La maratoneta d’amor disperata
La ragazza, seguita da due cani, procede sul tratto della Statale
18 detto Canale di Mezzanotte tra Sapri e Acquafredda. Il suo passo è rapido e trafelato, la postura
del corpo proiettata in avanti nello sforzo. A ogni
colpo duro di un tallone sull’asfalto la coda dei capelli colpisce le
spalle come un colpo di scudiscio. L’espressione del viso è tesa e
contratta, lo sguardo fissa un punto nel vuoto da lei sola percepito.
La ragazza è ansiosa di arrivare alla meta, o forse
semplicemente in fuga da qualcuno o da qualcosa. I pochi e poveri panni di cui
è vestita indurrebbero a pensare che si tratti di una barbona, o di una superiore e indifferente ereditiera milionaria. I due
cani la seguono di malavoglia, trotterellando con aria insoddisfatta e quasi
smarrita. E’ come se sul loro muso evidente fosse stampata una domanda:
ma noi, che cosa c’entriamo con questa
incomprensibile ennesima corsa?
La ragazza, indifferente alla straordinaria bellezza che la
circonda, non muta espressione né gira lo sguardo o la testa. Sembra una
penitente ostinata che espia la sua colpa, o una maratoneta concentrata in una
sfida. Si direbbe anzi su un suo rovello ossessivamente
concentrata, alle prese con la decifrazione di un impenetrabile enigma.
Seppure dalle auto di passaggio sfiorata, non dà segno di allarmata ricevuta, come protetta da una sua corazza di
impenetrabile armatura.
Seguita dai suoi due malinconici cani,
la ragazza è apparizione improvvisa,
inquietante e sconsolata. Al mondo sembrerebbe esistere lei sola, tutto
ciò che la circonda essendo pura apparenza e parata. In cuor mio io
l’ho definita maratoneta mater dolorosa, colei
che niente o nessuno al mondo, anche arrestando il suo passo, potrà
salvarla.
Mimmo, un amico che verso sera a volte fa per un tratto sui
tornanti sopra il cimitero la sua passeggiata, mi
racconta che ha saputo che la ragazza tempo fa ha subito una terribile
delusione amorosa. Da allora, inconsolabile e disperata, ha iniziato a
percorrere due o più volte al giorno la sua
frenetica corsa. A chi incontrandola le rivolge il saluto, risponde alzando una
mano sulla fronte quasi a ripararsi da una terribile minaccia.
A me, dopo aver saputo la sua storia e di tanto
insistita corsa la causa, in cuor mio l’ho accolta come una
battagliera e indomita eroina. Testimonia muta e inesausta quanto in una umana creatura ancora l’amore possa, e mi è
sembrato un omaggio a lei dovuto
questo racconto, questa piccola e devota edicola.
Intanto, a richiamare lo stato d’animo mutevole e tumultuoso
della ragazza, giù nel golfo che si apre sotto l’hotel Villa del
Mare il
vento con le sue dita disegna sulla superficie dell’acqua mille ombre
vaganti di increspature e merletti, fughe di labirinti e profili di fantasmi
che richiamano i misteri
cosmici del film Solaris di Tarkovski, o gli
abissi onirici evocati da Shutter Island di Martin Scorsese.