Vacanze al Sud.   Un torneo di calcetto, lo Svimez e le sue campane a morto.

Sono cinque squadre di ragazzi, vengono dalle diverse frazioni della costa di Maratea.  Si alternano la sera al campo di Ivano nelle gare del torneo di calcetto in onore di Filippo, che se n’è andato tre anni fa in un incidente d’auto. Pur di dare un saluto all’amico prematuramente scomparso, i ragazzi di Acquafredda, a calcio non così esperti, accettano di sottoporsi a un vero e proprio massacro. L’altra sera la partita è finita con un punteggio stratosferico: 27 a zero! Ma non per questo motivazione e accanimento nel gioco difettano. Filippo era un giocatore di calcio assiduo. Anche a prenderle sode come succede in questo torneo, la consapevolezza che lo si fa in suo ricordo basta e avanza.

Alla partita partecipa festosa l’intera  comunità. Ci sono bimbetti che scorazzano e rotolano instancabili sull’erba che costeggia il campetto, e le loro mamme li covano con le scocche rosse e gli occhi orgogliosi poco lontano. Le ragazze - amiche, sorelle o fidanzate dei giocatori - si alternano in grida e cori di esultanza, incoraggiamento o scoramento, a seconda di come evolve la partita.  C’è chi arriva spetazzando in motorino con grandi borse gonfie di birre che sollecito distribuisce. Sulla rete di recinzione del campo, su un grande lenzuolo, campeggia la scritta:   Ricordando Filippo.

L’aria notturna è fresca e leggera, una bimbetta vicina a me, grassottella e rosea come un prosciutto appeso a sua madre, che invece è alta, asciutta e sottile come un palo, riceve come una  minuscola Madame de Pompadour gli omaggi degli estimatori in fila. Le maglie di gioco della squadra locale spiccano per un rosa violetto su cui ramifica un indecifrabile disegno. La mamma della bimba prosciuttina mi confida che il disegno in origine non è stato voluto, ma è il risultato involontario di un lavaggio con eccesso di varechina. Le cose di maggior successo sono spesso frutto del caso. Basta non perdersi di coraggio e inventarsi a sostegno un felice concorso di circostanze.

Poi arriva volteggiando su vertiginosi tacchi una ragazza, che tu dici: ma è il mio vecchio amico tornato ai suoi migliori sedici anni che, travestito,  mi vuole combinare uno scherzo! E invece è la nipote:  e ti rendi conto di come l’ereditarietà e la vita, sotto rinnovate spoglie, continuano a riproporsi  al meglio.

Un ragazzo del luogo cui confido il rammarico per la scarsa capacità di gioco degli acquafreddari,  protesta e sbotta che la squadra si forma solo d’estate, metà degli effettivi essendo d’inverno lontani per studio o lavoro. Quando mai potrebbero allenarsi regolarmente?  Convengo e mi azzittisco pensoso.

Poi arriva il Rapporto Svimez a confermare il drammatico crollo dei dati economici che riguardano il Sud d’Italia: una famiglia su tre è a rischio di povertà assoluta. Ma è proprio questo che costringe la parte migliore dei giovani ad andarsene per ricavare un pezzo di reddito, contribuendo così ad arricchire le regioni del Nord… Anche Filippo se n’era andato a lavorare vicino a Ferrara. Perché qui, se non un paio di mesi d’estate, non c’è  possibilità di lavoro. Costretto ad andartene, arriva poi la morte a sorprenderti la notte, a una curva lontano da casa.

Dopo la partita,  ho incrociato davanti al bar qualcuno che legge  ciò che scrivo sulle gazzette, e d’impeto dissente – specialmente su Francesco Saverio Nitti: per  lui un criminale traditore (il “cagoia”, come artisticamente lo insultava D’annunzio). E io devo subire, e pensare: forse, rispetto all’attuale silenzio che perdura sulla destinazione di Villa Nitti, perfino qualcuno che ad alta voce in pubblico insulta il grande statista di Melfi è sempre meglio di niente.

Poi, nel cortiletto di casa, incrocio la famigliola di olandesi biondi e cortesi che pernotta nelle vicine camere del bed and breakfast: e si effondono in mille elogi sull’aria profumata e fina, il silenzio, il grido di notte della civetta e il canto del gallo di prima mattina. Roba  genuina che loro, ad Arnheim, in Olanda, manco avrebbero  immaginato possibile.

Filippo morto lontano da casa; i suoi amici che lo festeggiano giocando e perdendo catastroficamente a calcetto;  l’intero paese che assiste facendo comunque il tifo; lo Svimez che  snocciola i suoi dati che sembrano spilloni che trafiggono; Nitti, i suoi pervicaci detrattori, le mura della sua villa perennemente in mano ai muratori; gli olandesi  strabiliati della bellezza dei luoghi:  qui la vita imperterrita continua rinnovando l’antica bellezza dello zio nella nipote, lo splendore di oleandri e rose,  le rovine  e i rovi.

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