SINOSSI

Questa storia nasce dal mare.

Dal mare cobalto quando la superficie dellĠacqua  stracciata da strisce azzurrine. ÒQuando il mare fa le vie nuove il tempo si guastaÓ, si dice a Maratea.

Vie nuove  un racconto che parla di come un incontro inaspettato possa cambiarci lĠanimo. Non ci sono grandi valori in gioco, ma solo le piccole cose semplici della vita. Come un bacio rubato o una giornata di sole inattesa.

Biagio ha il cuore duro come la pelle delle sue mani, quelle logorate dal lavoro, dalla sopravvivenza. Ha un compito da portare a termine nonostante le nuvole nere sopra la sua testa e le vie nuove sotto, a mare. Chi o casa incontrerˆ lungo il suo cammino?

 

VIE NUOVE

 

Sin da bambino, Biagio aveva una vista acutissima. Seduto sulle rocce lisce del monte che da sempre era la sua casa, riusciva a vedere le lampare che rientravano in porto.

Lontane, immerse nel mare scuro dove si specchiava ancora la luna col suo riflesso di perla, ne distingueva le luci gialle.

Ma quella mattina sulla superficie del mare, Biagio colse anche delle strisce sottili, bianche, che striavano opache la massa dĠacqua tuttĠintorno. Non erano le scie lasciate dalle lampare, ma delle vie lunghe e sottili. Generate dal cambiamento delle correnti, si intrecciavano piatte senza promettere nulla di buono.

Si guasta il tempo.

Era stato suo padre a insegnarglielo, che quando il mare fa le vie nuove, il tempo si guasta e arriva la tempesta.

Con lĠocchio che si stringeva alla luce azzurra dellĠalba, si alz˜ dalle rocce per far ritorno verso casa.

Apr“ piano la porta per non far rumore sperando di trovarla ancora infagottata in mezzo alle coperte, i capelli sparsi sul cuscino. Gli piaceva baciarla quando era ancora addormentata, quando non avrebbe potuto accorgersene.

Aveva sempre paura di sembrare troppo tenero Biagio.

Bast˜ spostare la porta di un centimetro e lo investirono uno sfrigolare di grasso e un tramest“o di cocci. Giˆ sveglia anche lei, vicino al camino, la moglie sorrise senza guardarlo.

PerchŽ ti sei alzata?

PerchŽ saresti andato via senza fare colazione.

Disse la donna continuando a sorridere. Biagio richiuse la porta e and˜ a sedersi di fronte a lei, al calore del camino, dove lo aspettava un piatto con una fetta di formaggio arrostito e quattro castagne morbide, giˆ sbucciate. Allung˜ le braccia sentendosi allĠimprovviso con lo stomaco vuoto, la moglie fece per passarglielo ma si ferm˜.

Aspetta!

E and˜ col piatto verso la vecchia credenza a cui mancava uno sportello e tir˜ fuori un barattolo da cui fece colare una lingua di miele sulla fetta di formaggio.

Mi vuoi far addormentare per strada?

Le disse. Lei gli porse il piatto completato e riprese posto di fronte al marito.

Ti servono energie. Cos“ arrivi alla Madonna della Pietˆ?

Gli rispose, sempre con quel suo sorriso colorato che Biagio non aveva mai saputo contraccambiare. Era fatto cos“, il carattere brutto delle pietre della sua montagna.

LĠhai fatto bere il mulo?

Gli chiese e Biagio annu“ senza staccare la faccia dal piatto.

Lei si alz˜ e gli diede una carezza sulla nuca alla quale Biagio rispose addentando lĠultima castagna dopo di che usc“ fuori per sellare il mulo.

   

Lo aveva comprato che era ancora piccolo, ma non gli aveva mai dato un nome. Non gli voleva bene in veritˆ. Le bisacce, erano sempre troppo grosse rispetto alle robbe da metterci dentro, perci˜, col tempo, Biagio era messo in testa che gli portava sfortuna. Non aveva i soldi per comprarne un altro e allora quel poco che cĠera, se lo faceva bastare per venderlo.

 

Ma da qualche tempo aveva preso accordi con i frati cappuccini del paese che gli avevano offerto un ingaggio. Una volta ogni due mesi, avrebbero mandato delle robbe ad un loro confratello che, per curare lo spirito, si era ritirato su un eremo. Una vecchissima costruzione di pietra eretta sul costone di una montagna cos“ brulla che nemmeno le serpi in estate ci vivevano. Si chiamava Madonna della pietˆ ed era lontano da tutto e da tutti tanto che pochi avevano il coraggio di spingersi fin lˆ. Biagio aveva il compito di fare da corriere, avrebbe portato allĠeremita quello che i frati gli comandavano e in cambio avrebbe ricevuto un compenso.

