LĠINVINCIBILE

di Biagio Velardi

Preambolo

La vita scorreva serena le giornate erano sempre belle e pure quando erano brutte erano belle lo stesso. In quelle giornate avevo meditato e riflettuto sul senso della vita e della morte, dellĠamicizia e del tradimento. Sapevo che il mio cuore era pulito immacolato. Sapevo pure che la vita e la morte, il bene ed il male stanno vicini e sono le facce della stessa moneta lanciata in aria da un creatore un po' burlone che ci lascia decidere il senso di rotazione. Sapevo pure che la vita pu˜ essere pi o meno lunga a seconda di come la vivi delle esperienze che fai di quello che leggi delle passioni che hai di quanta consapevolezza e di quanto amore ci metti.

Ero contento e allora anche quando pioveva prendevo il motorino e andavo a fare il giro di tutta lĠisola, sotto allĠacqua. Era una specie di gioco lĠacqua mi bagnava ma non avevo freddo -stavo pur sempre ai tropici- e mi divertiva. Mi divertiva vedere la gente che si riparava lungo la strada e la natura che accoglieva questa manna che tutto faceva fiorire e vivere. LĠarrivo dellĠacqua era sempre salutato con piacere: si riempiva la ÒrepresaÓ (la piccola diga che stava a monte delle abitazioni) e tutti i tetti delle case incanalavano lĠacqua verso dei robusti serbatoi dove veniva raccolta per lavarsi e per cucinare. Era una risorsa importante e tutti ne avevano piena consapevolezza.

Avevo assistito in quei giorni alla spettacolare migrazione dei granchi neri che a centinaia di migliaia dalla fitta vegetazione interna andavano a nidificare sulla spiaggia e poi alla schiusa dei piccoli granchietti che spuntavano qua e lˆ e ti guardavano pieni di stupore con dei grandi occhioni neri. Si tutto era molto bello.

Coi miei amici ormai passavamo delle bellissime giornate scherzavamo si rideva ma si parlava anche di cose serie e mi sentivo proprio bene.

Avevo recuperato forza ed energia interiore.

Di tempo ne era passato e ormai la gente si chiedeva chi fosse quellĠitaliano e che ci facesse li per cos“ tanto tempo. Sapevano che ero amico di Jorghe e la gente mi portava rispetto per˜ non si fidava. Poi Jorghe mi rifer“ che gli isolani pensavano che fossi dellĠinterpol o della Dia e che stavo li per capire i cavoli loro. La polizia pure cominciava a chiedersi che stavo facendo. Un giorno mi fermarono e mi portarono in caserma mi presero le impronte digitali mi fotografarono mi fecero un poĠ di domande e mi tennero in stato di fermo per alcune ore poi mi fecero andare. Al contrario dei primi questi ultimi pensavano che fossi lĠemissario di qualche clan di narcos.

Un bel giorno il mio amico Jorghe mi disse: Biagio Òel domingo cerramos todo y vamos a pasar un buen d’a en el bote todos juntos con los chicosÓ.

Ero molto contento di questo invito.

Mi illustr˜ il programma: la giornata sarebbe passata con una visita a Cajo Cangreo li ci saremmo fermati e assaporato le buonissime frittelle di pesce della Signora Anunciacion, avremmo bevuto delle Cerveze, fatto snorkelling, poi saremmo andati alla cabeza de morgan (uno scoglio che ha le fattezze della testa del pirata Morgan - la leggenda narra che scorrazzasse coi suoi velieri tra quelle isole-) poi saremmo andati a Playa Manzanillo a fare il bagno poi avremmo pescato delle aragoste ed infine saremmo andati al ristorante a Southwest bay a cucinare le nostre aragoste e concludere degnamente la nostra bellissima giornata di mare.

Ero felicissimo, non vedevo lĠora.

La testa del pirata / tutto va bene

La domenica arriv˜. Ci incontrammo alla Baia de Agua Dulce quello era il nostro quartier generale. CĠeravamo tutti. Io, Jorghe, Vera, la bellissima Consuelo e il birbantello Juanito.

Il mare era bellissimo la giornata limpida come non mai eppure delle dense nuvole allĠorizzonte stavano per addensarsi minacciose sopra di noi.

Le maschere ci sono, il forchettone pure, la retina da pesca cĠ. Io avevo portato pure le mie pinne. Si monta a bordo e si va alla volta di Cajo Cangreo.

Cajo Cangreo  un isolotto che ha la forma di un granchio. Dalla Baja di Aguadulce si raggiunge dopo una quindicina di minuti. EĠ un posto rinomato perch l'acqua l“  trasparente ed il mare ha sette colori (sette tonalitˆ di azzurroverde) il fondale ha molte alghe e si possono fare incontri speciali.

