Lucia Palmas  è una signora professionista esperta nel campo della moda che conserva ancora la freschezza energica di una ragazzina. Ha il suo negozio atelier al Porto di Maratea, felice di godersi del mare sottostante il panorama e la brezza. E’ approdata a Maratea tre anni fa, dopo un percorso esistenziale non semplice, che l’ha vista partire dalla sua terra natia, la Sardegna, approdare a Genova, avviare lì il suo lavoro di disegnatrice di tessuti e stilista di abiti femminili di alta moda. Ciò che l’ha spinta a trasferirsi a Maratea – mi spiega seduti all’ingresso della sua boutique al fresco della sera – è stato l’impatto con la folgorazione della sua bellezza. “Mi ricorda molto il contesto delle Cinque Terre”, osserva: “peccato non ci sia un analogo trenino a collegare le frazioni lungo la costa…”. Ha poi ottenuto un finanziamento dall’Unione europea partecipando con un suo progetto a una gara per la promozione dell’imprenditoria femminile. A Genova, nell’inarrestabile degrado del vecchio centro storico prospiciente l’angiporto, si era via via resa conto dell’impossibilità di convivere con spaccio della droga e prostituzione.  Maratea le era apparsa come miracolosa via di salvezza. Quest’estate Lucia Campas e il suo design d’alta moda hanno avuto il riconoscimento di una serata in piazza dove le ragazze di Maratea si sono prestate a sfilare indossando le sue creazioni. E, bontà sua, dice di essersi ispirata per i suoi vestiti da sera all’immagine dell’”anima nera” da me evocata in un libretto su Maratea di qualche anno fa aleggiante a contrasto della bellezza dei luoghi della costa.

Pompeo, cui ho raccontato questa emblematica storia, osserva come Maratea, che ha ospitato per trent’anni le attività dello stabilimento tessile creato da Rivetti, non abbia saputo esprimere in loco, di tale esperienza, nessuna specifica capacità creativa. Doveva arrivare a proporla con successo una donna sarda formatasi in quel di Genova… E neppure l’esperienza successiva alla Colla di uno stabilimento di produzione di scarpe ha lasciato traccia di capacità produttiva propria.

Al convegno sulla green economy organizzato stamattina al Pianeta, conversando con il presidente di un GAL di Lagonegro, scherzando ma fino a un certo punto colui così se n’è uscito: i marateoti? Bisognerebbe trasferirli d’ufficio per un periodo opportuno su un’isola e lì incrociarli con un gruppo di imprenditori tedeschi. Forse così, da questo forzato innesto, scaturirebbero capacità di impresa e accettazione del rischio purtroppo alquanto difettosi.

Lucia Palmas, per ringraziarmi della visita, mi ha fatto dono di due sue poesie, intitolate il peperoncino e la rana. Sono semplici fogli incorniciati di colori forti al cui centro ha cucito due strisce di stoffa dai colori vivaci accompagnate da una rana o un peperoncino. Come è vero che per fare poesia non è assolutamente necessaria la parola!

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