Medaglioni marateoti
Ma a che pro, che senso ha, a che serve oggi una associazione
del volontariato? Perché in
un luogo, un quartiere, un territorio, una città, mettersi insieme,
partecipare, condividere gratuitamente un impegno sociale, una
attività culturale, un pubblico servizio, un benefico scopo?
Nella sala conferenze di Villa Tarantini, la
psicologa Paula Benevene ha tenuto al proposito una interessante relazione. Una quarantina
i presenti, attenti e interessati perché attivi nelle numerose
associazioni impegnate a Maratea e nei Comuni limitrofi. In Basilicata le
associazioni iscritte all’apposito registro di
settore sono oltre quattrocento. Ma perché, sia di matrice laica che religiosa, questa attuale nuova fioritura? Molte le
possibili risposte: perché l’associazionismo supplisce
all’intervento carente del Pubblico;
perché risponde a un bisogno di aggregazione sociale non più
soddisfatto dal declino e dalla perdita di credibilità dei partiti;
perché, infine, offre occasione di impegno professionale e occupazione
in una fase di crisi economica particolarmente pesante. O anche perché di isolamento televisivo e di egoismo individualistico, di
espropriazione e di abbandono siamo tutti stufi. Sta di fatto che il popolo dei
paesi, dei quartieri, delle comunità sparse nel territorio, alle tante
difficoltà e carenze reagisce sempre più
direttamente e in proprio. E così, come in altri periodi storici la
risposta e il rimedio sono stati sindacati e partiti, leghe
e cooperative, oggi la spinta all’aggregazione passa attraverso il
proliferare delle associazioni come forma di auto rappresentanza e auto tutela. A dire il vero, nella bella sala
conferenze di Villa Tarantini, più che riflettere
sul senso della crescita di un movimento sociale solidaristico
in questo momento storico, il confronto si è concentrato sul come fare a
crescere, attraverso quali strade e procedure agire per accedere ai
finanziamenti, come dotarsi di capacità progettuale, come attrezzarsi
nella tenuta dei conti e nel rispetto di regole e statuti, e infine come
sopperire alle tante discontinuità e carenze e
inesperienze . Si è trattato
quindi di una vera e propria serata di alfabetizzazione. Una serata interessante e utile, sotto lo
sguardo dei gruppi di associazioni laiche e religiose
del passato, che dalle foto delle pareti osservavano i rappresentanti delle
nuove associazioni riuniti a discutere problemi sociali antichi e nuovi,
evidentemente eterni.
*
Il sabato sera al Porto a Franca Valeri viene assegnato il premio
Maratea. Ad assistere alla cerimonia, che pare sia
costata alle casse pubbliche qualche decina di migliaia di euro, ci sono trenta
persone. Nelle stesse ore ad Acquafredda
l’associazione Scuola e Vita organizza una sua festa. Con cinque euro si ha diritto a un ottimo piatto di pasta, un bicchiere di vino e una
fetta di anguria. Servono soldi per pagare le tende del salone e qualche tavolo
per l’arredo della scuola. I partecipanti sono stati 150, gli euro raccolti un migliaio, nessun costo vivo perché tutti
hanno dato volontariamente e gratuitamente una mano. La festa è stata
una gioiosa baraonda, cui hanno contribuito nonni e
genitori, ragazzi e bambini. A un certo punto la luce
per qualche minuto è mancata, e la pasta fumante e saporita a tavola,
dopo un’attesa un po’ lunga, finalmente è arrivata. Poi fino
a notte inoltrata si è riso, ballato, cantato insieme canzoni di Rino
Gaetano, e a gruppi e capannelli fittamente conversato.
Acquafreddari e cersutari doc e stranieri turisti vacanzieri, brindando si sono
mescolati e conosciuti. Tarantelle e tanghi in trascinante crescendo si sono
susseguiti. Ad ancheggiare come tarantolate
silfidi sono state mamme e figlie, zie piuttosto pienotte ed emozionate signore
anziane. Sul tardi, anche chi arrivava appena
smontato dal turno di lavoro si rimboccava le maniche per dare una mano. Forse
bisognerà cominciare a capire tutti che non è
il personaggio televisivo, la piccola o grande celebrità che indigeni e
turisti di città accorrono a osannare. Chi è in vacanza vuole
occasioni di incontro in allegria e semplicità,
musica, danza agreste, incontri conviviali intorno a una tavola o sorbendo
insieme una bibita. E’ la compagnia che si reclama, lo stare bene insieme
ragionando e raccontando ognuno come gli va. Replicare e scimmiottare i grandi eventi e
l’isola dei famosi ha francamente stufato e rotto le scatole. Ma pare che se non si fa sfilare qualcuno profumatamente
pagato sul palco, con contorno di telecamere e squilli di trombe e lampeggiare
di foto, se non si allestiscono vetrine e vetrinette, passerelle e trombonate, qualcuno teme di non attingere l’Olimpo e
le sue sublimi vette.
*
Il barone Eduardo mi ferma per strada e sbotta:
“Ogni tanto leggo qualche pagina del tuo libro sul Brasile. Io sono
sicuro che tu devi avere copiato da qualche parte, non è possibile che
in quindici giorni di viaggio tu possa avere visto e capito tutte quelle cose..!”
*
Quando mostro a Mimma il Quotidiano con il suo nome
scritto a caratteri cubitali sul frontespizio di una pagina, prima non capisce,
poi sbianca in viso, poi balbetta: “non sono io,
sarà sicuramente un’altra!” Alla fine legge la mia firma, si
arrende, si infuoca, comincia a ridere come una matta, batte le mani come una
bambina sovraeccitata.
*
Tonino mi confida che vuole affittare la sua casa,
piantare tutto e andare in Thailandia, dove una villa
si può affittare per 300 euro al mese. Ma una volta da questi luoghi non si emigrava perché
altrimenti letteralmente non si sopravviveva? (Ma se
è per questo pure Vendola vuole andarsene per
un anno a Salvador de Bahia: che di fronte alle difficoltà la via di
fuga in una terra esotica sia diventata tentazione diffusa e malia?).
*
Da quando li conosco, Daniele e Giannino, quando la
sera si incontrano e discutono di impegno sociale e
politico, dopo qualche minuto immancabilmente alzano il tono e gridano e fanno
a gara non proprio a chiarirsi e a spiegarsi, quanto a chi impedisce
all’altro di parlare. A me è venuto da ricordare una scena uguale
nel film Novecento di Bertolucci, dove i due protagonisti che da bambini
litigavano, nell’ultima scena del film continuano a strattonarsi e
contendersi il boccone di chi ha ragione. Ma è
anche per questo che si sono voluti bene nella vita giorno dopo giorno,
stagione dopo stagione.
*
Sono tornato con un giro di amici a gustare le marmellate di fichi e cipolle, gli
affettati e i formaggi superbamente allestiti nei taglieri da mastro Nicolino.
Non pensavo che nella proposta il nostro esperto in sapori eccelsi della
migliore tradizione calabro-lucana potesse migliorare
ancora. In più, nell’incanto sospeso del minuscolo spiazzo dentro
l’intreccio dei vicoli del centro storico, mastro Nicolino ci ha
intrattenuto raccontando e descrivendo le meraviglie della salsiccia lucana
conservata nella sugna e del caciocavallo avvolto in una calza di donna. Tra un
bicchiere di bianco secco o dolce, o di aglianico inchiostrato e robusto, e una scodella finale di
castagne affogate nel loro sugo, anche questa volta ci siamo confermati che,
chiudendo per una volta un occhio sul colesterolo, la tavola di mastro Nicolino
consente una esperienza che sfiora il rapimento mistico.