IASELLI DA MARATEA

di Luca Jaselli

La presenza della famiglia Iaselli a Maratea Superiore è certa a partire dalla seconda metà del 1600 in avanti. Parliamo quindi di almeno quattro secoli di storia, in cui diverse generazioni si sono susseguite formando così una significativa discendenza giunta fino ai giorni nostri.

Le origini del cognome Iaselli (o Jaselli) sono certamente molto più antiche e potrebbero essere ricondotte al santo patrono della città, ovvero S. Biagio di Sebaste, vescovo armeno, le cui spoglie giunsero secondo tradizione a Maratea nel 732 dopo Cristo. Pertanto Biagio, e la sua variante italiana Biase, sono molto diffusi sia come nome proprio di persona, che di cognome, e persino toponimo, e ovviamente soggetti a diverse storpiature dialettali che ne hanno modificato spesso la forma, come nel caso del vezzeggiativo Jasello o Biasello che è piuttosto documentato unitamente a sambiaseddu, sambiasello e Jase. In merito a quest’ultimo, Jase costituirebbe una evidente alterazione dialettale di Biase. Da non scordare che in Maratea esisteva proprio un toponimo chiamato S. Jase così come documentato nella platea della badia di S. Giovanni a Piro del 1695 «Santo Jase seu profiti».

Citando inoltre il Vocabolario napoletano lessigrafico e storico di Vincenzo De Ritis del 1845, alla voce Biase si legge: «nome con attenuazione or dicesi Jase, e Jaso, e il suo vezzeggiativo è biasiello o jasiello. Anticamente scrivevasi e pronunziavasi Jasso, più prossimamente al latino Blasio».

Dal punto di vista storico la lettera “J” venne introdotta nell’alfabeto latino, utilizzata per identificare la “I” maiuscola. In seguito, in epoca medievale, la “J” o “I lunga” venne utilizzata come abbellimento, decoro, e semplicemente considerata come una variante più ornamentale della lettera “I”.

  La presenza degli Iaselli a Maratea da più di quattro secoli delinea ovviamente una genealogia piuttosto complessa, costituita da numerosi avi e che per l’intenzione di questo scritto sarebbe eccessivo esporre in dettaglio. Ci soffermeremo quindi solo sulle figure più rappresentative della famiglia, dove i capostipiti “relativi” di questo ceppo possono essere identificati in Giuseppe e Mario Iaselli (variabile in Jasello e Iasello). La parola “relativi” sta ad indicare che queste due persone non sono in assoluto i patriarchi della famiglia, ma semplicemente identificano gli avi più remoti a cui si è stati in grado di risalire. Non si esclude che alla luce di nuovi documenti si possa proseguire ulteriormente e scoprire così nuovi gradi della famiglia, questo nonostante alcune lacune documentali che in qualche modo rendono difficoltoso procedere oltre. Le lacune di cui stiamo parlando sono principalmente due e legate ad altrettanti incendi verificatisi rispettivamente nel 1624 e nel 1806. Una tempesta di fulmini sulla cima del monte S. Biagio, il 16 ottobre 1624, provoca un incendio che colpisce la chiesa di S. Biase e porta alla distruzione di documenti, antiche pergamene e scritti di epoca greca, come afferma anche don Carmine Iannini nel suo Discorso Istorico del 1835. Il secondo incendio invece è quello che si verificò in seguito all’assedio francese nel 1806.

La più antica testimonianza di questa famiglia è un atto notarile, datato 29 gennaio 1670, che documenta come Giuseppe Iaselli in quel tempo fosse sindaco di Maratea Superiore. Questa carica in teoria prestigiosa, in realtà non era benvoluta o desiderata dai marateoti, tanto che potevano arrivare anche a pagare una sorta di esenzione alla nomina, annuale o decennale, pur di non essere eletti.

Giuseppe Iaselli era nativo di Maratea e nato nella prima metà del XVII secolo, analogamente a Mario Iaselli, anche se non si hanno informazioni relativamente a un probabile legame di parentela esistente fra loro. L’unico documento relativo a Mario Iaselli anche in questo caso è un atto notarile, datato 9 settembre 1672 e inerente all’inventario della venerabile chiesa di S. Biase a Maratea Superiore, all’interno del quale troviamo scritto fra le altre cose «item pigni ritrovati dentro detta sacrestia […] uno mezzo sprovero di Mario Iasello guarniti con rizze turchini novi».

(NdA, lo sprovero era una specie di mantello).

Coinvolti nella nell’amministrazione cittadina e nella redazione degli Statuti Municipali, in qualità di consiglieri comunali, nell’anno 1727 furono anche Giacomo e Biase Jasello, “capocaccia” come indicato nell’atto notarile datato 24 febbraio 1727 in cui si descrivono tutta una serie di regole per l’autonomia legislativa di Maratea Superiore.

