SINOSSI

EĠ tradizione marateota che nella notte di Natale, la magˆra insegni ad una sua protetta il metodo per Òfare lĠocchioÓ, ovvero togliere lĠocchiatura, il male attaccato.

Veronica, Erica e Melissa sono tre sorelle gemelle. Custodiscono un segreto da non rivelare a nessuno, anche se tutti in paese lo sanno che hanno ÒqualcosaÓ di diverso, di strano, ma buono. S“ perch le tre sorelle sanno scovare il male e scacciarlo. Il tempo, tuttavia, fa il suo corso e devono trovare in fretta qualcuno a cui insegnare il loro sapere...

 

Le tre sorelle

 

Veronica usc“ in veranda, prese posto sulla vecchia poltrona di vimini con i braccioli sfilacciati, e port˜ alla bocca la tazza di tisana fumante. Erica la raggiunse subito dopo con un pacchetto di biscotti scozzesi, ricchi di tutto ci˜ che dovevano evitare per il benessere delle loro coronarie stanche, e si sedette alla sua sinistra. Infine arriv˜ Melissa, una teiera di ferro smaltato blu in una mano e altre due tazze impilate nellĠaltra, che si accomod˜ alla sua destra. Nonostante fosse inverno il loro passatempo preferito, era stare l“ in veranda. Con le belle giornate il giardino brillava di colori, puntellato dellĠarancione delle calendule e del bianco dei ciclamini. Ma a dominarlo era un noce vecchio e alto, piantato l“ da sempre. Accendevano il fuoco nel grosso braciere di pietra e, con i piedi poggiati sul bordo, una copertina sulle gambe, osservavano il mondo.

CĠera molto da osservare. PerchŽ le tre sorelle avevano Òuna cosaÓ in comune, una cosa che sapevano usare e la usavano per fare il bene e questo aveva fatto guadagnare loro rispetto e da alcuni, timore anche.

Veronica, Erica e Melissa erano i loro nomi, ma per tutti in paese erano le tre sorelle. Gemelle. Donne particolari, a volte un po' strane, ma dalle fondamenta solide come quelle della casa in cui vivevano. Ci tenevano alla loro casa, l“ erano nate sotto i bombardamenti della seconda guerra mondiale e poi vi erano cresciute sole con la loro madre, vedova appena incinta.

Non avevano voluto sposarsi e non se ne pentivano. Non si erano mai poste nemmeno particolari domande sullaÉcosa che condividevano nŽ lĠavevano detto a qualcuno. Che non avrebbero dovuto dire a nessuno di preciso cosa sentissero, lo decisero subito insieme, erano bambine e bastarono tre sguardi appuntiti.

S“, perchŽ le tre sorelle potevano parlare per ore senza mai aver bisogno di aprire bocca. Potevano intuire il desiderio di una mosca che ronzava loro accanto, potevano sentire lĠarrivo di un temporale anche giorni prima e si divertivano a tagliare, con un gesto delle dita, le trombe dĠaria che si formavano in mare. Nemmeno con la madre ne avevano mai parlato, anche se le madri lo capiscono sempre quando i figli hanno qualcosa di stranoÉdi diversoÉma lei non chiedeva. Quando le bimbe per˜ le dicevano Òmamma non stendere i panni in giardino, pioverˆ!Ó anche se il cielo era sereno, lei si fidava. Qualcosa nei loro occhi le diceva che doveva ascoltarle.

Avevano un Sali e Tabacchi le tre sorelle, vendevano le sigarette ai ricchi e a qualche povero ogni tanto le regalavano. CĠera un bel via vai al mattino: chi i sigari chi le sigarette, per i giovani il tabacco con cartine e filtri, marche da bollo, superenalotto, gratta e vinci, bollette. Ma il pomeriggio, a bassa voce, iniziava un altro commercioÉ abbassavano la saracinesca e mangiavano qualcosa cotto da casa, poi toglievano il catenaccio dalla porta del retrobottega che dava su un vicolo cieco, e accendevano una lucina gialla.