Ma la strada era lunga, una volta percorso il pendio della montagna lungo cui si trovava casa sua, bisognava scendere a valle, fermarsi al monastero dei frati per il rifornimento e poi attraversare il paese. Solo dopo una lunga scalinata per uscirne, era possibile imboccare il sentiero per raggiungere lĠeremo. Un solco strettissimo, appuntito e cattivo, tracciato nella roccia grigia a picco sul mare.

 

Mentre Biagio agganciava le bisacce alla sella del mulo, la moglie gli and˜ incontro porgendogli una borraccia e un fagottino con un pezzo di pane, la testa di un caciocavallo e il barattolino col resto del miele.

Il miele, disse lei, regalalo allĠeremita.

A Biagio non importava dellĠeremita, aveva accettato quel lavoro solo per il guadagno ed era geloso delle sue cose, soprattutto quelle da mangiare. Riuscivano a malapena a nutrirsi di qualcosa di buono, il miele era troppo prezioso.

Rimettilo dentro, fa pi bene a noi.

Disse allontanandola con una mano.

Portaglielo ti dico. Cos“ in cambio farˆ una preghiera per noi.

La moglie gli porse di nuovo il barattolino e cerc˜ le sue labbra per dargli il bacio che Biagio non ricambiava mai.

Ahh che brutto carattere!

Disse lei ridendo e Biagio dentro si sciolse. Lei lo sapeva, ma non disse niente. Come sempre. Lui, in silenzio, mise il miele in una delle bisacce, diede un brusco strattone alle redini del mulo che sembr˜ risvegliarsi da un brutto sogno, e partirono.

Stai attento!

Gli url˜ dietro la donna e lui la salut˜ senza voltarsi, agitando una mano in aria.

 

Lampare che entravano non se ne vedevano pi. Il sole ormai era sorto, tingendo dĠazzurro il mare e Biagio bestemmi˜. PerchŽ le vie che solo pochi minuti prima solcavano opache la superficie dellĠacqua, ora erano diventate pi nitide e pi numerose.

Se ci piglia la pioggia ti meno.

Disse al mulo.

Raggiunsero il monastero, entrambi carichi dei peggiori propositi, e vi trovarono allĠingresso un fraticello con dei libri tra le braccia e due piccoli fagotti ai piedi.

Ecco i libri, disse con una voce da topo, e ricordati di farti dare quelli che ha giˆ letto.

E gli porse cinque grossi libri, fitti di pagine, legati uno sopra lĠaltro con un cinturino e i due fagotti, leggerissimi.

Solo erbe per un po' di minestra, per il nostro fratello. I piaceri della tavola distolgono dalla preghiera.

Ci tenne a spiegare il frate. Biagio si limit˜ ad annuire e a caricare il mulo in silenzio. Mentre stava per ripartire, ricevette due monete e parola che al suo ritorno i frati gli avrebbero fatto trovare due bei polli giˆ puliti, un cesto di mele e un litro di vino.

Il signore ti accompagni, lo benedisse il frate.

Biagio, senza voltarsi, stratton˜ il mulo che sembrava avere le zampe di piombo quella mattina e, rimettendosi in cammino, volt˜ uno sguardo rabbioso verso il mare.

 

Delle nuvole, infatti, avevano giˆ preso posto di fronte al sole. Attravers˜ velocemente il paese e prese la scalinata che conduceva allĠimbocco del sentiero per lĠeremo. Appena il mulo sal“ il primo gradone, inizi˜ a fare dei versi strani, come un lamento.

Ah capriccioso! Ya Ya!

Biagio lo colp“ sul di dietro con un calcio ma quello, immobile, continuava a lamentarsi.

Cammina!

Un altro calcio. Ma il mulo testardo non sal“ un gradone di pi. Allora gli afferr˜ le orecchie e inizi˜ a tirare, quando ad un tratto, sent“ qualcuno piangere. Era un suono sommesso, strozzato. Biagio lasci˜ il mulo e sal“ le scale verso quel suono. Arriv˜ fino ad uno spiazzo, ma non cĠera nessuno. Si guard˜ intorno a lungo seguendo quel pianto, finch vide un bambino. La testa tra le ginocchia, piangeva piano piano, come se non volesse farsi sentire. Si era rannicchiato fino a diventare talmente piccolo, che Biagio non aveva capito subito si trattasse di un essere umano, tanto meno un bambino. Poteva avere s“ e no sei anni.

Chiam˜ aiuto. Grid˜ verso il vuoto che l“ cĠera un bambino che piangeva, chiese se ci fossero i genitori nei paraggi, se lo conoscevano. Ma niente. Nel grande spiazzo deserto nessuno rispose. Sembrava che il paese si fosse svuotato di colpo. Biagio, le mani logore e ruvide del lavoro, con tutta la delicatezza di cui erano capaci, sciolse il bimbo da quella posa. Il faccino sporco rigato di lacrime, aveva gli occhi pi strani che avesse mai visto. Uno azzurro e uno marrone.