  I documenti ci raccontano poi di un altro Giuseppe Iaselli, nato nel 1670, di professione bracciale e molto probabilmente figlio di Mario Iasello. Giuseppe potrà contare su di una discendenza significativa e ben documentata a partire dall’inizio del XVIII secolo e che arriverà sino ai giorni nostri. Dalle informazioni presenti nel catasto onciario del 1753, sappiamo che era sposato con Francesca Giordano da cui ebbe cinque figli. La famiglia abitava in una casa di proprietà sita nel luogo detto Capolauria (NdA, dove ora si trova la statua del Redentore) e possedeva inoltre una «terra vitata di stoppelli due, con casaleno diruto nel luogo S. Catarina». La confraternita laicale della SS. Trinità gli aveva concesso ben due prestiti in denaro che mano a mano stava ripagando, ed un cenzo di «due once e venti grana» verso il clero di S. Biase che probabilmente era relativo alla concessione in enfiteusi della vigna di S. Caterina.

Gennaro Iaselli, soprannominato “travaglio”, è figlio di Giuseppe e nato nel 1713. Risiede al Pianetto e di professione fa lo zagarellaro fra Napoli e Maratea. Lo zagarellaro o zarellaro era il cosiddetto merciaio, esercitante la nobile arte della seta, e vendeva accessori di sartoria (nastri, scampoli di stoffa, bottoni e piccoli capi di abbigliamento). Poteva essere un ambulante o esercitare in una piccola bottega. Gennaro rivendeva merce che acquistava a Napoli, ma non è chiaro se apparteneva a questa seconda categoria, visto che a Maratea Superiore non erano accatastate botteghe commerciali. Tuttavia non è escluso che potesse avere bottega altrove. Inoltre possedeva anche una vigna nel luogo detto la Mantenìa, della capacità di stoppelli due (NdA, circa 1kmq) e una terra di olive nel luogo detto la rovina. Gennaro muore il 18 giugno 1805 all’età di 92 anni, come ci ricorda Iannini (1835) nel suo racconto relativo ai resti della chiesa di S. Maria Maggiore «…da questa chiesa cadente un tempo, non esistente oggi, mi dicevano Gennaro Iasello alias travaglio...».

Proseguendo con la discendenza di Giuseppe, nel 1723 nasce Gioacchino Iaselli (Joachim Iasello). Di professione bracciale come il padre, nel 1745, all’età di 22 anni, sposa Rosa Poppaterra ed andranno ad occupare uno dei due membri della casa paterna a Capolauria. Lasciata l’attività di bracciale, Gioacchino si dedicherà all’arte del casadoglio e alla vendita di formaggi e salumi. Gioacchino e Rosa ebbero cinque figli, fra cui menzioniamo Giovanni e Luigi, che per migliorare il loro tenore di vita si traferirono a Napoli.

Giovanni Iaselli (Joanne Maria Hyacinthus Iasello) nasce nel 1746 subito dopo il matrimonio di Gioacchino e Rosa. Appena ventenne emigra a Napoli, dove praticherà la redditizia professione del mercadante (mercante). Nel 1774 sposa Elisabetta Buonocore, anche lei originaria di Maratea, e metteranno su famiglia nella città partenopea. Giovanni è un ricco borghese e negozia più di ventimila ducati l’anno in vari generi di mercanzie (NdA, una cifra considerevole per l’epoca). Avrà due figli: Pasquale e Giuseppe che intraprenderanno entrambi la carriera ecclesiastica.

Luigi Iaselli, anche lui figlio di Gioacchino e Rosa, e fratello di Giovanni, nasce nel 1758. Professionalmente seguirà le orme paterne svolgendo l’arte dal casadoglio. Sposa Catarina Mandarini, sicuramente parente del colonnello Alessandro Mandarini, e anche se non è stato possibile reperire documenti più specifici in tal senso, è molto probabile però che si trattasse di sua sorella. Luigi intorno all’anno 1790 emigra a Napoli, così come aveva fatto suo fratello Giovanni. Qui i casadogli marateoti erano molto apprezzati, ed i formaggi di Maratea considerati fra i migliori del regno. Di conseguenza si trattava di un’attività redditizia che, se esercitata in Napoli e poteva far contare su guadagni sicuramente maggiori. Luigi e Catarina ebbero ben otto figli, tutti nati a Napoli, nel quartiere S. Ferdinando in cui risiedevano. Figli che arrivarono in tarda età se si pensa che la loro primogenita nacque quando Catarina aveva 37 anni e Luigi 52.

Fra i diversi avi della famiglia vanno ricordati anche coloro che seguirono la vocazione religiosa. Subito evidente è la differenza di status fra sacerdote e bracciale, dove il primo può contare su di una agiatezza decisamente maggiore rispetto al secondo. Si prenda per esempio il parroco don Gennaro Iasello e confrontiamolo con il già menzionato Giuseppe; nato nel 1712, risiede anche lui a Capolauria, è proprietario di diversi terreni fra cui una vigna a Massa (di cui paga un cenzo enfiteutico al clero di S. Biase), una terra di olive al Grumanoso, una terra sassosa (NdA, non coltivabile) a Capo la Massa, altra terra per erbaggio in Granzani. La vera ricchezza per quel tempo però era costituita dal bestiame e Gennaro possedeva animali vaccini grossi e piccoli fra cui una giumenta, un borrico e quattro bovi per uso proprio.