Erano le donne che si rivolgevano a loro. PerchŽ alle donne spetta il compito di sciogliere i nodi e cucire i segreti, nutrire e custodire.

Fatemi lĠocchio per piacere, sono sicura che mĠhanno preso ad occhio al lavoro.

Vi ho portato un orecchino di mia figlia, fatele lĠocchio che  troppo bella e tutte me la invidiano.

Ah non le fate le fatture? No perchŽ cĠ una che sono sicura che ci prova con mio marito e allora le volevo proprio dare una lezione!

Qualcuno ce lĠaveva veramente lĠocchio, come lo chiamavano tutte, ma la maggior parte non ce lĠaveva affatto. Il male e la cattiveria, sono come delle piccole spine. Sottili e trasparenti, penetrano nella carne senza che ce ne accorgiamo e infettano, inesorabili. Veronica, Erica e Melissa, avevano imparato a scovarlo sin da piccole e avevano elaborato un modo tutto loro per scacciarlo.

Avevano bisogno di un oggetto che fosse appartenuto alla vittima dellĠocchiatura, ma doveva essere qualcosa che fosse stato a contatto diretto con il suo corpo: un indumento, un gioiello, un nastro per i capelli. Dopo di che si adoperavano 4 candele: 3 bianche e una nera. Le bianche per conservare la luce, la nera per intrappolarvi lĠocchiatura e bruciarla. Nella maggior parte dei casi bastava una sola seduta e non chiedevano molto in cambio, si accontentavano anche di essere pagate in natura, che so carne, uova, tonno sottĠolio, verdure fresche di stagione. Ma quando si trattava di occhiature forti, potevano volerci anche giorni e a quel punto il prezzo saliva.

Per anni portarono avanti quel commercio, ma spesso il bene lo facevano senza dire niente, anche a chi non lo chiedeva. Erano giovani, forti, tuttavia un giorno la vecchiaia le morse e continu˜ a rosicchiarle a piccoli bocconi.

Sono acciacchi, pensavano, mangiamo troppi biscotti, si dicevano. Finch videro la prima piuma di fronte alla porta di casa. Era una comune piuma di tortora, bella, con dei ciuffetti verdi e neri allĠattaccatura. AllĠinizio non si erano poste troppe domande a riguardo, una piuma pu˜ significare moltissime cose oppure nulla. Tuttavia nei mesi successivi le piume si fecero pi frequenti, addirittura dentro le mura della casa. Quando ne trovarono una ognuna ai piedi del proprio letto lo capirono: stavano per morire.

Non erano preoccupate o spaventate perchŽ conoscevano le cose della vita e avevano imparato molto presto ad accettarle e decisero che bisognava lasciare tutto in ordine. Avrebbero dovuto sistemare le cose prima di andarsene, e questo significava trovare qualcuno a cui tramandare il loro sapere, qualcuno a cui insegnarlo e che avrebbe aiutato gli altri al loro posto. Ma doveva essere una persona meritevole eÉbuona. Di solito le nonne e le zie lo insegnano a una nipote, la madre ad una figlia. Loro non avevano nessuno, ma un giorno al Tabacchi si present˜ una ragazza. Minuta ma ben fatta, con un giubbotto che le stava troppo largo e una borsa a tracolla, azzurra con un orsacchiotto.

Un milionario per favore.

Le tre la fissarono per un pezzo, tantĠ che quella ripetŽ la richiesta.

Un milionario, per favore.

La banconota da 5 euro pronta nella mano, la appoggi˜ sul bancone e Veronica la serv“, come risvegliandosi da un sogno. Quella ringrazi˜, salut˜ e imbocc˜ lĠuscita. Erica not˜ qualcosa sul pavimento dellĠingresso e and˜ a prenderlo. Lo sollev˜ per mostrarlo alle sorelle:

é un calzetto da neonato.

Credo sia meglio portarlo con noi, disse Melissa. 

