Dal Corriere della sera di Mercoled 4 settembre 1957

Qualcuno ha svegliato Maratea in letargo

Tutte le sue risorse consistono in una fascia di terra rinserrata

fra il mare e le montagne: ma uno dei posti pi belli dItalia

 

DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE

Maratea, settembre

Prima che un industriale del nord, ling. Rivetti, venisse a restituire questi luoghi al loro naturale destino di ottava meraviglia del mondo, i quattromilanovecentosessantaquattro abitanti di Maratea vivevano come venti secoli fa, di fichi, di pomodori, di carrube, dolive, duva e di cacio pecorino. Il quantitativo di calorie a disposizione di ognuno di essi non stato accertato da nessun ufficio statistico, ma sta scritto sui loro volti, dove una fame di generazioni ha scavato, sotto gli zigomi, due buchi.

UN TENORE MANCATO

Maratea non il pi povero fra i mandamenti della provincia di Potenza. Anzi. lunico sbocco al mare della Lucania, e nei paesotti dellinterno se ne parla come di una contrada evoluta, se non addirittura corrotta dal progresso. Il centro rappresentato da un borgo a mezza costa, pulito, non privo di grazie architettoniche, e dove si aggrumano tremila persone. Il resto sparso nelle frazioni di Acquafredda, Cersuta, Maratea Porto, Marina di Maratea, Castrocucco, Valle di Maratea, Massa e Brefaro, tutte accovacciate sotto il picco di Monte San Biagio. In vetta ad esso sorge la citt antica, ora abbandonata perch la frana la rode. Di abitato cՏ solo un monastero che domina tutto il golfo di Policastro, forse il pi bel panorama dItalia. Vi accudisce Padre Damiano che, a furia di star ritto lass in cima, in compagnia soltanto del sole, del vento e dei fulmini, pretende di conoscere meglio di ogni altro quello che successo e seguita a succedere fra i quattromilanovecentosessantaquattro indigeni sdraiati ai suoi piedi, e ne racconta la storia, pare, un po a modo suo.

Tutte le risorse di Maratea sono in una fascia di terra rinserrata fra il mare e una catena di stupende crode dolomitiche dai fianchi panneggiati di lecci e di massi erratici, lunga una decina di chilometri e larga, secondo i punti, dai cinquecento ai cinquanta metri.

Essa non generosa che di processi per contestazioni di compravendita e di eredit: Per un olivo, o un fico, o un filare di pomodori, ci sono cause che vanno avanti da generazioni, e interi patrimoni si esauriscono in carta da bollo e in parcelle di avvocati.

Chi giunga la domenica, basta che vada a Messa per rendersi conto di come sia divisa, socialmente e politicamente, Maratea. I signori frequentano solo la chiesa dellImmacolata, da cui prende il nome la loro confraternita, mentre il volgo affolla quella dellAddolorata. A queste confraternite corrispondevano un tempo anche i due pertiti che si contendevano i suffragi alle elezioni: quello della sciammrica, che sarebbe la palandrana a code, e quello della giacchetta, cio dellabito comune. Maratea, fino al fascismo, ha ignorato la geografia e la nomenclatura di tutto il resto dItalia, non ha conosciuto n liberali, n radicali, n socialisti. Per essa cerano soltanto lImmacolata e lAddolorata, la sciammrica e la giacchetta. In genere vinceva la prima, perch il popolino, sedotto dalle mance o impaurito dalle minacce, solidarizzava con i signori, i quali davano e facevano dare il voto a un plebeo di destra, Mango, contro il plebeo di sinistra, De Filpo.

Non si pu dire che le cose siano molto mutate con lultima guerra, almeno in senso ideologico. Lattuale sindaco Vitolo stato podest al tempo di Mussolini in nome del fascismo, commissario al tempo di Badoglio in nome di non si sa cosa, ed ora esercita la sua carica in nome della democrazia cristiana cui non appartiene e che amministra il paese coi voti dei monarchici. un bravuomo che fa con molta onest e competenza il suo mestiere, e rappresenta per conto suo un partito pi forte di tutti gli altri partiti. Purtroppo si innamorato, a settantanni. E questa infelice e innocente vicenda sentimentale tiene in ansia tutti i quattromilanovecentosessantaquattro abitanti di Maratea, meno uno, Lamarca, che, dopo aver tentato di fare il tenore in Brasile donde lo cacciarono a pomodori marci, ha trovato, rimpatriando, un posto di oppositore come esponente del P.C. locale.

