Vacanze al Sud. Generazioni. I trentenni.

I trentenni hanno lingua e parlantina sciolte, sempre pronte la canna da fumare e la voglia di fare. Proclamano di voler conquistare il mondo, ma il fiato già arranca, la pancia è gonfia, e il coraggio di rischiare un po’ manca. I quarantenni, loro  fratelli maggiori, hanno l’aria più assennata e seria, tengono famiglia, il mutuo da pagare della casa. Anche i trentenni spesso hanno già figli e compagna, accanto o sparsi per il mondo, e molti altri da scoprire e amare. Ma la loro energia è ancora presa dal sogno di arricchirsi e conquistare. Ecco, diciamo che mentre i quarantenni pigiano tenaci  i pedali su una strada che è ormai quella, precisa e in salita, i figli accanto da far crescere e moglie – o marito – tanto cari ma già da sopportare, i trentenni ancora smaniano alle prese con un passaggio di mezzo, un futuro che non è ancora deciso, la voglia e la sensazione di poter fare tutto, ma un presentimento che da realizzare e conquistare c’è in realtà ben poco.

I trentenni smaniano e scalpitano e si impennano e parlano a voce esageratamente alta, cozzano e si interrompono schiumanti come se lo spazio e la scena non bastassero. Si vivono il limite e l’ostacolo come intollerabile rifiuto: ohibò, ma come si permettono! Esibiscono il massimo sfoggio di muscolatura cazzuta e dentatura puntuta, narrano gesta di battaglie omeriche e di imprese inaudite: sembrano reduci dai bastioni di Orione come eroi di Blade Runner. E però, in tanto sfavillante tumulto, ti accorgi che in un angolo del loro desiderante occhio, accucciato e con lo sguardo spaventato c’è un bambino annichilito. Il mondo che loro stentorei dichiarano di avere soggiogato, non era poi così meritevole e saporito. Qualcosa di oscuro e duro gli è andato per traverso, come se il loro amore di sé e del mondo fosse stato irrimediabilmente ferito.

I trentenni ricordano un po’ i reduci di guerra, gli scampati della ritirata dalla Russia che ora mostrano fieri le medaglie e i trofei, i segni dei colpi subiti. Non lo dicono, sono troppo orgogliosi: ma sotto sotto intuisci che se potessero crollerebbero abbracciandoti disperati.

I  trentenni che tornano per le vacanze al paese, come da copione sulla scena recitano la parte del miles gloriosus, ma in realtà si chiedono se, in fondo, ne valeva la pena. Perché l’unica cosa di cui hanno certezza piena è che là fuori, in quel mondo sporco e grandioso, hanno per ora sicuramente perso l’innocenza, unico bene prezioso.

I trentenni sono partiti e andati via perdendosi una parte del meglio e accumulando solo nostalgia. Fuori hanno scoperto che l’abbondanza ha meno sapore della peggiore carestia.

(Poi la mattina Eduardo mi tiene sotto il sole un’ora per lamentarsi che nelle feste pubbliche Besame mucho non gliela fanno più cantare. Smania e si agita e protesta che non è giusto, che il suo curriculum è di assoluto rilievo e prestigio, e che sa cantare meglio di tanti ragazzotti che si improvvisano artisti. E gli chiedi l’età, e lui risponde, abbassando un po’ la voce, che da un po’ di tempo ha superato gli ottanta. E allora consolato ti dici che per i trentenni, per vantare conquiste e lamentarsi della scoperta della loro povertà e inconsistenza, c’è ancora in abbondanza tempo e speranza).

Indice