiato, e che la bella amicizia
non ha oramai più un appoggio sincero, il suo porto accogliente e
sicuro. Cogliere con amarezza e angoscia i segni di un invecchiamento
inaspettato, le rughe fonde e lo sguardo liquido e
arreso del naufragio e dello scacco. Leggere sui corpi e sui visi, negli
sguardi e in certi stenti sorrisi, quanto sono pesanti i segni della crisi.
Scoprire che anche le persone cambiano,
e non sempre in meglio. E questo suona a sé stessi quasi un intollerabile insulto e
tradimento. Essere costretti a prendere atto che anche le
persone care e buone muoiono, e che la loro scomparsa non durerà
più soltanto l’abituale spazio di un inverno.
Dover sopportare che anche il ragazzetto che zampillava vita da
tutti i pori può andarsene definitivamente alle
due di notte, sbalzato dal motorino, perché privo della protezione del
casco. Rendersi inaspettatamente conto che il ragazzetto moro e riccio che anni
fa (dieci, venti, cento?) ti saettava accanto lanciandoti scoppiettanti ciao,
si è nel tempo tragicamente trasformato in un corpo gonfio e calvo, in
uno sguardo da detenuto arreso. Incontrare il vecchio e dolce amico, ora quasi
morente, che in un disperato tentativo estremo è sceso dal letto e
uscito di casa. E ora agita
le scheletriche braccia in piazza invocando aiuto davanti la chiesa.
Sentire il corpo che riprende forza,
energia e benessere come una pianta esposta ai raggi del sole e finalmente
innaffiata. Girare per casa
soli e completamente nudi nel caldo della siesta o nel tepore profumato della
notte. Scoprire che gironzolare per casa nudi
è condizione naturale, e al corpo piace.
Ascoltare nella notte l’abbaiare
di un cane, il verso della capra e della civetta, ed essere tentati di
rispondere. Spurgare attraverso
gli incubi notturni le paturnie e gli affanni del giorno. Riscoprire lo
slancio appagato e corrisposto del fare bene l’amore.