Quando se ne va un vecchio e caro amico.

Ieri ho dato il mio saluto finale a Marcello Cini, insieme a centinaia di altri suoi discepoli e sodali, al cimitero acattolico accanto alla Piramide, pigiati dentro e agli ingressi di uno dei suoi tempietti. Il grande fisico (filosofo della Natura, come più precisamente è stato definito), ha concluso il suo percorso in vita a 89 anni, lucido fino a qualche giorno prima della sua fine. Era conosciuto e apprezzato per la vivacità e la vitalità del pensiero (L’ape e l’architetto. Paradigmi scientifici e materialismo storico : “la struttura del pensiero scientifico di un contesto sociale storico è espressione della struttura dell’ideologia dominante in quel periodo”), al punto che nessuno quasi si aspettava più che se ne sarebbe pure lui andato.

La scomparsa di persone eccezionali per le qualità loro proprie lascia a volte inquieti e come tramortiti, così come invece per altri la notizia della morte arriva quando già da tempo la loro presenza non si notava. Il contatto e la vista di Marcello definitivamente immobile dentro la bara lasciava ieri tutti noi attoniti e perfino un po’ increduli .

Ho visto – in un vasto gruppo di età media sui settanta – il fior fiore degli ambientalisti e degli scienziati fisici e antinuclearisti, e di alcuni ancora vivi e vegeti del gruppo che nel 1970 fondò Il manifesto. Al microfono, a portare il proprio affettuoso omaggio e ricordo, si sono avvicendati il figlio Daniele, regista di cinema, e poi Elena Gagliasso, filosofa ed epistemologa, Marco D’Eramo, saggista e giornalista, Gianni Mattioli e Vittorio Cogliati Dezza in rappresentanza del mondo ambientalista, Luciana Castellina, del gruppo dei comunisti eretici espulsi quaranta e più anni fa dal Partito comunista. E infine, in rappresentanza del Circolo Bateson di cui Cini è stato fondatore e animatore, Rosalba Conserva.

Io mi sono commosso specialmente ascoltando le parole della moglie, del figlio e di una nipote. Sapete, quando capita di partecipare alle esequie di vecchi e cari amici, ad ascoltare le testimonianze dei famigliari ci si immedesima a tal punto che si ha come la sensazione di un preavviso. E si pensa perfino: ecco, fatte tutte le necessarie differenze, qualcuna di queste cose che ascolto, magari con una analoga intensità dolente, forse saranno pronunciate anche dai miei per trattenermi nel ricordo ancora per un poco.

Marcello anni fa ha scritto una splendida postfazione a un mio libro di analisi molto severa sul funzionamento del romano Liceo Tasso. E mi ha fatto il regalo di presentare un mio saggio sulla globalizzazione al Circolo culturale di Monte Sacro. Mi ricordo che quella sera è arrivato guidando la sua macchina sotto un diluvio, era raffreddatissimo, eppure non solo non si è sottratto, ma si è anzi fino alla fine generosamente speso. Ha tenuto botta tossicchiando e starnutendo, eppure non ha smesso un attimo il suo intervento e il suo sorriso. Anche per questo, tra i tanti che l’hanno conosciuto, mi ritengo privilegiato.

Alla cerimonia del commiato ovviamente non c’erano preti, incensi, acqua santa, preci e pie invocazioni al paradiso dei santi. Eravamo tutti laici, atei e comunisti. E, devo dire, la gran parte di noi così carichi in viso di rughe e il corpo di oltraggi e acciacchi, da apparire nell’insieme, a chi fosse passato di lì, una congrega di gloriosi sopravvissuti. I giovani si contavano sulle dita di una mano – un trentenne accanto a me piangeva sconsolato come un vitello sgozzato -, i mezz’età erano una esigua minoranza, la grande maggioranza essendo collocata oltre i settanta. Ma quante storie intense narrate in quegli sguardi e quelle rughe, quante vibrazioni e passioni morali, intellettuali e politiche così a lungo esercitate e non ancora del tutto consumate e spente; e, tra quelle prodotte in questo Paese negli ultimi cinquant’anni, le più temerarie, sanamente trasgressive e rivoluzionarie. Marcello Cini, con il suo pensiero acuminato, il suo pungente e ironico sorriso nello sguardo cilestrino, anche questa volta ci aveva preceduti.

E poi, alla fine, ho anche pensato: eccoci qui, in centinaia uniti anche senza tra di noi conoscerci bene tutti, vecchi inaspettatamente orfani a testimoniare quanto Marcello Cini sia stato per tanti maestro e padre.

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