Il Reverendo don Giuseppe Iaselli, nato nel 1700 e residente al Pianetto, possiede una vigna con casino di campagna in località Cappella, terra seminatoria, due aie per pestare il grano e un orticello a S. Catarina, un giardino di olive nella Prazza della Marina e un’altra vigna alla Mantenìa.

Il Reverendo Vincenzo Iaselli nacque agli inizi del XVIII secolo, fu economo, cantore e curato della madrice parrocchiale chiesa di S. Biase, come dimostrano i numerosi atti che riportano la sua firma e relativi alla somministrazione di sacramenti avvenuti soprattutto fra il 1790 e il 1801.

Don Giuseppe Iaselli nacque il 10 novembre 1861 e seguì anche lui la carriera ecclesiastica. Fu parroco di Maratea e in seguito rettore della basilica di S. Biagio dal 1921 al 1941. Nel 1927 fece abbellire le pareti e le volte della chiesa di S. Biagio. Fece inoltre costruire la Chiesa del Carmine nella frazione di Massa e anche una cappella presso la contrada S. Caterina.

Parlando poi del legame che da sempre lega Maratea alla religiosità, diventa difficile se non impossibile tralasciare la festa di San Biagio; la processione che dal Castello scendeva al Borgo passando per la via nova e poi dopo “Nanzi ‘a casa i Iaselli cominciava la via vecchia”.

 

Ricordando altri membri significativi della famiglia, fra gli altri merita menzione anche Biase Iaselli, nato nel 1781 da Antonio ed Elena Carrozzone. Di professione è “fabricatore” altrimenti detto “mastro muratore” e sposato con Carminella Fiorillo da cui avrà cinque figli. Il fatto curioso è che alla nascita di ogni figlio, Biase indica sempre domicilio diverso, come se la famiglia avesse cambiato spesso abitazione del corso degli anni. Questo sarebbe sintomatico di continui trasferimenti e potrebbe essere verosimile visto che il periodo corrisponde all’invasione francese (e agli anni successivi) quando il villaggio Castello cadde definitivamente in rovina e probabilmente molte delle case presenti furono danneggiate, obbligando gli occupanti a trasferirsi di continuo piuttosto che tentare di ricostruire quanto era rimasto. Biase inoltre venne anche citato dallo Iannini (1835) perché demolì parte di quel che restava dell’antica chiesa di S. Basilio per farne un giardino annesso alla sua abitazione: «di presente forma di chiesa più non conserva, per colpa del maestro muratore Biase Iasello del fu Antonio, il quale nel decorso dell’occupazione militare, abusandosi pur troppo, ne dimezzò le muraglie, e la convertì in un giardinetto, per commodo di sua casa».

Con il succedersi delle generazioni, ai primi del XIX secolo la presenza degli Iaselli è significativa a Maratea Superiore con almeno 10 nuclei familiari identificati. Una genealogia così ramificata non poteva escludere nuove unioni basate sulle relazioni fra cugini. Questo fu per esempio il caso di Maria Teresa Iaselli, nata nel 1808 da Biase e Carminella Fiorillo, che sposerà suo cugino Francesco Schettino (figlio di Biase e Anna Maria Iaselli). Lo stesso fece anche sua sorella Mariantonia Iaselli, nata nel 1822, che sposerà suo cugino Giovanni Iaselli (di Biase e Fortuna Schettini), di professione possidente.

Ultimo caso singolare da ricordare è quello di Biagio (Biase) Iaselli, nato nel 1853. Di professione possidente, nel 1886 ha una relazione con sua cugina Fortuna Iaselli, contadina, ma i due non sono sposati. Dalla loro unione, nel gennaio 1887 nascerà un figlio, Giuseppe, il quale però morirà due mesi dopo, nel marzo 1887. Due mesi più tardi e precisamente il 26 maggio 1887, Biase sposa Teresa Schettini, ventunenne di professione cucitrice. Il rapido susseguirsi di questi avvenimenti lascia pensare come il matrimonio fra Biase e Teresa fosse già stato pianificato da tempo e che la sua relazione con Fortuna non arrestò lo svolgersi degli eventi nemmeno in presenza di un figlio. Il fatto curioso di questa storia è che Fortuna Iaselli in seguitò si sposerà con un altro suo cugino omonimo ovvero Biase Iaselli, nato questa volta nel 1847, di professione ramajo e da cui avrà un figlio che chiamerà Giacomo Antonio.

Sul finire del XIX, e ai primi del XX secolo il problema dell’abbandono del territorio e dell’emigrazione coinvolse un numero sempre crescente di persone, per via di una situazione economica diventata via via sempre più difficile. Molti cittadini marateoti furono costretti ad emigrare, principalmente seguendo le rotte che portavano verso il Sudamerica in paesi come il Venezuela, la Colombia, il Brasile e gli Stati Uniti. Curiosamente i discendenti della famiglia Iaselli che diverranno cittadini naturalizzati di queste nazioni, vedranno il proprio cognome cambiare in Yaselli dove la “Y” verrà trascritta al posto della “I/J”.

Luca Jaselli

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