Non più vostro
Lettera di un sindaco
onesto del Cilento, per questo ammazzato.
Carissimi, ora sfilate tutti a rendermi
omaggio spendendovi in elogi e orazioni. Ma dove
eravate, voi che oggi accorrete solleciti, quando mi impegnavo
in prima persona a far rispettare regole e leggi, e mi opponevo direttamente e
fisicamente all’abuso, allo spaccio, a ogni forma di arricchimento
illecito? La verità è che, ostacolando i disegni e gli appetiti
di piccoli e grandi malavitosi, rompevo le scatole a troppi. Oh, non dubitate,
sapevo di espormi a seri pericoli. Ma quanti di voi, che oggi vi mostrate così solidali e addolorati, hanno nei loro
luoghi e contesti assunto con determinazione la propria parte di
responsabilità e rischio? Io ho guardato negli occhi chi mi ha sparato,
vi assicuro che non ho visto un solo e isolato individuo. Io sono morto ogni
volta che voi, per favorire qualche interesse privato e arricchire qualche individuo, avete fatto traffico e mercimonio del
bene pubblico. Avete armato la mano del mio killer ogni volta che avete abbassato la guardia e girato lo sguardo, e non avete
contrastato e impedito devastazioni ambientali e traffici illeciti. Avete
mirato al mio petto ogni volta che non siete
intervenuti a tutelare i diritti e gli interessi dei cittadini indifesi, a
ostacolare prepotenze e abusi dei più forti. Avete premuto il grilletto
ogni volta non avete fatto nulla per impedire che prevalesse la logica del
malaffare e del privilegio. E in effetti, alla fine,
soltanto io mi sono preso i sette colpi in petto.
Devo dire che a me tutto questo affollato
concorso a rendermi omaggio – non a un onesto e normale sindaco, ma a un
martire ed eroe, e cioè a una figura tanto eccelsa da non poter essere
imitata ma solo canonizzata – molto non piace. Siete
addolorati per la mia triste e ingiusta fine, o sollevati per il fatto che un
intransigente legalitario, troppo rigoroso per i vostri abituali standard di
sicurezza, è stato tolto di mezzo? Ora state tutti a dire che lo Stato non può arrendersi e rinculare, che
i malavitosi non devono affermarsi e prevalere. Ma
insieme ai sette colpi di pistola che mi hanno tolto la vita, sono anche la
vostra condotta rinunciataria e la latitanza ad essere state esplose e
smascherate. Come volete che in un Paese come il nostro sia tollerato un
piccolo sindaco del Cilento che compie rigorosamente il proprio dovere, quando
i malavitosi manifesti, i capibanda denunciati, indagati, processati e
condannati siedono impuniti sui più alti scranni, ricoprono prestigiosi ruoli istituzionali?
Chi si è mostrato più abile ed esperto, più
cinico e duro nella pratica del delitto, oggi è assurto ai più
alti gradi del potere politico. Io mi chiamo Angelo Vassallo,
sono stato eletto tre volte sindaco dal popolo di un piccolo e civile
paesino del Cilento. Non mi sono mai prosternato o prostituito ai potenti, a
costo di apparire fuori dai ranghi e dal coro,
fanatico ed eccessivo. Così ora sento di poter dire: non voglio orazioni
e commemorazioni, ma che la mia fine violenta si trasformi in giuramento che
ognuno fa in cuor suo nel rispettare, dovunque e in qualsiasi
responsabilità e ruolo, le regole del vivere civile e della buona
politica. Perché la vera rivoluzione in questo Paese consiste oggi
nell’affermare che l’interesse generale viene prima di quello privato e personale, il bene pubblico sopravanza
tutti gli altri, la libertà vera non è quella che favorisce la
cupidigia del più forte, ma coincide con il rispetto e la tutela dei
diritti della maggioranza. E le risorse del territorio
– l’acqua, l’aria, il suolo, il mare, i boschi e tutta intera
la natura - ci sono state prestate per lasciarle ai nostri figli migliorate,
non devastate e impoverite.
Non voglio oggi essere imbalsamato in nessun onorifico e retorico Pantheon, o in-congruamente
assimilato ai nostri soldati caduti in Iraq o Afghanistan. Fiero delle mie
scelte, se proprio devo stare in compagnia preferisco
quella di chi, per avere semplicemente cercato di fare il proprio dovere,
è stato come me perseguitato e ucciso. Anch’io, come il milanese
avvocato Ambrosoli, e tanti altri come lui, sapevo
cosa rischiavo – senza nessuna intenzione
sciocca di “cercarmela”, come invece insinua velenoso qualche
mal-vivente ottuagenario senatore a vita. Io faccio parte della schiera delle
vittime provocate dalle omissioni vigliacche dei molti, dei troppi che usano il
loro ruolo istituzionale per scopi che lo snaturano e tradiscono. State tranquilli, io avrei preferito continuare nel mio
normale lavoro nell’adempimento dei compiti del mio impegno di sindaco,
nello sforzo di trasformare l’amore per la mia terra e per la mia gente
in tutela, valorizzazione e cura. Ma chi avrebbe detto
che anche questo normale e ovvio impegno costituisce oggi minaccia terribile
per la propria vita?
Voi non sapete quanto mi costi il non
potere oggi più trascorrere con gli amici in allegria una domenica, o
anche una sola ora, a soddisfare la mia passione per il mare e la pesca.
Pregate che la terra mi sia ora leggera, e che chi mi succede sappia meglio di
me conservarne la bellezza e arricchirla.
Lasciatemi alla fine dire che chi non si
pone qualche domanda come io faccio in questa lettera, vuol dire che dentro
è più morto di quanto io non sia. E se
così fosse, questa per il Paese sarebbe la vera tragedia.
Non più accanto a voi e vostro,