Qualche parola sul quarantennale oblio in cui versa Villa Nitti

in Acquafredda di Maratea

Ricorre il 40mo anno da quando la Regione Basilicata - 1974, presidente Vincenzo Verrastro - acquistò dagli eredi di Francesco Saverio Nitti, meridionalista, statista ed europeista lucano, la Villa da lui fatta costruire a cavallo degli anni Venti del secolo scorso sul ciglio della costa di Acquafredda di Maratea. Dopo quarantanni dal suo acquisto da parte della Regione, la Villa rimane inutilizzata e vuota, e la figlia di Verrastro, senza alcun dubbio animata dalle migliori intenzioni, ne ha qualche anno fa ricordato un precedente anniversario con un saggio scritto, insieme ad altri, con lo sguardo pensosamente rivolto al passato. Infatti, di una speranza di utilizzo a breve di un bene architettonico, paesaggistico e storico tanto prezioso non si dice praticamente nulla.

Anche Filippo Bubbico, presidente della Basilicata dal 2000 al 2005, e attualmente viceministro nel Governo Renzi, nella sua introduzione al saggio, pur con mille parole belle e condivisibili, sul destino futuro della Villa non fa parola. Legittimando così il sospetto che, di celebrazione in commemorazione, per la vuota e muta Villa Nitti di Acquafredda di anni ne passeranno ancora chissà quanti.

Villa Nitti è stata Villa del Pensiero fin che ha ospitato operosi Francesco Saverio e il nipote Gian Paolo. Poi è diventata eterno cantiere di un pensiero speculativo piccino che gira a vuoto rosicchiando come un tarlo.

Anni fa, sembra passato un secolo, ho immaginato di esservi accolto dallottantenne vegliardo Francesco Saverio, del cui pensiero e opere ero rimasto affascinato, per intervistarlo facendomi raccontare le sue gesta, e ne ho riportato il ricco racconto così raccontato in un libretto. E pure sulla purtroppo breve vita di Gian Paolo, osando identificarmi e raccontandola in prima persona, ho scritto una biografia romanzata.

Ho conosciuto un tentativo di utilizzo concreto della Villa allinizio degli anni Ottanta, quando ho abitato in quel di Acquafredda insieme a Cecilia. Con agli amici del luogo organizzammo convegni, riunioni e feste per trascorrere con i bambini destate in allegria serate e domeniche. Nella Villa entrò allora liberamente il popolo per ammirare e godere di tanta bellezza. Fu una profanazione? Forse. Sempre meglio della successiva costante presenza di imprese edili inconcludentemente allopera. Dispiace che anche il Collegio Scuola di Fiumicello, che ha ospitato per decenni centinaia di bambini lucani orfani, ospiti oggi la sola locale Stazione dei Carabinieri. Quando risorse così importanti vengono sciupate,vuol dire che non solo non sono state intelligentemente valorizzate, ma che sono finite, ahimé, in mani inadeguate.

Nel suo "Meditazioni e Ricordi" Francesco Saverio Nitti scrive: La vera saggezza è nel pensare da pessimista - perché la natura delle cose è crudele e ingiusta, e la illusione è debolezza; ma, nella vita pratica e nella misura del possibile, agire da ottimista - perché nessuna energia, nessuno sforzo di bontà e di amore vanno mai del tutto perduti. Ma quel suo non del tutto perduti, per quanto può nel tempo protrarsi?

P.S. E se i Nitti, nonno e nipote, fossero stati fin dallinizio per Maratea un corpo estraneo? E se Maratea, proprio perché città delle 44 chiese e di San Biagio, verso i Nitti laici, antifascisti, repubblicani, antidemocristiani, filo castristi e amici dei comunisti avesse da sempre e ancora oggi un sentimento di estraneità e rifiuto? Volete mettere: Villa Nitti potrebbe oggi essere un ottimo albergo di lusso, una foresteria per i funzionari regionali e i politici, un centro formazione e congressi con saune e piscine per gli ozi dei ricchi. Ma siccome è stata inventata ed eletta loro dimora dai Nitti, per la cultura dominante dei gruppi dirigenti locali è considerata monolite caduto dal cielo, buco nero, casa del diavolo. Sono gratuitamente provocatorio? A Maratea, il Santavenere. la costa degli Illicini, la Torre Saracena, eredità dei Rivetti, sono stati valorizzati e integrati nel territorio. Invece, il Collegio Scuola di Fiumicello, regno degli orfani poverelli, e Villa Nitti, dimora del libero pensiero democratico, antifascista e colto, nei fatti rimangono per le classi dirigenti locali luoghi impraticabili. Vengono rimossi, o non vengono proprio considerati. Qualcuno mi proponga a spiegazione una chiave di lettura migliore - oppure che si proceda a vendere il tutto ai miliardari russi o ai cinesi. Sempre meglio che fingere che quei luoghi storici non esistano. Ma anche per fare questo ci vuole coraggio, perché ci si espone alle polemiche, alle critiche, al rischio.

  Insomma: che dire di una famiglia che tiene in casa da quarantanni imbalsamato su un catafalco un suo caro estinto, e potrebbe, se volesse, resuscitarlo, ma preferisce commemorarlo scrivendo su di lui un libro ogni qualche decennio? Perché, ad esempio, non fare della Villa un Centro Studi collegato alle Università di Potenza, Salerno e Cosenza, che svolga le sue indagini conoscitive e riflessive sulle cause del declino anche demografico del Sud, e su come questo solleciti la necessità di politiche di accoglienza e integrazione dei nuovi crescenti flussi di migranti? Oppure, istituendo lungo le acque costiere di Maratea la Riserva Marina, si utilizzasse la Villa come sede di un osservatorio legato alla evoluzione delle attività della Riserva stessa? O infine, con una visione di cui è portatore Oscar Farinetti patron di EatItaly, e che personalmente poco condivido, sede di un progetto sul come trasformare le località turisticamente più appetibili delle regioni del Sud in sontuose Sharm El Sheik destinate alle esigenze della nuova borghesia mondiale ascendente e ricca? Chi non agisce, inesorabilmente è destinato a commemorare. Peggio ancora quando le commemorazioni inducono al sospetto che servano a occultare linerzia e lincapacità a decidere.

  La quanti nei gruppi dirigenti di Maratea e Potenza considerano realmente Francesco Saverio Nitti e il nipote Gian Paolo pezzi importanti e irrinunciabili della propria identità storica, e quanto invece degli intrusi minacciosi?

Gian Carlo Marchesini

Indice