Una
pillola di Marchesini
|
Cinque giorni fa ho letto con piacere qualcuna delle Pillole di Gian Carlo Marchesini. Mi ha
fatto piacere trovarne una in cui si menziona un mio articolo: sempre bello
sapere desser letti. Marchesini scrive:
Ho letto e molto
apprezzato quanto scritto da Luca Luongo sull'identit sociale e storica di
Maratea. Io penso che la domanda che va al proposito posta dovrebbe essere
questa: quanti poeti, artisti,
sociologi, filosofi, politici e intellettuali ha nel corso del tempo prodotto
in proprio Maratea? Basta
accogliere le spoglie di Biagio, monaco dell'Oriente, per trasformarlo in Santo
e ricavarne 44 chiese? O l'industriale Rivetti che ha fatto costruire una
statua del Cristo sul monte a imitazione di quella sul Corcovado di Rio? Insomma, mi viene da dire che Maratea,
forse per non sapere esprimere personalit di rilievo in proprio, ha rimediato
ricorrendo all'esterno. Mi piacerebbe
molto essere smentito.
In realt, questa Pillola
bissa sostanzialmente il contenuto di una precedente, ossia:
A Maratea le svolte di
sviluppo e crescita sono spesso venute dall'arrivo dall'esterno di un
personaggio. Se vogliamo a partire da San Biagio, che ha regalato a Maratea
l'identit religiosa con 44 chiese. Ma poi, pi recentemente, dal Conte Stefano
Rivetti che realizz a Fiumicello uno stabilimento tessile e il grande Hotel
Santavenere. E ad Acquafredda da Francesco Saverio Nitti che fece costruire sul
mare una magnifica Villa ora perennemente chiusa. Ma non dalla comunit
stabile e interna che dovrebbero maturare iniziative e progetti capaci di
realizzare la sua piena valorizzazione? O il turismo estivo con i bed and
breakfast l'unica carta da giocare?
Ovviamente, non voglio mettermi a fare lelenco delle
personalit nate o legate in qualunque modo a Maratea e che hanno dato lustro
al suo nome nella Storia dItalia. CՏ chi lo ha fatto prima e meglio di me: i
vecchi libri su Maratea, come quelli del dott. Biagio Tarantini e di mons.
Domenico Damiano ospitano diverse pagine a riguardo. Tra laltro, proprio
stamattina, spolverando la libreria, mi caduto addosso il libro di mons.
Damiano: la foto del cardinal Casimiro Gennari sembrava guardarmi severamente,
ma con quello sguardo severo di chi ha guidato la storica codificazione del
Diritto Canonico. Confesso: i cardinali giuristi mi mettono soggezione.
Voglio invece sfruttare loccasione per chiarire due punti che
mi accorgo non emergere con chiarezza dal mio articolo citato da Marchesini (si
pu leggere qui) Il primo il perch non ho basato il
ragionamento sulla domanda, molto interessante e legittima, che proprio
Marchesini ha messo in luce: quanti
poeti, artisti, sociologi, filosofi, politici e intellettuali ha nel corso del
tempo prodotto in proprio Maratea?. In realt, mi sono ben guardato
proprio dal porre il ragionamento in quei termini. Questo perch condivido in
pieno quanto scrisse - anche qui, molto prima e molto meglio di me - Francesco
Saverio Nitti nel suo Eroi e briganti.
La storia eroica -
scrisse il nostro caro melfitano nel 1898 - quale
noi insegnano e quale noi abbiamo imparata, rassomiglia, in certo modo, a una
geografia che si occupi solo della descrizione delle montagne. La pi grande
parte della superficie terrestre occupata da grandi pianure, da colline
ondulate: le immense montagne rappresentano una minima parte, e ancora sono per
la vita degli uomini meno importanti. Le alpi nevose rimangono nei nostri occhi
pi dell'infinita pianura: pure quest'ultima che costituisce grandissima
parte della superficie in cui viviamo. Cos i dettagli della storia ci
sfuggono. L'umanit, nel suo lungo viaggio, non ha conservato che il ricordo di
alcuni precipizi, dimenticando la continuit monotona delle pianure felici che
ha traversato. Noi non siamo una folla immemore o ingrata; pi sensibile ai
sogni che ai successi, cos nel passato come nel presente. Il successo, perch
la folla lo noti e lo ricordi, deve essere accompagnato da un cataclisma. Ma la
storia vera, quella che val pi la pena di penetrare, la storia collettiva,
la storia delle grandi masse umane, dei grandi aggregati di cui noi indaghiamo
solo alcune espressioni e non sempre le pi felici. una specie di pigrizia di
mente quella per cui noi vogliamo spiegarci la storia mediante le opere di
alcuni uomini: quand'anche furono grandissimi non poterono esser tali che per
contingenze particolari, e perch interpretarono bisogni collettivi o
sentimenti in formazione.