Come ti chiami? Abiti qua?

Il bambino si strofin˜ gli occhi e fece di no con la testa.

I tuoi genitori?

I suoi occhi si riempirono di lacrime e fece ancora no.

No non piangere. Non ti preoccupareÉ adesso ti porto dai fratiÉ

Uno sguardo veloce al cielo bast˜ per fargli capire che era una pessima idea. Avrebbe perso troppo tempo per tornare indietro fino al monastero e poi riprendere la strada.

Io devo andare allĠeremo. Ma qua non ci abita nessunoÉnon ti posso lasciare quaÉ

Ho fame.

Disse il bambino.

 

Per convincere il mulo a muoversi, Biagio credette che sarebbero bastati tre calci, ma in fine ci volle anche un po' di miele. Il bambino in sella che sgranocchiava la testa del caciocavallo, ripartirono verso lĠeremo.

Non poteva lasciarlo lˆ? Se gli fosse capitato qualcosa di brutto?

LĠavrebbe portato con sŽ, per poi lasciarlo dai frati sulla via di casa.

Il sentiero mostr˜ da subito tutta la sua cattiveria. In alcuni punti le pietre erano cos“ appuntite che bucavano le scarpe. Solo il mulo camminava spensierato e agile mentre Biagio bestemmiava ad ogni pietra che lo faceva barcollare. Il bambino stava zitto e mangiava. In quei suoi occhi colorati, per˜, cĠera qualcosa che Biagio non riusciva a spiegarsi. Erano spenti. Non erano gli occhi vispi dei bambini. Quelli che hanno quando stanno allĠaria aperta a cavallo di un mulo. Erano spenti.

Spenti come il cielo che ingrigiva. Le nuvole li inseguivano e le vie nuove che aveva visto allĠalba ora erano ancora pi bianche, schiarite dal cielo. Una tempesta era la cosa peggiore che avrebbe potuto verificarsi: quella lingua di sentiero, giˆ logorata da frane antiche, si sarebbe sgretolata in un istante con loro a percorrerla smuovendo terra.  

Non  buon segno. Lo sapevo che mi porti sfortuna!

Mastic˜ le parole tra i denti Biagio e diede un calcio allĠanimale.

Non lo picchiare.

Lo ammon“ il bambino. Non lo disse in tono agitato o spaventato, ma fermo, controllato.

Non ha fatto niente. PerchŽ lo picchi?

Biagio non sapeva cosa rispondere. Il bambino aveva parlato come un adulto. E adesso lo guardava dritto negli occhi con rimprovero.

Non sono fatti tuoi.

Gli rispose. Il bambino, serissimo, distolse lo sguardo e lo port˜ verso lĠorizzonte ancora chiaro e azzurro.

Non ti preoccupare. Tanto non si guasta il tempo.

E che ne sai tu? Non vedi quante vie nuove fa il mare? Viene a piovere ti dico ed  tutta colpa di sto mulo che porta malaugurio.

Non sempre il tempo si guasta, quando il mare fa le vie nuove.

 

Biagio, diffidente, stratton˜ la bestia e riprese a camminare.

E come  che ti chiami?

Chiese al bambino senza ottenere risposta, ma decise di non insistere. Era strano quel bambino che parlava come un adulto.

Non me lo ricordo.

Lo disse dopo un poĠ, come se realmente avesse pensato fino a qual momento.

Come non te lo ricordi?

Mio padre lo sapeva. Io non me lo ricordo.

E tuo padre dovĠ?

Non lo so. Forse  allĠeremo.

SullĠeremo ci vive solo il frate con i libri suoi, pens˜ Biagio, ma non lo disse per non dargli dispiacere.

 

Erano arrivati al tratto pi pericoloso. Il sentiero, ora nientĠaltro che una striscia pietrosa sottilissima, era a strapiombo sul mare. Il cielo tingeva le montagne di unĠombra bluastra che spinse Biagio ad accelerare il passo.

Era un cammino pericoloso, e bast˜ un piccolo passo falso. Biagio alz˜ la testa per guardare le montagne sopra di loro e tanto bast˜ a perdere lĠequilibrio. Subito. In un attimo non cĠerano pi le montagne, ma solo il mare chiaro sotto di lui. Non riusciva a respirare tanto meno a gridare. Cerc˜ di aggrapparsi a qualcosa, ma le mani strinsero lĠaria. Dur˜ tutto un attimo perchŽ ancor prima che se ne rendesse conto, era seduto a terra, al sicuro. Il mulo. Lo aveva afferrato da un lembo della giacca con i denti grossi e forti scaraventandolo sulla terra. La giacca glielĠaveva bucata, ma gli aveva salvato la vita. Non portava poi cos“ malaugurio.