I signorotti ci sono ancora, ma le loro prerogative sono diminuite coi loro poteri e i loro patrimoni. Essi hanno serbato il diritto, quando rispondono al saluto, di non togliersi il cappello e di moltiplicare le loro discendenze adulterine. Ma nessuno bacia pi loro la mano, come avveniva fino a qualche anno fa. La confraternita dellImmacolata seguita ad esistere, ma soltanto sulla carta, e il Circolo dei cacciatori, la loro sussiegosa roccaforte di un tempo, ha chiuso i battenti.

DINASTIE DI NOTABILI

Il pi autorevole fra essi il barone Emanuele Labanchi, che ha settantacinque anni e non si vede mai. A Castrocucco, di cui i suoi antenati ebbero il feudo e il titolo dai Borboni, egli possiede tuttavia un castellaccio, sul cucuzzolo, diruto e inabitabile, e un palazzotto alla Secca, sulla scogliera. Ma non ci va che destate, e il resto dellanno lo passa a Maratea centro, chiuso in una casetta modesta a studiare geografia. Questuomo che non mai andato, credo, al di l di Salerno, conosce il mondo molto meglio di me che lho girato varie volte. Egli sa a memoria a che grado di latitudine si trovano Tromsoe ed Elisabethtown e quanti chilometri corrono tra la tasmania e siviglia. Se si presentasse a Lascia o raddoppia guadagnerebbe senza intoppo i cinque milioni.

Non gli verrebbero scomodi perch nonostante il blasone, il palazzo e il castello, il suo reddito annuo non supera le due o trecentomila lire. Il resto se lo mangiato, come al solito, una lite di eredit con altri Labanchi bastardi che gliela contestavano. Per sua fortuna, lo aiutano quattro figli: il primo, che ha diritto al titolo, fa il maestro elementare.

Sempre per spiegare cosa si intende a Maratea per signorotto, valga il caso dei Calderano, altra dinastia di notabili. Ce ne sono due branche: una rappresentata da un macellaio e da un secondino delle carceri, e unaltra incarnata da un fratello e da una sorella, Don Ciccio e Donna Giovannina, che non hanno sposato per non essere costretti a dividere il patrimonio. Questo costituito dal palazzotto di Capocasale, delle cui dieci stanze solo due e la cucina sono abitabili, e da qualche ettaro di terra a Massa, che render a dir molto un milione lanno. Don Ciccio ci va ogni giorno, e con la coppola in testa, le scarpe di vacchetta e un abito rattoppato, a bordo di una Balilla a tre marce, per incettarvi uova e verdura, in compagnia della vecchia serva. Perch Donna Giovannina occupata nelle sue funzioni di maestra elementare e da una contabilit domestica in cui ci che non strettamente indispensabile alla sopravvivenza viene elencato nella rubrica sprechi. Tutti a Maratea si chiedono a favore di chi questi due vecchi Calderano senza figli conducano una cos puntigliosa guerra contro gli sciali. Unantica faida di famiglia esclude dalleredit il macellaio e il secondino. Pare che il patrimonio e gli onori che vi sono connessi andranno a un nipote attualmente garzone in un bar di Napoli, che appunto per questo considerato il miglior partito di Maratea.

Quella che ha scalzato il monopolio economico, politico e sociale della confraternita dellImmacolata o del partito della sciammrica stata lemigrazione dall80 (1880 n.d.r.) ad oggi. Perch ai quattromilanovecentosessantaquattro marateoti di Maratea bisogna aggiungere altri tremila, sparpagliati tra Argentina, Colombia, Messico, Venezuela e Stati Uniti. Ce ne sono di cospicui. Degli Schettini e dei Cernicchiaro si trovano strettamente coinvolti nelle vicende di Pancho Villa e di Porfirio Diaz; un Mazzeo, gioielliere allAvana, ebbe una parte in una delle tante rivoluzioni di Cuba; un Limongi rappresenta tuttora la General Motors a Caracas.

