La presentazione di un libro su Maratea ai Lucani di Napoli

Napoli!

Erano mesi che non andavo a Napoli, all’arrivo la stazione ferroviaria di Piazza Garibaldi mi appare finalmente nella sua lucente completezza, rimessa a posto e a nuovo. Finalmente non più il caos degli eterni lavori in corso, dei ponteggi e dei teloni, tutto ora appare lustro, efficiente e pulito. Ci sono pure le panchine per i viaggiatori in sosta e i pensionati che trascorrono così il loro tempo seduti a osservare il movimento e il traffico. L’unica stranezza che mi colpisce è l’assenza dei consueti tabelloni dove sono elencati i treni, gli orari e le destinazioni. Sui display luminosi sono evidenziati soltanto quelli in partenza nell’immediato, a me serve conoscere quelli a orario differito, che non trovo. Pazienza, esco su Piazza Garibaldi. La sede dell’associazione dei Lucani è ubicata sopra la collina, quartiere Vomero/Arenella. Sono quindi costretto a prendere un taxi. Fuori dalla stazione, in lunga fila, i taxi esibiscono alle fiancate la scritta “Lettieri sindaco” – deve trattarsi dell’industriale campano candidato dal PdL alle prossime elezioni, e salire su un taxi che proclama così vistosamente da che parte è schierato un poco mi imbarazza.  Al conduttore comunico il nome della strada dove mi deve condurre, lui si gira con sguardo sollecito di amico premuroso e così parla:” Signò, se andiamo al Vomero attraversando il centro troviamo molto traffico. Sa, con il tassametro a tempo rischiamo di spendere molto. Ma se lei è d’accordo, prendiamo la tangenziale, io le faccio una tariffa fissa, e così arriviamo sicuramente prima”.  E quanto sarebbe la tariffa fissa?” – chiedo curioso, già sapendo in cuor mio che sarò turlupinato.  “Diciannove euro”. “Va , andiamo” – dico arreso, e procediamo. Al ritorno, con identico percorso, chiedo all’ovviamente nuovo e diverso taxista di rifare la tangenziale attivando però il tassametro. E, all’arrivo,  quello di euro ne segna solo dodici. E così ho capito di quanto sono stato  ingegnosamente truffato.

L’associazione dei Lucani a Napoli

All’indirizzo dell’associazione, accanto al portone, c’è una targa sulla quale campisce il nome di Giustino Fortunato. Sono arrivato con un quarto d’ora di anticipo. Il sistema dei campanelli è particolare, al nome dell’associazione viene associato il pulsante numero 1:  io pigio, attendo, non risponde nessuno. E lo stesso succede anche la seconda e terza volta. Sono evidentemente arrivato troppo presto, ma possibile che dentro non ci sia ancora nessuno? Rimango sul marciapiede in paziente attesa, solo che tira un gelido vento di tramontana, io sto in semplice e normale giacca. Pestolo i piedi, mi guardo per venti minuti buoni il via vai all’ingresso del vicino ospedale Santobono, mi intirizzisco di brutto, ma alla fine arriva qualcuno anche lui interessato alla presentazione del mio libro. E così scopro che bastava pigiare il tasto con il numero 1, ma poi anche un secondo che fa squillare il campanello interno. Finalmente la porta si apre ed entriamo in una sede bella e civile, con sala spaziosa per cinquanta persone, ritratti alla parete dei padri lucani nobili e scaffali di libri alle pareti.

La presentazione del libro

Lì, dopo qualche minuto di saluti, presentazioni e convenevoli, è iniziata la presentazione del mio libro. E’ la quinta volta che per Maratea mi succede, non la prima, però la novità veramente inaspettata è che la relazione che  mi è capitato di ascoltare a me è suonata una vera e propria - oso dire - lectio magistralis. A tenerla è stato il professor Ermanno Corsi, che io non conoscevo, e che oltre ad essere a sua volta autore di racconti e saggi sul meridionalismo, è stato presidente dell’ordine dei giornalisti di Napoli nonché capo struttura della RAI campana. Ma al di là dei titoli,  e dell’eloquio ricco e preciso, sono rimasto impressionato dall’impegno profuso in una analisi articolata e acuta,  ricca di rimandi e collegamenti, di apprezzamenti ben argomentati e quindi persuasivi, di cui ho sentito il mio libro oggetto. Non che, ovviamente, nelle precedenti presentazioni ciò non sia in qualche misura accaduto, ma qui è successo perfino che in qualche passaggio io mi sia chiesto – non sto scherzando - : dio mio, ma a scrivere un libro così interessante e bello sono stato veramente io?  E infatti :  “nel libro c’è il racconto appassionato di Maratea, della sua bellezza e dei suoi problemi, ma anche della bellezza e dei problemi di tutte le città e le località poste lungo le coste delle regioni meridionali”; e:  “qui sono affrontati non solo gli aspetti e i problemi di oggi, ma ricordati anche quelli storici mai risolti”; e:  “qui non c’è soltanto una dichiarazione d’amore e un grido di dolore, ma anche un ricorso sapiente all’uso non solo degli strumenti classici dell’indagine politica, ma anche di quelli adatti all’indagine sociale, economica e antropologica”. E infine:  “qui, nell’appassionante racconto specifico e personale,  c’è racchiuso l’universo problematico della forma assunta oggi dall’antica e storica questione meridionale”. Voi direte, e avete sicuramente ragione, che io sono un bel po’ vanesio: ma vi devo proprio confessare che nella vita è veramente gratificante e bello sentir descrivere una propria opera in modo così lusinghiero:  da farvi perfino sorgere dentro  l’impulso e il desiderio di incontrare anche voi l’autore.

Il pubblico lucano presente

Ad ascoltare in sala i presenti erano all’incirca una trentina, in prevalenza di età tra i cinquanta e i settanta. Espressioni attente e partecipi, alla fine alcuni di loro sono anche intervenuti per condividere, contribuire, precisare, arricchire. Tra di loro, in prima fila, tra nonno e nonna originari di Metaponto, la faccetta fresca e vispa di un ragazzetto che ho visto spesso rivolgersi ora all’uno ora all’altra per chiedere sottovoce la spiegazione di qualche parola difficile e nuova. Alla fine si è creata la consueta piccola fila di coloro che, acquistato il libro, desiderano firma e dedica, e così ho approfittato per salutare il ragazzetto e chiedergli età e nome: “Ho undici anni e mi chiamo Francesco Saverio!” – mi ha risposto con slancio vocale canterino. “ – gli ho risposto – con un nome così farai sicuramente molta strada!”   E questo è stato il modo che ho trovato di complimentarmi per un così attento e prolungato ascolto.

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