MaÉ  stato il muloÉo sei stato tu?

Il bambino, calmo e pacato, mangi˜ lĠultimo bocconcino di caciocavallo e diede un buffetto sul collo dellĠanimale. Il mulo, al quale era rimasto ancora in groppa, fissava Biagio con lo sguardo triste. Quello senza colpa degli animali che conoscono molto bene il rumore dei calci del padrone. Ma stavolta non ne arriv˜ nessuno. Si alz˜, si scroll˜ un poĠ di terra da dosso e si perse nello sguardo dellĠanimale. LĠaveva salvato. Fece per accarezzarlo sul muso, ma quello si ritrasse e dentro Biagio qualcosa si sciolse, come un grosso nodo da traino nel petto che viene slegato. Si sentiva in colpa. Come si chiede scusa ad un animale? Non conosceva tanti modi di fare le cose, la sua era una vita semplice. Afferr˜ le redini avvicinandolo a sŽ e nonostante quello fece ancora resistenza, lo accarezz˜. Piano, dal naso fino allĠattaccatura delle orecchie dove il pelo era pi morbido e il mulo lo lasci˜ fare, godendosi quella carezza.

Cerc˜ lo sguardo azzurro e marrone del bambino che gli sorrise, e in silenzio ripartirono.

 

Il cielo sopra di loro ingrigiva e le vie nuove si definivano. Si alz˜ un venticello fresco che inizi˜ ad increspare di bianco il mare, ma Biagio non aveva pi voglia di correre, avrebbero proceduto adagio. Con pi calma.

Raggiunsero un tratto di sentiero ombroso e frusciante. Attraversava, infatti, un piccolo querceto profumato di muschio. Attorno a loro tutto rumoreggiava di frenesia vitale, in mezzo al terriccio e tra i rami degli alberi mossi dal vento. Il bambino, la testa reclinata allĠindietro, guardava in aria, come a cercare pezzi di cielo tra i rami intricati che gli scorrevano davanti agli occhi. Biagio lo imit˜, stupendosi di quanto fosse bello e di quanto fossero azzurri, quei pezzi di cielo.

Il bosco inizi˜ a diradarsi lasciando il posto al camminamento dellĠeremo.

Siamo quasi arrivati allĠeremo.

Annunci˜ Biagio.

Forse mio padre mi aspetta lˆ.

Rispose il bambino.

S“É pu˜ essere che  allĠeremo.

Gli alberi finirono e con loro il fruscio delle foglie. Davanti spuntava, bianca tra le rocce, la cupola del santuario. Biagio ferm˜ il mulo, prese la borraccia e bevve un lungo sorso dĠacqua.

ComĠ grande. Disse il bambino.

Che cosa?

Il mare. Da qua sembra attaccato al cielo.

Biagio aveva visto il mare tante volte dalla sua montagna. Ci giocava da lontano. Ma non si era mai fermato a guardare.

Il bambino aveva ragione. Mare e cielo si confondevano lĠuno nellĠaltro. Il vento si fece pi insistente e in breve spazz˜ via tutte le nuvole, lasciando il posto alla luce calda e gialla del sole. Pens˜ che era la cosa pi bella che esistesse. Il mare. Le vie che avevano imbianchito la superficie allĠinizio del loro cammino, si erano dissolte, sfumate nel soffio del vento.

Adesso lo ricordo come mi chiamoÉ

Biagio si volt˜ e rimase di sasso. Il bambino non cĠera pi. Il mulo impassibile. Nessun rumore. Solo il vento.

Forse  corso al santuarioÉ ma lĠavrei vistoÉ

 

Giunto al santuario dellĠeremo, Biagio trov˜ solo il frate che gli raccont˜ una storia. Quella di un bambino con un occhio azzurro e uno marrone, che un giorno aveva accompagnato il padre lass sullĠeremo e si sporse troppo per guardare il mare.

Povero bambino, disse al frate che lo ringrazi˜ e lo benedisse per il servizio prestatogli, dopo di che si rimise in cammino verso casa.

Ma allĠimprovviso non ricordava pi chi avesse mangiato la testa del caciocavalloÉ ricordava un bambino lungo la stradaÉma non ne era molto sicuro.

Per˜ di una cosa era certo e, arrivato a casa, avrebbe dato un bacio a sua moglie e glielĠavrebbe detto subito.

Che non sempre il tempo si guasta, quando il mare fa le vie nuove.

 

 

 

Maratea 01 dicembre 2018

Giulia Maestri

 

 

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