«Teste mozze», di Franco Maldonato  ( Rubettino editore), è un libro storicamente, civilmente, politicamente importante. E provo a spiegare il perché.

Intanto perché racconta, rivisita, ricostruisce vicende significative del nostro  passato. Sostanzialmente dicendo: il Sud del Paese, il Cilento in particolare, Costabile Carducci come eroico interprete, hanno avuto un ruolo decisivo nel compimento del percorso del Risorgimento. E questo, nella storia patria ufficiale, non è stato affatto, o del tutto insufficientemente, riconosciuto.

«Teste mozze» lo mostra e dimostra in pieno con il suo racconto. Il libro si propone quindi innanzitutto come opera di restituzione doverosa, di risarcimento morale, politico, umano di una parte storica sottovalutata, se non proprio misconosciuta e dimenticata.

Quella borbonica è stata una monarchia dispotica di rara ferocia oppressiva e repressiva. Ma nel popolo, in risposta, non c'è stata affatto una sottomissione passiva. In tanti si sono ribellati e per l'avvento della libertà repubblicana hanno dato eroicamente la vita.

«Teste mozze» mostra con efficacia a che cosa può servire rivisitare la Storia grande e piccola. L'epopea che  viene messa in scena, ricca di nomi, date, luoghi, cifre e fatti, a me ha fatto venire in mente,  penso non a caso o arbitrariamente, la lotta di Castro e Guevara contro la dittatura di Batista a Cuba, poi dilagata in America Latina. La stessa dedizione nell'impegno e nel sacrificio, analoghe abilità e capacità nell'intessere intelligenza tattica e  strategica. Evidentemente l'anelito alla libertà accomuna nelle vicende anche umane coloro che sono disposti, per conquistarla, a sacrificare gli affetti della famiglia, l'esistenza normale e la stessa vita.

Nel suo stimolante e coinvolgente raccontare i fatti di allora, la lettura di «Teste mozze»  dice che il suo messaggio riguarda anche il qui e ora. Costabile Carducci è stato trucidato ad Acquafredda di Maratea da mani reazionarie fomentate da un prete. Così come Carlo Pisacane, sbarcato con i suoi trecento a Sapri, dai villici guidati da un arciprete in quel di Sanza. E Bosco è stata rasa al suolo e bruciata da Del Carretto e dai giannizzeri del Re borbone. Così come, mutatis mutandis,  Francesco Saverio Nitti è stato perseguitato ed esiliato, un secolo appresso, dalle squadracce fasciste. 

Anche oggi, sia pure in forme diverse e nuove, il Sud è  sempre paesaggisticamente bello quanto economicamente, socialmente, politicamente emarginato e abbandonato. Cosa fare - a me così viene da interpretare senso e messaggio del libro di Franco Maldonato - se non riprendere il filo del ragionamento, il messaggio, l'impegno appassionato di quelli che allora, a causa della loro lotta indomita, hanno avuto la testa mozza? E come rendere loro omaggio e risarcimento se non facendo funzionare, al servizio dello sviluppo, della libertà e della migliore storia del Sud, la testa nostra? Altrimenti, come possiamo pensare di poter essere eredi alla loro altezza?     

Franco Maldonato, scrivendo questo libro generoso, di ciò che racconta di eroico e glorioso, per quanto tragico, si  mostra erede degno.

Una postilla sul linguaggio e sul gioco ricchissimo di trame su cui «Teste mozze» è costruito. Sul primo devo confessare di essermi all'inizio trovato un pò spiazzato, stante la scelta dell'autore di aderire mimeticamente al linguaggio dell'epoca. Ma poi ne ho apprezzato la funzione evocativa dell'atmosfera d'ambiente così efficacemente ricostruita. Siamo noi che leggiamo a sentirci contemporanei di Costabile Carducci e degli altri personaggi. Che si muovono sulla scena del racconto con una vividezza psicologica e uno spessore umano di una toccante verosimiglianza.

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