Si paga un biglietto allĠingresso. EĠ una tassa che viene versata alla municipalitˆ per la tutela la pulizia le azioni di salvaguardia e di cura che vengono adottate a difesa del sito. Gli isolani pagano un biglietto ridotto.

Io insisto a pagare per tutti. Sbarchiamo.

Ci dirigiamo verso il bar ordiniamo delle frittelle di pesce e della cerveza ben fria. Jorghe insiste per pagare lui non posso fargli questo affronto. EĠ contento che stiamo insieme. Mi ripete: Òusted no eres turista, eres amigo y est‡s cerca de mi coraz—n! Usted estas en mi familiaÓ. Avevamo passato insieme anche la sera di Natale e la notte di Capodanno e avevamo fatto gran bisboccia risvegliandoci il mattino successivo tutti quanti sullo stesso letto nella capanna nella giungla.

Le frittelle sono superlative e Aguila scende che  una bellezza.

Il piccolo Juan ha giˆ indossato la maschera e con la sorellina fa snorkeling.

Eccoli che dal mare mi reclamano a gran voce. Juanito vuole fare dei tuffi.

Scendo in acqua e prontamente si arrampica sulle mie spalle: ÒeÉ unoÉ dueeeÉ e tre!Ó  Il primo tuffo, poi un altro e poi un altro ancora.

Mi chiede di indossare la maschera e mi fa cenno di seguirlo. Sicuro nuota agile davanti a me e mi indica le tartarughe e poi mi fa osservare dei pesci con dei colori cos“ brillanti che non avevo mai visto prima.

Resto esterrefatto incantato davanti alla bellezza straordinaria di questo spettacolo.

Jorghe e Vera ci guardano giocare e bevono birra in relax.

EĠ ora di andare. ÒVamos compa–eros!Ó Ci intima benevolmente Jorghe.

LĠallegra brigata solerte sale in barca.

ÒVamos a La Cabeza de Morgan!Ó ci dice Jorghe indicandoci la direzione.

La storiografia racconta che Sir Henry Morgan proprio lui il famosissimo pirata dei caraibi aveva utilizzato proprio lĠIsola di Providencia come base per razziare lĠimpero spagnolo. Decine di libri raccontano che questa  lĠisola del famosissimo tesoro: smeraldi rubini gioielli preziosissimi e monete dĠoro pare che siano ancora nascoste in un forziere mai ritrovato.

LĠantico forte di cui sono rimasti, simulacro di una passato avventuroso, alcune mura e dei cannoni risalenti al 1600 e li accanto e questo scoglio si staglia austero come a difesa del forte. A ben guardarlo ha una gran somiglianza con la testa del pirata.

Nel mentre circumnavighiamo intorno il piccoletto si butta in acqua e impavido sale in cima e fa un gran tuffo.

La maga e le aragoste

Nei giorni precedenti con un sensale anziano con la barba bianca la favella suadente e gli occhi furbi che mi ricordava il primo immobiliarista di Maratea avevo visitato un poĠ di immobili in vendita. CĠerano dei terreni edificabili che si potevano comprare con qualche decina di migliaia di euro e anche ville molto belle e panoramiche che costavano diverse centinaia di migliaia di euro.

Il posto era molto esclusivo e gli isolani ne erano ben consapevoli e avrebbero voluto conservarlo come era. Un piccolo paradiso da scoprire. Non volevano essere invasi dal turismo di massa che ne avrebbe stravolto lĠidentitˆ. Li aveva la residenza delle vacanze il gota del mondo della cultura colombiana artisti scultori scrittori e il grande Gabriel Garcia Marquez non di rado si poteva incontralo in quelle contrade ospite di amici.

Il sensale mi aveva preso per un turista eccentrico e facoltoso e mi port˜ a visitare la villa di famiglia del pilota di formula Uno Juan Pablo Montoya. Avevano deciso di venderla perchŽ ormai non riuscivano a venirci pi. Si erano infatti trasferiti a Miami e la villa costava molto di manutenzione.

Le ville erano tutte costruite in legno e tutte colorate. Avevano importanti costi di gestione perchŽ erano aggredite quotidianamente dalla salsedine, perch bisognava tenere cura dei giardini e per la guardiania.

LĠunico edificio in muratura non era la municipalitˆ anchĠessa costruita in legno e tinteggiata di blu oltremare ma quello che ospitava il supermercato e la banca.

