Vacanze al Sud

Un torneo di calcetto…

Lo spettacolo e il tifo per i mondiali in corso in Sud Africa hanno evidentemente incendiato le polveri dell’agonismo. Chiunque si trovi a giocare su un campetto di paese in qualche locale torneo di calcio si sente addosso il brusio adorante delle vuvuzelas e gli occhi del mondo. Ogni attacco palla al piede sembra un assalto alla baionetta, ogni tiro una cannonata, ogni scontro fisico una rissa epica. Le grida non sono di agonistica tenzone, ma secche e sparate come fucilate. I tiri in porta sono siluri e missili lanciati per espugnare e annientare ogni resistenza. Concentrato in relativamente scarso spazio, in cui anche il guizzo  e una frazione di secondo possono determinare il risultato, quello che viene messo in scena in una banale partita di calcetto è quanto di più possibile vicino a uno scontro militare. Fisicità, forza,  prestanza, supremazia conquistata con balzi di rapidità e vigoria, nel calcio è il corpo maschile il bellicoso protagonista. Pur senza arrivare al sangue – ma ci si arriva molto vicini – una partita di un  torneo di calcio a eliminazione diretta, con il pubblico che fa un tifo infernale e aizza e istiga, è quanto più vicino agli scontri tra gladiatori nell’antica Roma.

… e un saggio di danza

Mentre i giovani uomini si affrontano in mutande tra clamori e clangori di arrembante agonismo, poco lontano, su un palco sul lungomare,  ragazze e bambine sculettano alla grande. E’ il saggio di fine anno di una locale scuola di danza,  le ballerine di tutte le età – dai sei ai quindici anni – si intrecciano e alternano a frotte e folate. Quello che colpisce è che tutte ripetono zelanti, con maggiore o minore abilità, lo stesso identico tipo di mosse: ancheggiano, saltellano, sculettano così come oramai in ogni trasmissione di intrattenimento televisivo siamo abituati a vedere. Se mi trovassi in presenza di una mia figlia che in pubblico sculetta come un’oca tarantolata  e giuliva, giuro che mi vergognerei per me e per lei come un cane in chiesa. Trovo esecrabile che la bellezza e la grazia del corpo di una fanciullina siano ridotte allo stereotipo e al cliché estetico di televisive mossette cretine.  Genitori e parenti in platea sono invece estaticamente rapiti nel riprendere e fotografare le loro zompanti creature. Ma sul palco non c’è grazia né armonia e neppure vera allegria. Sulla spinta di una anfetaminica e sgraziata colonna sonora alla Lady Gaga, bamboline e bambolone mostrano natiche e polpe a comando come una mandria di papere invasate. Se quella è immagine di femminilità seduttiva, viene voglia di farsi monaci e chiudersi in convento.

D’altra parte, in assenza di qualsiasi sbocco, spazio o approdo, di un futuro, un destino e un lavoro, di una vita con qualche progetto sensato, come volete che i giovani maschi del Sud non si scaraventino a corpo morto nel calcio, e le ragazze non si affannino con le chiome e le natiche a percuotere il vuoto?

Poi ho mangiato una zuppa di pesce squisito in un ristorante sul lungo mare. Accanto al mio, un tavolo intorno al quale stavano sedute tre coppie adulte e una sola bambina di tre anni. Gli adulti chiacchieravano tra di loro del più e meno, la bambina, per farsi sentire, ogni trenta secondi emetteva nell’indifferenza generale un grido acutissimo e straziante. Per farla zittire, gli adulti che hanno ordinato per sé ottimo pesce, alla bambina hanno rifilato hamburger, patatine fritte e coca cola. E poi ci si chiede perché si vedono circolare quantità industriali di ragazzini e ragazzine obesi.

A mezzanotte superata,  mi sono fatto a piedi i sette chilometri da Sapri ad Acquafredda, e sotto il cielo stellato e un mare fiorito di lampare, scoramento e collera mi sono sbolliti.

Una festa risorgimentale

Diversa la rappresentazione messa in scena la sera prima sul palco della piazzetta della chiesa di Acquafredda di Maratea. Istruiti e diretti dalla loro maestra, una quindicina di bambine e bambini, ragazze e ragazzi, hanno contribuito da soli o in gruppo a raccontare la storia di Costabile Carducci, partito nel luglio del 1848 dalle coste calabre e costretto a sbarcare al porticello di Acquafredda, e lì assalito,  imprigionato e poi ucciso da un gruppo di contadini capitanati dal prete borbonico di Sapri don Vincenzo Peluso. Con immedesimazione intensa, con dizione efficacemente  scandita, alternandosi e raggruppandosi ai microfoni,  bambini e ragazzi hanno trasmesso alle persone raccolte in centinaia sotto il palco il senso vero di una drammatica meridionale, risorgimentale storia. Poi, insieme ad altri, sono intervenuto anch’io, e in buona sostanza ho detto che i valori di libertà e democrazia, alla base del cammino verso l’unità nazionale,  per i quali si è battuto ed è morto Costabile Carducci il 4 luglio di 162 anni fa, non sono affatto diversi da quelli per cui hanno combattuto e sono morti i partigiani antifascisti nel 1944-45, e neppure, più recentemente, sono diverse le ragioni per cui sono morti tanti magistrati e giornalisti. Tratti portanti e linee costituzionali di questo nostro Paese sono diventati tali grazie al sangue versato da persone che hanno dato senso e continuità al nostro  vivere insieme come nazione libera e democratica. Contro ogni forma di oppressione, prepotenza, dispotismo e ingiustizia: da quelli borbonici di allora, a quelli del fascismo dopo, a quelli del regime berlusconiano oggi. A me interessa – ho ribadito e concluso il mio intervento – sentire Costabile Carducci mio consonante e affine oggi, piuttosto che celebrarlo con lo sguardo rivolto all’indietro. E chiedermi cosa farebbe lui, se fosse vivo e presente qui e ora con noi: e cosa, se non il fare insieme comunità intorno a valori di democrazia, solidarietà, giustizia e libertà come stiamo facendo noi questa sera?

Le persone presenti hanno capito benissimo e approvato. Poi abbiamo mangiato, bevuto e ballato tutti insieme tarante e tarantelle. E alle due di notte abbiamo smontato il tutto, raccolto e pulito. Il costo complessivo della serata, tra palco e attrezzature affittate, compenso ai musicanti e bevande e cibo, è stato di mille euro, tutti raccolti dal pubblico partecipante attraverso sottoscrizioni e doni. Nessun contributo finanziario istituzionale è stato percepito, e anche questo ha confermato che la festa era stata realmente sentita e di tutti – e che nessun cialtrone, secondo la sciagurata definizione di un ministro di questa nostra Repubblica, ha sperperato o male speso.

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