Molti di questi emigrati, raggranellato un gruzzolo, tornavano al paese, compravano dal latifondista indebitato un boccone di terra, vi si costruivano una casetta, e si riadagiavano nella vita dei babbi. I loro rampolli sono gli attuali coltivatori diretti, che possiedono una media dai sei ai sette ettari, e si contentano. Molti altri non rimpatriavano prima di aver ammassato un patrimonio vero e proprio, che poi investivano in titoli di Stato e soprattutto in tasse scolastiche per i figli. Sono costoro – i medici, gli avvocati, i maestri elementari – la nuova giacchetta, lattuale classe dirigente di Maratea. Essi hanno imparato in citt a non prendere sul serio la sciammrica, si sentono moderni e avvertono la ristrettezza dei loro orizzonti.

Ma di allargarli non hanno la forza. Mancano i capitali, certo; ma mancano anche la volont e la solidariet. Con quel po di mare spalancato davanti alla propria scogliera, i marateoti seguitano a costruire le loro case in modo da voltargli cocciutamente le spalle e non hanno sentito il bisogno di un porto e di una flottiglia di barche da pesca. Le poche che ci sono, una decina in tutto, la maggior parte dellanno stanno in secco, sulla spiaggia di Marina, e il pesce arriva, quando arriva, da Livorno. Sotto una tettoia di canne, gli uomini giuocano a scopone e a briscola. Solo le donne lavorano, a intessere corde di fibra vegetale. Non sentono neanche la tentazione dei bagni, e quasi nessuno sa nuotare. Alla vita nel sole e nellacqua preferiscono, da bravi meridionali, nemici dellaria aperta e della natura, quella del caff, dove si aggrumano come mosche. E il loro attaccamento a quella piccola patria suggerito, pi che da un vero e proprio amore per la sua splendente bellezza, da un complesso di paure e di abitudini casalinghe. Quando si tratt di mettervi una scuola, lavvocato Schettini si batt per quella di avviamento professionale. Ma fu sconfitto dai partigiani della media, fucina di maestri elementari, il cui diploma costituisce il sogno di tutti. Esso garantisce cinquantamila lire al mese, quattrore sole di lavoro al giorno, e quattro mesi, fra ninnole e nannole, di vacanza allanno. Per scuotere questa gente, bisogna anzitutto stimolare i bisogni: Finch si contenter dun pezzo di pane e di un pomodoro, Lamarca non far proseliti, ma non li far nemmeno il progresso, e la santa alleanza fra signorotti e plebe assicurer la sopravvivenza della sciammrica. Il comunismo, in queste zone, rappresenta una malattia di crescenza ed un segno, malgrado tutto, salutare, come il morbillo.

IL FONDO DELLA CRISI

Nel 52 Maratea tocc il fondo della crisi. I vecchi emigrati, scottati dalle successive catastrofi della lira, avevano smesso dinvestire in patria e non vi rimettevano pi un soldo. Di nuovi, non ce nera. I lavori pubblici, che avevano fino a quel momento assorbito il bracciandato, erano finiti, e seicento disoccupati facevano coda davanti agli uffici di collocamento. Col suo milione di reddito annuo, Don Ciccio Calderano passava per Rockefeller, e chi veniva scritturato da Donna Giovannina a cinquanta lire al giorno per la mietitura poteva considerarsi miracolato.

  Fu in questo momento che da Biella giunse lingegner Rivetti con quattro miliardi in tasca e un gruppo di tecnici al seguito. Era la prima volta, da quando lItalia unita, che un industriale del nord veniva a Maratea con intenzioni non soltanto turistiche. La Cassa del Mezzogiorno gli aveva spianato la strada. La spiana a tutti. Ma sono pochi coloro che ne profittano. Da queste parti solo un vercellese, Faini, lha preceduto impiantando una piccola maglieria. La storia di questi esperimenti va raccontata ed quello che mi propongo di fare. Perch il capitalismo del Settentrione (se lo ficchino bene in testa), o risolve il problema del Mezzogiorno, o nessuno sentir pi il bisogno di puntellarlo e lo abbandoner ai venti che spirano su tutto il mondo e che non gli sono favorevoli.

unimpresa difficile, ma bisogna intraprenderla, qualunque sacrificio costi, e ne costa di grossi.

Indro Montanelli

 

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