Il dott. Biagio Mordente di Maratea
LĠuomo delle stazioni
Giunti alla
familiare svolta del ÒTornichettoÓ, si intravedeva tra
il verde un uomo dai capelli grigi e curvo seduto su una panchina con un fascio
di giornali, lui immobile ma non la penna che aveva che aveva nelle mani sempre
in movimento, a sottolineare, annotare, comporre. Rimaneva completamente
estraneo allĠandirivieni delle automobili, assorto a quel che leggeva o
scriveva.
Sempre cos, ogni
giorno, sempre un fascio di giornali sotto il braccio.
Erano quelle,
forse, le ore di maggiore quiete della sua tormentata esistenza.
Era un teorico
dellĠinternazionalismo proletario. Restava fedele alla sua farfalla rossa,
annodata al collo ad ogni ricorrenza di lotte sociali.
Pronto a
difendere deboli, oppressi, emarginati, a gridare ad alta voce i diritti sacrosanti
dellĠuomo, contro ogni giustizia sociale, contro ogni conformismo, contro ogni
limite ingiusto di libert,
Ma non si limitava solo a
questo. Aveva ingurgitato migliaia e migliaia di volumi
di letterature russa, francese, tedesca, italiana. I libri, si direbbe, non
facevano in tempo ad arrivare nelle librerie che subito venivano
acquistati, letti, annotati, commentati.
Insieme a lui, si diventava pi intelligenti. Per dirla con le sue
parole, nei rari momenti di umorismo: ÒNe aveva mazzicato di carta stampataÓ.
Forse era lĠunica
persona ad avere una ricchissima biblioteca che abbracciava gli autori di tutti
gli orientamenti ma soprattutto sostenitori di giustizia sociale, di umanesimo,
di anarchia.
Laureatosi in
Scienze Economiche e Commerciale nel lontano 1925 si era adattato ad esercitare lĠattivit di segretario comunale ma la sua
passione rimanevano la letteratura, la critica, la saggistica, la musica.
Mai segretario
comunale fu pi scomodo ai sindaci per il suo carattere ribelle, per il suo
diniego ad ogni compromesso o accettazione di affari
poco puliti.
Mai abbozz una
delibera perch la dettava ad alta voce a un suo collaboratore di segreteria andando avanti e indietro fermandosi ad ogni
punteggiatura. Era s un anarchico, ma non tenne mai per se quel che le persone
semplici volevano offrirgli, n venne meno ad una
richiesta di aiuto per i diseredati e gli oppressi.
In famiglia erano
fuochi e tuoni, mal sopportando i vincoli e gli obblighi di marito e di padre e
a volte diventava anche crudele. Si sentiva limitato nel desiderio della sua
libert di fuga, della sua libert di pensiero. La
fuga, lĠinfinito, la libert, le stazioni.
Era lĠuomo delle stazioni da
dove partiva verso lidi liberi. DĠinverno, appoggiato ai caloriferi
leggeva e annotava; si fermava solo allĠarrivo o alla partenza dei treni. Ho
scritto in una delle mie poesie:
ÒSei curvo, nel tuo cappotto grigio,
ma indomito:
ti pesa una vita di lotte,
lĠaver fatto tanto soffrire ed aver sofferto,
ma lo sguardo sempre fiero
e continui a viaggiare.Ó
E sotto il suo
carattere ribelle si nascondevano anche momenti di tenerezza.
Forse ne aveva
tanto bisogno.
Dice la Ginzburg:
ÒSiamo adulti perch abbiamo alle spalle la presenza muta delle
persone morte a cui chiediamo un giudizio sul nostro
comportamento, a cui chiediamo perdono delle nostre offeseÉ
Siamo adulti per tutte le mute
risposte, per tutto il muto perdono dei morti che portiamo dentroÓ.
Maria Antonietta Mordente