Conclusero la giornata e se ne tornarono a casa, ma davanti agli occhi vedevano sempre quella ragazza. Mentre si lavavano, mentre mangiavano, mentre pensavano. Negli anni avevano imparato a riconoscere i segni, quelle briciole che le persone lasciano nelle vite degli altri come sentieri da percorrere. Quella notte fecero lo stesso sogno.

Un palazzaccio verde di muschio umido. Un odore acido, di fragole troppo mature, pizzic˜ loro le narici creando una pressione tra lĠattaccatura del naso e la fronte. Latte e sapone, un pianto sgolato. Pianto di bambino. PiccoloÉ Dentro, la casa aveva mobili vecchi e rovinati, ma era ben pulita, solo lĠaria... era impestata, nera. Il pianto si era fermato e la ragazza, quella del negozio, era seduta sul bordo del letto e allattava il suo bimbo. Con le manine rotonde e grassottelle si agganciava alla pelle della madre, i capelli sottilissimi, sabbia arricciata sulle punte. Gli occhietti scuri. Si scans˜ dal capezzolo e dimen˜ le braccine, sazio. La madre se lo port˜ su una spalla.

Povero piccolo, era ricoperto di croste biancastre, aveva il faccino come di pietra, persino le palpebre ne erano piene tanto da sembrare rigide e incapaci di muoversi. Doveva trattarsi di una qualche malattia, o disturbo. Ma era pieno anche di unĠaltra cosa, una brutta cosa: era occhio. Le sorelle iniziarono a dondolare nel sonno, veniva loro naturale quando il rito prendeva forma e senza voce, muovendo solo le labbra, provavano tutte e tre a scacciare via quelle brutte cose. Gliene avevano dette di tutti i colori a quella creatura innocente, ma anche a lei, sua madre. Chi aveva potuto essere cos“ cattivo, prendersela con una creatura innocenteÉ

LĠaria era opprimente, dovevano uscire da quella casa, tornare al sicuro e mentre la vista del bimbo si dissolveva in fumo dĠovatta, videro un calzino sul com˜.

 

Erano le 3 del mattino quando si svegliarono e di riaddormentarsi ormai non se ne parlava. Melissa con un fazzoletto stretto tra le mani per asciugarsi le lacrime era lĠesatto opposto di Erica che camminava avanti e indietro per il salotto borbottando.

Dobbiamo scoprire chi  stato. Prenderli e e fargliela pagare!

Ma chi pu˜ odiare cos“ un bimbo innocente?

Non importa. Diamoci da fare. Erica prendi le candele, Melissa tu brucia i rametti di salvia, disse Veronica e and˜ a prendere il calzino. Presero posto al tavolaccio rotondo e mentre lei posizionava al centro il calzetto, Erica accese la candela nera e facendovi colare sopra un po' della sua cera ve la incoll˜ sopra. Melissa distribu“ le tre candele bianche, una per ciascuna di loro. Chiusero gli occhi, e subito sentirono quellĠodore di fragole invadere loro le narici, una morsa fortissima alla fronte che tapp˜ loro le orecchie. Era forte lĠocchio, ce lĠaveva tutto addosso il bimbo, ma perchŽ?

Con le menti cercavano nelle pieghe del tempo, immagini fumose scorrevano loro davanti, finchŽ tutto si dissolse e davanti a loro si stagli˜ nitido un uomoÉ doveva essere ubriaco perchŽ barcollava, urlava qualcosa alla ragazza con il pancione. Lei gli diceva di lasciarla in pace ma quello la strattonava per un braccio. Poi lei si chiudeva in bagno con un cellulare stretto in mano e faceva un numero di telefonoÉpoi videro il bimbo appena nato, lei da sola in casa a cullarloÉpoi un altro uomo che le diceva qualcosa, lei piangeva e lui la lasciava solaÉ di nuovo solaÉsempre solaÉ il piccoloÉ bisogna strappare tutto quel nero dal piccolo, lui non cĠentraÉ

Ci impiegarono due interi giorni per dissolvere quella trama scura avvolta intorno al bambino, non smisero un attimo, nŽ per mangiare nŽ per dormire o fare altro. La ragazza lo meritava, meritava che suo figlio stesse bene. Ad un tratto, semplicemente, quella pressione che avvertivano nelle orecchie e lĠolezzo pungente di fragole, sparirono. Fecero un grosso sospiro, come se avessero trattenuto il fiato fino a quel momento e caddero addormentate.