La villa dei Montoya era bella con giardini molto curati e prati verdi e piante tropicali era di colore giallo e arancio e da unĠaltura col suo terrazzo panoramico dominava tutto.

Di ritorno da una di queste mie uscite col sensale si mise a piovere e mi ritrovai a riparami lungo la strada vicino a una casa che aveva un piccolo patio coperto da una lamiera.

Una signora anziana creola con la pelle color latte e caff sostava con me sotto al patio mentre l'acqua scendeva copiosa. Era vestita di verde brillante e l' abito le bardava tutto il corpo e la testa. Aveva un viso molto espressivo e rugoso e degli occhi neri intensi, profondissimi, abissali.

Mi chiese come mi chiamavo e da dove venivo poi mi chiese se potesse leggermi la mano. Prese la mia mano sinistra e la guard˜ con attenzione. Mi guardo dritto negli occhi e mi disse di Òtener mucho cuidado en los pr—ximos d’asÓ (di stare molto attento nei prossimi giorni). Non volle dirmi pi nulla mi lascio con una sorriso di benevolenza e una carezza sul volto. Quegli occhi mi avevano stregato e non potei fare a meno di pensare a quell'incontro nei giorni successivi. Mi sembr˜ una di quelle figure del realismo magico di Garcia Marquez.

ÒJuanito Juanito vamonosÓ il piccolo Juan veloce come un anguilla velocissimo salta a bordo. Playa Manzanillo ormai ci aspetta.

Lo scafo solca veloce le calde acque del mare. Arriviamo in un punto. Il mio amico spegne il motore. Indossa la maschera e si cala in acqua. Scende gi veloce poi riemerge, poi ancora gi. Ci fa cenno che ci siamo e ci chiede di buttargli le mie pinne. Le indossa e di nuovo gi. Questa volta riemerge con una bellissima aragosta. allunga al piccolo Juanito che senza alcun timore prontamente la prende e la mette nel retino. Poi va di nuovo gi e risale con un altra e poi ancora di nuovo. In men che non si dica tre bellissime aragoste sono pronte per noi. Pronte per essere cucinate al ÒDivino NinoÓ il ristorante sulla spiaggia.

Jorghe  contento. Tutto prosegue secondo i piani. LĠallegra stramba famigliola se la sta proprio godendo questa bella giornata di mare.

LĠimponderabile

AllĠorizzonte piccolissime si vedevano le navi della marina militare colombiana: fregate, cacciatorpedinieri, incrociatori. Jorghe mi aveva spiegato che quelle coste venivano spesso pattugliate dalla guardia nacional. Quella era la principale rotta da dove transitava tutta la migliore cocaina colombiana: costa della Colombia - Mexico e poi da li in Florida a Miami. Mi aveva confidato che i trafficanti avevano degli scafi con motori potentissimi con migliaia di cavalli e che consumavano tantissima benzina. Avevano bisogno di far rifornimento e proprio al largo della nostra isola lo facevano di notte. Complici del posto -in gran segreto- con barche appositamente attrezzate li rifornivano Òin voloÓ con migliaia di litri di benzina in modo da poter agevolmente raggiungere il Mexico.

Le navi al largo quindi non ci dovevano impensierire erano una routine.

Con il prezioso carico di aragoste a bordo ci dirigiamo verso Playa Manzanillo faremo un bagno veloce, berremo un Papaya Jiuce e poi concluderemo la nostra giornata a baja Soureste dove andremo direttamente nella cucina del ristorante a grigliare le nostre splendide aragoste.

La nostra piccola imbarcazione con suo carico di felicitˆ prosegue il placido viaggio.

La navigazione procede lenta si chiacchiera, si scherza, si ride fino a che qualcosa cambia irrimediabilmente il destino della nostra giornata e anche delle nostre vite.

Jorghe e Vera cominciano a parlare molto velocemente tra loro e diventavano molto tesi. Probabile che discutano animatamente sull'opportunitˆ di quella intrapresa e su quanto ne valesse veramente la pena. Jorghe cambia nel volto, assume un ghigno cattivo. Il ghigno cattivo del bandito che era stato da giovane. Il piccolo Januanito e Consuelo pure si rabbuiano improvvisamente e il piccolo -coraggioso e impavido di pochi minuti prima- non riesce a trattenere le lacrime. Si abbracciano. Io non capisco che sta succedendo. Jorghe mi fa cenno di stare zitto e calmo. Il nostro piccolo scafo fa una virata e si dirige veloce verso la costa.

I bambini stanno abbracciati e loro sono protesi con attenzione verso quella inedita direzione.

Ai miei occhi una scena che subito non capisco.

CĠ un grande scafo che  naufragato sugli scogli.

