Madri

Incapsulata dentro un dover essere che oramai è diventato una seconda natura, se non la prima e l'unica, la potentissima, temutissima, amata/odiata  madre e regina della casa, della famiglia e della cucina, regge da anni - e decenni, e secoli - lo stress della fatica: a patto però che sia interdetto e chiuso ogni spiraglio che evochi un modello di vita per tutti diversa e alternativa.

Martire e sacerdotessa, celebra un ruolo di cui è padrona e schiava, e però, tutto sommato, nessun altro destino sogna, concepisce o la appaga.

E' la Grande Madre che tutti nutre e sfama. E da questo ricava ragione e senso di vita. In cambio pretende intorno a , immodificabile, un ordine simbolico rigoroso,  una sottomissione  piena. Questa è la sua paga per una vita sacrificale insieme epica e grama. Lei dà  concretamente e ritualmente da mangiare a tutti, e tutti quindi inevitabilmente divora.

Ma - mi chiedo - sarà mai possibile un passaggio di trasformazione  della donna da mamma, cuoca, custode ferrea dei sacri valori della famiglia, ad una sua affermazione come persona libera e autonoma? E questo potrà avvenire senza una lacerazione profonda, una scossa drammatica nella forma e nella struttura ferrea dell'attuale famiglia?

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