Storia di una vita spericolata: le peripezie della statua di S. Biagio

 

 

Luca Luongo

La statua a mezzo busto del santo patrono di Maratea ha vissuto una vita a dir poco spericolata. é stata cesellata in argento a partire dal 1700, poi costruita integralmente nel 1706, coperta da un panno rosso nelle processioni dal 1781, cadde in mare nel 1806 e per due volte fu nelle mire di ladri (1873 e 1976). In questo articolo parliamo di questa vita di peripezie: questa  la storia della statua di S. Biagio di Maratea.

Prima versione in legno.

Non  nota l'epoca in cui fu scolpito il primo simulacro del santo patrono. é noto che in principio fosse di legno, disegnato con Çla testa e le mani, a color di carne: il busto a mettˆ: vestito di Camice color bianco, e piviale color rosso; e la mitra in testa di varj coloriÈ. Queste parole sono di Carmine Iannini (1776-1835), che fu parroco del santuario di Maratea dal 1804. Non  noto da dove traesse queste notizie. 

Testa e mani d'argento.

Nel 1699 il suo aspetto mut˜. In quell'anno un frate domenicano, tale Luigi Pascale di Napoli, torn˜ a Maratea dopo cinque anni dalla sua prima visita. Fra' Luigi lanci˜ l'idea di abbellire la statua cesellando almeno la testa in argento. I fedeli marateoti accettarono entusiasticamente: l'artista Giacom'Antonio Parascandolo di Napoli ricevette l'incarico e consegn˜ il lavoro nei primi mesi del 1700.

L'opera fu finanziata con le donazioni di molti facoltosi fedeli di Maratea. Il notaio Giovan Pietro Lombardi (1659-1737) registr˜ i loro nomi in un rogito: purtroppo per˜ i registri di questo notaio sono perduti.

In un secondo momento, ma non abbiamo traccia precisa di quando, anche le mani e la mitria furono cesellate in argento. 

Ricostruzione in argento.

Dal 1695 protagonista indiscussa della festa di maggio - abbiamo visto il perchŽ in un precedente articolo -, a questo punto della sua storia la statua appariva piuttosto strana: la testa e le mani erano in argento, il corpo in legno dipinto.

Questa cosa presto o tardi dovette urtare. Il fondatore della congrega dell'Addolorata, Biagio Mercadante, giˆ autore di altre iniziative filantropiche, finanzi˜ nel 1706 la definitiva cesellatura in argento di tutta la statua. L'incarico stavolta and˜ a Domenico De Blasio, membro di una nota famiglia di argentieri napoletani.

Quindi, a questo punto, la statua aveva la testa e le mani scolpite da Parascandolo e il corpo rifatto da De Blasio. Il lavoro di quest'ultimo non dovette per˜ impegnare molto materiale prezioso. Lo si deduce dal fatto che per fare testa e mani ci fossero voluti pi benefattori, mentre per il corpo pag˜ una sola persona. In pi, il calcolo del peso totale era stimato in circa 32 kg: cosa che fa pensare che la cesellatura del 1706 fosse poco pi spesso d'una sfoglia, mentre testa e mani avessero ben altra consistenza.

Splash!

Nel 1806, per gli eventi connessi con l'assedio francese di Maratea, il simulacro fu requisito dai fedeli borbonici del paese e portato, per evitare fosse trafugato dai soldati napoleonici - notoriamente avidi di opere d'arte italiane -, sull'isola di Santo Janni prima e sull'isola di Dino poi. Ma la notte del 27 ottobre la nave che lo custodiva affond˜. La statua fin“ in mare!

La si ripesc˜ qualche giorno dopo, priva di alcuni pezzi che furono sistemati momentaneamente con fogli di stagno. ÇI pezzi di stagno, surrogati in argento con tutta la manifattura, importanto circa docati 52. LĠartefice lĠArgentiero Mansueto Finamore di Rivello. [É]. Vi si impegnarono giorni otto, e tanto lĠartefice, che tre suoi Discepoli, furono da noi trattati, che soffrimmo la spesa di altri 9.50 per accomodarsi la mitra, che import˜ docati 18, deĠ quali quattro ne diede la Ill.ma Signora D. Maria Saveria Calderano: tre le Figlie del Ill.mo Signor D. Vincenzo Barone, con alcuni pezzetti di argento: e carlini quindici si fecero per limosina per tutta Maratea inferiore.È

La risistemazione definitiva ci fu nel 1817, a spese del nobile Lorenzo Latronico. Costui aveva fatto voto al santo per il ritorno di suo figlio Raffaello, soldato nella campagna di Russia, e tornato a casa sano e salvo.

I furti.

Poca pace per˜ aspettava la statua!

Un documento dellĠarchivio parrocchiale racconto che la notte Çtra il 4 e 5 Febbraio 1873 Giuseppe Gallotti di D. Carlo, e D. Concetta Negri nativo di Maratea, e un tal Domenico Valinofi di Montemurro penetrarono nella Chiesa sfondando la lamia della Sacrestia, e rubarono la Crocetta nobile, lĠanello Vescovile dalla Statua del S. Protettore che ancora era esposta a causa della Festa, [É] altri oggetti di argento, staccarono il Crocifisso dalla Croce del Clero, e circa 200 Lire in moneta. [É]. A confessione del Gallotti, mentre il Valinofi stava per alzare lo sciamarro di cui si servirono per sfondare la lamia, e fare a pezzi la Statua sĠintese come tremar la statua e tutta la Chiesa, a guisa di quando fa il terremoto, furono presi da un panico e fuggirono, cos“ non rubarono altro, avendo in mano tutte le chiavi e della Cappella, e di quando di prezioso  in Chiesa, [É] la Crocetta e lĠanello furono rifatti merc lĠoblazione spontanea della devota popolazione e se ne prese la cura il Sig. Raffaele Tarantini fu D. Biagio di Napoli, ed assai divoto del santo

Ma al secondo tentativo, un secolo pi tardi il furto riusc“: era la notte tra il 27 e il 28 ottobre 1976.

Il lavoro di Romano Vio.

Il rifacimento della statua fu affidato a Romano Vio (1913-1987). Veneziano, era professore presso l'Accademia di Belle Arti della sua cittˆ.

In un primo momento, Vio comunic˜ che avrebbe terminato il lavoro nel 1981. In realtˆ, riusc“ a consegnare la nuova statua giˆ nel 1979. La statua di Vio  una riproduzione piuttosto fedele dell'originale. Ci sono solo poche differenze: i fregi e la forma della mitra (nellĠantica era evidente la sproporzione con il resto della figura, probabilmente perchŽ, come ho detto, posticcia), la larghezza della figura (spalle strette lĠantica, larghe la nuova), le dita della mano sinistra e poco altro.

La nuova statua.

Per presentare la nuova opera ai fedeli, sabato 5 maggio 1979, primo giorno della festa, la statua venne fatta teatralmente sbarcare al Porto dopo una piccola processione dallĠisola di Santo Janni.

Non tutti conoscono un piccolo aneddoto. Il gioved“ successivo, 10 maggio 1979, Romano Vio venne a Maratea. Essendo il suo volto sconosciuto a tutti meno che a coloro che avevano formato il comitato per il rifacimento della statua, si mise in disparte nella chiesa dell'Annunziata (la Chiesa Madre era in restauro). Sornione, si mise ad origliare i commenti dei fedeli al suo lavoro. E senz'altro sent“ quel che ripetiamo ancora oggi:  vero, nel 1976 abbiamo perso un capolavoro, ma nel 1979 ne abbiamo avuto un altro!

 

Maratea 03 maggio 2023

Luca Luongo

 

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