Una moltitudine di ragazzi e giovani uomini si affannano ad entrare allĠinterno e arraffano velocissimi dei pacchi rivestiti di polistirolo.

Jorghe mi chiede di scendere e di tenere ferma la nostra piccola barca sugli scogli. Vera pure scende e insieme teniamo la barca. Lui velocissimo si cala in mare, poi salta sullo scafo, si fa largo con decisione tra quella gente e penetra allĠinterno. Dopo qualche minuto ne esce fuori con due grossi pacchi bianchi e viene sul nostro scafo. Risaliamo tutti a bordo. La nostra modesta imbarcazione pi veloce che pu˜ prova a guadagnare il largo.

Nel mentre che ci allontaniamo sentiamo diversi colpi di arma da fuoco e un forte trambusto nella boscaglia. Un aeromobile dellĠesercito sorvola insistentemente sopra le nostre teste.

Finalmente anche io avevo capito pi o meno a cosa avevo partecipato e cosa avevamo a bordo.

Non saprei dire se quei colpi di arma da fuoco fossero diretti contro di noi.

Con la testa bassa ci allontanammo dalla scena del crimine e la paura si impadron“ anche di me che fino a quel momento ero stato bravo.

Andammo a manetta verso la baja de Aguadulce la nostra base. Li Jorghe chiam˜ a bordo Carlos.

Carlos aveva un servizio di diving ed era il suo migliore amico.

Era un nero imponente, aveva le fattezze di un bronzo di Riace. Con lui ero stato a fare diving alla barriera corallina.

Proseguimmo verso Baja Surovest noi e con noi Carlos. I due -Jorghe e Carlos- ci fecero scendere sulla spiaggia vicino al ristorante poi ripartirono con la scottante mercanzia.

Portammo le aragoste al ristorante il cuoco ce le cucin˜ sulla griglia. Ordinammo delle birre. Vera voleva apparire serena, anche per non dare nellĠocchio, ma era agitata, preoccupata, sconvolta.

I bimbi invece ripresero il loro normale colorito e andarono a giocare in mare. Io che avevo tanto pregustato le aragoste in quel momento a malapena le assaggiai. Ero cos“ confuso angosciato. Provai a tenere la calma.

Dopo qualche ora rientr˜ a prelevarci solo Carlos che ci riport˜ alla spiaggia di Aguadulce da dove tutto era cominciato.

Quella notte non chiusi occhio. Pensavo alla polizia che sarebbe venuta a prelevarmi per interrogarmi: le lampade sul volto, le insistenti domande degli inquirenti a cui avrei dovuto rispondere.

La mattina successiva andai allĠaeroporto per trovare un aereo e partire a gambe levate. Quella strada col motorino lĠavevo fatta decine di volte ma quella mattina sembrava non finire mai. Dove solitamente cĠera gente che ascoltava musica, che camminava, anziani che giocavano a domino non cĠera nessuno ma proprio nessuno. Ad ogni incrocio uomini della guardia nacional. Mi fermai al mio solito bar per prendere un succo di tamarindo mi sentivo debole avevo bisogno di energia e di luciditˆ. L“ cĠera il quotidiano El Heraldo il principale quotidiano del caribe. Nella prima pagina riportava la notizia del naufragio. Lo scafo era stato intercettato dagli incrociatori dalla guardia nacional che pattugliavano il mare. I malviventi avevano deciso di naufragare sullĠisola per darsi alla macchia e per salvare il salvabile. Lo scafo aveva a bordo due tonnellate di cocaina purissima. Una tonnellata era stata recuperata dalla polizia. LĠaltra tonnellata stava li sullĠisola nascosta da mille uomini in mille buche. Continuai verso lĠaeroporto col cuore in gola incontravo solo fuoristrada con uomini in uniforme armati. Solo davanti al carcere cĠera un assembramento di donne che discutevano animatamente con la polizia. Avevano arrestato molta gente in quelle ore. Molti di quei ragazzi che avevo visto prelevare il carico erano finiti in prigione. In aeroporto riuscii a trovare un volo per il giorno successivo. Me ne tornai alla mio hotel davanti alla spiaggia. Il proprietario dellĠhotel con il quale ormai ero diventato amico mi confid˜ che erano arrivati quel giorno e avevano occupato le camere dopo la mia un importante cardinale colombiano accompagnato da due italiani tutti con passaporto diplomatico. Il giorno dopo di buon ora ripartii.

Prima per San Andres il giorno dopo per San Jose e poi per lĠItalia.

Jorghe, Vera, la bellissima Consuleo e il piccolo Jaunito li ho incontrati ancora tre mesi.

