Vacanze al Sud. Una serata a Sapri.

Alle 19.30 della sera, a piazza del Municipio, a fianco di un corrusco e impettito busto di Carlo Pisacane, eretto ai tempi del Fascio in memoria dell’eroe risorgimentale, viene presentato un saggio di Giuseppe Salamone, psicologo, psicoterapeuta e formatore originario di Caselle in Pittari, ora funzionario addetto alla formazione permanente della Regione Friuli Venezia Giulia. Il titolo del libro è curioso: ”L’arte del cozzo”. Sulle prime ho pensato di avere letto male, e che la parola fosse un’altra. Poi ho letto il sottotitolo:”Divagazioni sul dibattito politico televisivo”, e un po’ mi sono tranquillizzato. Insomma, non si trattava di un’opera porno. Il cozzo in questione si riferisce ai litigi verbali di cui in Italia siamo campioni. Si tratta di un’opera in tre parti e sei capitoli i cui titoli (“La via italiana all’aggressione verbale”) dà al titolo principale una chiarezza finale. “Un tentativo di rendere intellegibili le confuse e violente battaglie che i nostri politici ingaggiano negli studi televisivi”, come si legge nel risvolto di copertina. Ma anche lì, siccome tali litigi vertono di fatto e in buona sostanza su una gara a dimostrare chi ce l’ha più lungo, ritorna il dubbio su quale è il senso della parola cozzo.

Sia come sia, a presentarlo è la preside di una scuola locale che, con le classiche migliori intenzioni, commette nel suo intervento un doppio errore. Innanzitutto parla per quaranta minuti consecutivi, sfiancando la voglia di ascoltare del più volonteroso dei potenziali lettori. In secondo luogo dedica i quaranta minuti a ripetere, sotto infinite varianti, un solo concetto: quant’è bello e interessante questo libro. Nessuno dei circa sessanta presenti però il minimo segno di insofferenza: tutti immobili, rapiti e compiaciuti ad ascoltare. Poi qualcuno me ne fornirà chiave di spiegazione. Sono quasi tutti venuti appositamente da Caselle in Pittari, quindi paesani dell’autore. Insomma, una festa in famiglia. Ma probabilmente il libro conserva, a prescindere dalle amicizie di paese, un suo interesse, visto che per ben 150 pagine fitte spiega e argomenta il perché “in Italia domina un linguaggio che esercita violenza sulla realtà, la nasconde, la distorce, o le sovrappone una realtà del tutto immaginaria”. Il che mi sembra concettualmente in sintonia con quanto afferma nell’insetto culturale de Il Sole 24 Ore di ieri Nicola Lagioia, affermato scrittore quarantenne di Bari, che sostiene:” Solo chiamando le cose con il loro nome, solo guardando in faccia la Medusa, riuscendo ad opporvi lo specchio di una lingua che la racconti senza restarne pietrificati, sarà possibile trovarsi a un certo punto dall’altra parte del guado.” Cosa che, come mostra nel suo libro Giuseppe Salamone, non succede assolutamente nel dibattito politico televisivo.

Alle 21 decidiamo di cercare sul lungomare un ristorante dove, dopo avere provveduto alla mente, sia possibile nutrire e rifocillare anche il ventre.

Proprio di fronte uno all’altro, lungo la strada sul lungomare dalle nove in poi provvidenzialmente pedonalizzata, aprono due ristoranti opposti negli indirizzi e stili. Uno è lato mare, organizzato sopra una balconata in legno sotto bianche tende vaporose. Ai vostri piedi avete lo sciabordio dell’acqua, davanti il liquido ventre del Golfo. L’altro, aperto da poco, è di una impronta ultramoderna tale che potrebbe collocarsi bene anche a Manhattan. Ad accogliere i clienti, sul marciapiede antistante, quattro candidi ombrelloni con la corolla intenzionalmente e simpaticamente rivolta all’insù. A me ha ricordato l’immagine delle gonne di Marilyn Monroe maliziosamente sollevate da un forte vento. Il punto è che il menù proposto è a base di carne: ritorneremo in un’altra stagione, optiamo per il ristorante sul mare.

Scelta che si rivela ottima. La zuppa di pesce è buona, la signora americana che dirige e conduce - ha sposato un avvocato del luogo – si mostra efficiente e cortese. Trovare sul lungomare di Sapri ristoranti diretti da giovani ed efficienti donne americane: quale migliore segnale della dilagante globalizzazione? La musica in sottofondo è brasiliana, al punto che l’insieme, anche se è piuttosto azzardato paragonare il Golfo di Sapri all’Oceano Atlantico, a noi ha ricordato il lungomare di Aracaju, capitale del Sergipe, il più piccolo stato del Brasile ubicato a nord di Salvador de Bahia.

Alla fine della cena siamo attirati da cori e grida. Vengono dalla sottostante spiaggia, dove si è raccolta una squadra di giovani calciatori reduci da un torneo di calcetto. Hanno vinto, in pegno pagano la scommessa del tuffo notturno. Si spogliano rapidi e si infilano nudi nell’acqua buia del mare. Sono a vista del pubblico, sembra se ne compiacciano, perché iniziano una scherzosa e vociante sfida a inseguirsi correndo nell’acqua bassa per colpirsi sulle natiche con i costumi grondanti. Sarà anche un mio letterario vezzo, ma come non cogliere nella simpatica scena qualcosa di storicamente antico e mitologico? Achille, Patroclo e i loro compagni guerrieri che, reduci da una battaglia vittoriosa, lasciate le armi e gli scudi si concedono in acqua il meritato riposo…

Solo che, da queste parti, di battaglie vittoriose non ce ne sono mai state. Sbarcarono centocinquantaquattro anni fa Pisacane e i suoi trecento giovani e forti, e vennero presi a colpi di fucile, bastone e forcone. E, ahimé, non se ne salvò nessuno. Pino Aprile oggi sostiene che tutto il Risorgimento è stata una clamorosa truffa a danno della gente del Sud: massacrata, depredata, colonizzata. Certo che a massacrare allora i trecento giovani e forti furono i contadini poveri dell’epoca, fedeli dai borboni e guidati da preti reazionari come don Peluso e l’arciprete di Sanza. Ora viene ai trecento dedicata una commemorazione estiva molto condita di folclore e costumi d’epoca, molto turisticamente spettacolarizzata. Meglio di niente: però…

Io per i trecento di Pisacane avrei preferito un finale diverso. Magari un bel bagno nudi a mare come la squadra di ragazzotti tripudianti di questa sera. Ne avrebbero ricavato vantaggio la vita, la gioia e la libertà. E anche la vezzosa ed esultante giovinetta spigolatrice.

C’è comunque da dire che nel giro di qualche anno Sapri è significativamente cambiata: in qualità di immagine, ricchezza e varietà di servizi, cura e decoro dell’arredo urbano. Ci sono in sequenza sul lungomare e lungo le strade del centro storico bar, pizzerie, ristoranti, alberghi e negozi bene organizzati, bene gestiti, per tutte le borse e i gusti.

Scuri di pelle, piuttosto bassi e tarchiati, apparentemente scontrosi e appartati, in realtà tenaci, intraprendenti ed evoluti. Gente tosta, i sapresi.

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