 

Le tre sorelle aprirono il Tabacchi quando finalmente si ripresero. Chi i sigari chi le sigarette, per i giovani il tabacco con cartine e filtri, marche da bollo, superenalotto, gratta e vinci, bollette. il pomeriggio non aprirono il retrobottega per lĠaltro commercio e allĠora di pranzo tornarono dritte a casa.

Credo che preparer˜ le focaccine al rosmarino, Melissa si mise a trafficare in cucina.

Ma che le fai a fare? Alla fine non le mangia mai nessuno. Aiutami a raccogliere la piantaggine piuttosto! La rimbecc˜ dietro Erica.

Il sole aveva iniziato giˆ a tramontare, quando suon˜ il campanello. Veronica, gli occhiali sul naso per le parole crociate, apr“ la porta.

Buona sera signora, io mi chiamo Mia, scusate il disturboÉ

Era la ragazza, con in braccio il bambino tutto infagottato in una tuta-piumino.

Prego.

Io credo di aver perso un calzino nel vostro negozio. Ecco, volevo sapere se magari lĠavevate trovatoÉ

Ah s“ s“, lĠabbiamo conservato. Entra pure, fa freddo fuori.

Melissa ed Erica impazzirono non appena posarono lo sguardo sul bimbo e iniziarono a fare versi e smancerie di ogni sorta. La madre lo spogli˜ e contrasse lo sguardo perchŽ il salotto era piombato nel silenzio. Le vecchie osservavano il bimbo con attenzione perchŽ aveva la pelle liscia e levigata. Non cĠera pi traccia di quelle croste che gli avevano visto addosso nel sogno e allargava la bocca in un sorriso sdentato. Erica non resisteva pi cos“ allung˜ le braccia e la ragazza glielo pass˜. Melissa spar“ in cucina e torn˜ con un vassoio di focaccine rotonde, dorate e lucide.

Focaccina al rosmarino, cara?

Volentieri, sono le mie preferite! E Melissa diede una piccola gomitata a Erica che port˜ gli occhi al cielo mentre giocherellava col bimbo.

Rimasta sola con Veronica in salotto, Mia la ringrazi˜.

Per cosa?

Per aver aiutato mio figlio.

La vecchia rimase in silenzio e Mia continu˜.

So che siete state voi. Tutti in paese, dicono che voi tre siete magˆre. Che sapete togliere il malocchio. E tu ci credi?

La ragazza annu“.

Dove vai a mangiare la notte di Natale?

Mangio a casa mia, sono sola.

Allora tu e il piccolo siete invitati a cena qui.

 

Nella notte di Natale le tre sorelle insegnarono a Mia tutto ci˜ che sapevano. A rispettare i cicli della natura. A raccogliere i frutti di Yule, di Brigida, di Beltane e del giorno di San Giovanni. Le insegnarono le formule, le spiegarono come e quando dirle, e che avrebbe dovuto aiutare solo chi lo meritava.  Le insegnarono che il bene si fa ma non si dice, e che solo le donne hanno la forza giusta per farlo. Mia le ringrazi˜ e torn˜ a casa, dove dorm“ abbracciata al suo bambino.

 

Le tre sorelle, invece, si svegliarono nel buio. Una piuma bianca era posata sui loro cuscini cos“ uscirono dalle stanze. Si presero per mano e sorridendo si diressero verso il noce antico in giardino.

Fu l“ che le trovarono la mattina di Natale, legate per sempre. Nevic˜ come non avrebbe mai pi nevicato, imbiancando le montagne e ingrassando dĠacqua i campi. Nessuno lo diceva, ma tutti in paese lĠavevano pensatoÉ che era stato un ultimo regalo delle tre sorelle.

 

 

 

Maratea 03 febbraio 2022

Giulia Maestri

 

 

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