Lessi queste parole da ragazzo e da allora mi sono sempre
rimaste nel cuore: non solo perch guidano magistralmente lo sguardo indagatore
dello studioso sul passato, ma anche perch - proprio come devono fare le
parole ben riflettute dei ragionamenti sagaci - sono unottima guida anche per
comprendere il proprio tempo.
Non so dire se sono riuscito, col mio scritto, a realizzare il
proposito che mi prefiggevo, cio di fornire qualche coordinata su come la
comunit di Maratea, nel corso dei secoli, si posizionata suipotetica mappa
della Storia civile dItalia. Ho per scelto consapevolmente di evitare di
farlo indicando solo lopera di questo o quel personaggio, perch ritengo anche
che colpe e meriti di una vita siano essenzialmente personali e non possano
attribuirsi (o essere usurpati) da coloro che ci circondano per il solo motivo
desser nati o vivere nella stessa ripartizione amministrativa.
Diverso, ma ad esso collegato, il ragionamento sul secondo
punto che citavo. quello che Marchesini cita in entrambe le sue Pillole e che pu esser riassunto dalla
frase: a Maratea le svolte di sviluppo e
crescita sono spesso venute dall'arrivo dall'esterno di un personaggio.
Queste parole mi hanno turbato, perch nascondono un sottinteso molto
fuorviante, cio quello secondo cui Ǐ
dalla comunit stabile e interna che dovrebbero maturare iniziative e progetti
capaci di realizzare la sua piena valorizzazione. Francamente, non capisco
quale sia il valore assoluto - che pare emerga da queste stesse parole - su cui
si basa questo ragionamento. In parole povere: ma chi ha detto che le cose
dovrebbero stare cos?
In pi ci sono due paradossi. Il primo che se le cose
stessero davvero cos, il caso di Maratea non avrebbe nulla di strano. Sarebbe
normale che lapporto di esogeno sia maggiore, qualitativamente e
quantitativamente, di quello endogeno, per il semplice motivo che i piccoli
paesi, naturalmente beneficiari di un bacino di persone (e quindi delle loro
idee, risorse e iniziative) molto minore rispetto alle grandi citt, sarebbero
molto penalizzate.
Il secondo paradosso ancor pi interessante. Prendiamo ad
esempio la Storia della citt di Roma. A Roma leghiamo tre vite (uso questa
parola nel senso che ho inteso nel mio articolo su Maratea): quella classica e
imperiale, quella papalina e quella di capitale dItalia. La prima nacque, in
nuce, perch dei fuoriusciti dalla vicina Alba Longa fondarono una citt che
ricevette una grande organizzazione statale sotto i sovrani etruschi. La
seconda nacque perch Pietro e Paolo, due immigrati giudei, ne fecero il centro
della nascente Chiesa. La terza dovuta alla conquista dellesercito sabaudo,
nove anni prima divenuto italiano. Dovremmo concludere che la Citt Eterna si
trovi nella stessa situazione di Maratea?
Ovviamente, le cose non stanno cos. Non solo lesperienza
quotidiana, ma anche la stessa Storia ci mostra come un pensiero cos
autarchico non abbia riscontro nella realt. Il punto che, nella Storia
dellUmanit cos come nella vita del singolo, limportanza degli eventi non
intrinseca alla loro origine (o provenienza geografica), ma al fatto se quegli
eventi riescano o meno a segnare unepoca. E quando ci accade, questo non
dovuto semplicemente a coloro che per primi hanno innescato il processo che ha
portato a quegli eventi: la Storia consiste appunto pi nella serie di
risposte, di azioni e di progetti che una comunit o un gruppo di persone
mettono in campo per affrontare un problema o sfruttare unopportunit che a
ci che le ha originate. Stanti cos le cose, che importa che Roma dovette
attendere Pietro e Paolo dalla Giudea se poi furono i Romani a spalancare le
porte al Cristianesimo e raccogliersi, come popolo, intorno alla figura del
Pontefice, facendone anche il proprio leader politico?
Per fortuna, il mondo non funziona a camere stagne: anzi, il
progresso, soprattutto quello rivoluzionario, quasi sempre arriva dallesterno
del gruppo che ne beneficia, perch le immigrazioni dei singoli e dei gruppi
sono naturalmente il modo pi veloce con cui viaggiano per il mondo le idee:
siano religiose e sulle gambe di santi armeni, siano economiche sulle gambe di
industriali biellesi (anche perch la Cassa del Mezzogiorno non finanziava i
meridionali!) o siano di retrospettiva identitaria sulla scorta di scritti di
autori di Breganze.