LĠepilogo: tutti contro tutti e lieto fine

Erano passati tre mesi. Decisi di ritornare a Providencia per riabbracciare i mei amici e per prendere la mia parte del bottino. In fondo avevo partecipato attivamente al recupero.

Avevo immaginato che il mio amico lĠavesse nascosta da qualche parte e passata la tempesta potessimo metterci in affari.

Le cose non andarono esattamente in quel modo.

Il piccolo bimotore arrivo in aeroporto e con un taxi arrivai al mio solito Hotel.

Tutto era immutato la gente aveva ripreso la sua vita normale, i ragazzi ascoltavano una specie di rap caraibico con dei grossi altoparlanti lungo le strade, i vecchi giocavano a domino, la gente camminava lungo le strade, la guardia nacional era scomparsa.

LĠisola era ritornata ai suoi ritmi normali e aveva cominciato a vivere come prima: i turisti, i ristoranti, le feste.

Anche il mio amico Jorghe e la moglie Vera erano alla loro normale attivitˆ, lui portava con la barca in giro i turisti, lei faceva monili e serviva Pinacolada.

Al mio rientro ci riabbracciammo e mi raccontarono cosa era successo nei giorni successivi alla mia partenza.

Furono giorni terribili. La vita era sospesa. Jorghe aveva sotterrato/occultato la mercanzia non lontano dalla sua capanna nella giungla ed era restato li giorni interi a proteggere il bottino coi denti armato di coltelli e senza chiudere occhio.

In quei giorni lĠisola sembrava impazzita. Tutti erano contro tutti.

La polizia voleva recuperare la mercanzia e perlustrava a tappeto ogni angolo anche con lĠaiuto di cani antidroga. Incessanti procedevano gli interrogatori e le perquisizioni dappertutto!

Gli isolani cercavano di rubarsi lĠun lĠaltro il bottino.

Lui in via precauzionale aveva mandato la moglie e i figli a dormire da un suo fratello per paura di aggressioni e per proteggere la famiglia. Sapeva che sarebbero stati giorni difficili.

Una notte come era prevedibile fu aggredito da banditi armati di pistole che avevano saputo che aveva recuperato dei pacchi e volevano rubarglieli. Lo avevano minacciato lo avevano picchiato ma aveva resistito dicendo che la roba non ce lĠaveva pi.

Nel frattempo fortunatamente arriv˜ sul posto anche lĠemissario del ÒlegittimoÓ proprietario per recuperare la tonnellata che la polizia non aveva trovato.

Jorghe tramite il boss del posto contratt˜ il prezzo. Poche migliaia di euro per cedere i pacchi. Gli furono dati e si liber˜ con sollievo dellĠintero bottino riprendendo cos“ serenitˆ e colorito.

Con quei soldi aveva comprato da un suo fratello un rustico in blocchetti poco pi lontano dove si era trasferito con la famiglia.

Io ci guadagnai lĠospitalitˆ gratuita nella capanna nella giungla sotto al grande albero di mango che fino a qualche mese prima era stata la casa di Jorghe e della sua famiglia.

Restai li ancora un bel poĠ di tempo.

Non dimenticher˜ mai questi manghi che nel cuore della notte cadevano sul tetto in lamiera facendomi sobbalzare.

Non dimenticher˜ mai lĠenorme ÒconchigliaÓ che un giorno trovai davanti alla porta e che prudentemente non presi in mano. Mi spiegarono dopo che dispone di artigli che hanno una presa cos“ forte che se si agganciano ad un dito te lo possono mozzare.

Non dimenticher˜ le discussioni e le bevute col Prof. Castilla illustre psichiatra e accademico della cittˆ di Pereira.

Non dimenticher˜ le riflessioni sullĠarte e le notti brave con il mio amico artista inglese Benjamin

Non dimenticher˜ le uscite con i pescatori e il banco di pesci volanti che una notte ci sfior˜.

Non dimenticher˜ i colori di quel posto.

Non dimenticher˜ l'incontro con Paola Iannini e il pizzicanino (pelle dĠoca) che mi attravers˜ il corpo quando da una cassetto del suo ristorante ÒMamma MiaÓ tir˜ fuori una cartolina illustrata del suo bisnonno che era di Maratea.

Non dimenticher˜ la mia amica Maria.

Non dimenticher˜ Jorghe Vera Consuelo e Jauanito con cui avevo condiviso quella straordinaria avventura.

Quei giorni mi entrarono nel cuore e segnarono un bivio uno spartiacque importante nella mia esperienza di vita e di viaggiatore.

(Bivio 2020)

Biagio Velardi                       

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