PRANZO DI COMPLEANNO

Come ogni anno, il 16 marzo, giorno del mio compleanno, facciamo il tradizionale pranzo marateoto in famiglia.

Sono già alcuni giorni che da Ciurtiano e da Massa e Brefaro ogni mattina arrivano i femmini cu’ i cisti ‘ncapu (le donne con i grandi cesti sulla testa) che portano le vivande da consumare: gaddini aduvati, puddasti e gaddi sono già in casa, con pipi, mulignani e fasuli. Le restanti vivande arriveranno in seguito.

Brevemente descrivo il pranzo:

si comincerà, naturalmente, con un leggero antipasto da consumare in piedi: fette di zupirsata (salame soppressata) tagliata non a fettine sottili ma spesse, perché così si sente meglio la pezzatura dell’impasto, che deve essere appena un poco corretto con il pepe rosso per dare un leggero colore ambrato alla carne, da cui deve scorrere la famosa lacrima. Naturalmente il budello dell’inzaccatura deve essere possibilmente stintinu i cularino. Piccoli crostini di pane abrustulutu per accompagnare. Insieme con la zupirsata sarà servito il prosciutto di maiali di razza nera di calabria, prosciutti curati a Brefaro e solamente delle cosce di destra. Il microclima di questa frazione e le nebbie che spesso ricoprono il paesaggio, rendono i prosciutti particolarmente morbidi e adatti al taglio manuale. Il prosciutto, tagliato con il coltello, sarà servito a strisce alte almeno ½ centimetro, larghe 1 cm. e della lunghezza ricavata esclusivamente dalla parte centrale, dove il grasso della coscia è particolarmente roseo. Per pulire il palato e per prepararsi ai primi piatti, mozzarelle di Massa, tagliate in quattro pezzi, e immerse nel latte avanzato della tuma (toma) concluderanno l’entrata.

I gaddini aduvati (galline che fanno le uova) serviranno per preparare il brodo: appena si macellano, si raccoglie il sangue per fare ‘u sangu frittu i gaddina (sangue fritto di gallina) con prezzemolo, aglio e sale, che servirà a soddisfare le voglie di chi ne farà richiesta. Tolte le penne e tutto ‘u campanaru (le interiora) saranno immerse in abbondante acqua fredda e portate a bollore per farle cuocere fino ad avere la certezza della cottura. Il brodo ottenuto, che si lascia raffreddare, riposare per almeno 24 ore e sgrassare, servirà per preparare un leggero consommé con pochi chicchi di pastina formato acini di pepe, mentre con le interiora si preparerà  ‘u  zuffrittu (soffritto).

Al consommé seguirà la classica pasta ‘mbuttita (pasta ripiena), che sarà così preparata: con carne di manzo magra tritata, mista a carne di maiale, anch’essa magra e tritata, aggiungendo mollica sbriciolata di pane raffermo, un pizzico di sale, pepe nero e prezzemolo, tagliato molto fine, cubetti piccolissimi di cascavaddu (caciocavallo) di Massa e qualche uovo, si preparano le polpettine che vanno soffritte e fatte raffreddare; si aggiungeranno nella pasta da mettere al forno. Nella pasta ripiena, normalmente si utilizza la pezzatura a schiaffettoni, ma io preferisco le tagliatelle! Infatti si lasceranno appena scottare le tagliatelle e versandole in teglie molto capaci saranno mescolate insieme agli ingredienti del ripieno e saranno passate al forno facendo dorare la superficie e, una volta tolta la teglia dal forno, la “pasta ripiena” si farà raffreddare quel tanto necessario in modo che si “assesti”, così che quando si taglia per impiattarla, avrà, la porzione, il classico aspetto di un cubo. Il ripieno sarà così composto: uova sode tagliate a fettine, mozzarelle di Massa tagliate a cubetti molto piccoli, fettine di zazicchi (salsicce) di Maratea appena “curati” (non più di dieci giorni), formaggio grattugiato e le polpettine che prima abbiamo trattato. A parte verrà preparata la salsa besciamella con burro, farina, latte, sale e un pizzico di noce moscata grattugiata molto fine; la besciamella sostituirà la ricotta classica per non appesantire molto la portata! È chiaro che dovrà essere prima preparato il ragù, che servirà per condire la pasta: sarà preparato almeno il giorno precedente  con  ‘u gammunceddu (il muscolo di manzo), i tracchi (le spuntature di maiale), l'involtino di cutina  (cotica), purpetti (le polpette) e braciole ripiene con aglio, prezzemolo, pinoli, uva passa e dadini di formaggio. Per una buona riuscita del ragù, la salsa deve addensarsi molto, pipando a fuoco lento, fino a diventare di una consistenza molto cremosa, prima di poter condire degnamente una buona pastasciutta.

I gaddi (galli) serviranno per preparare un altro piatto “forte”: i strangulapreuti. Profitto, intanto, col precisare che l’etimologia di strangulapreuti non deriva da “strozza preti” bensì da due parole di origine greca “stroggulos” che significa “pasta arrotolata” (da cui anche i famosi “struffoli”) e “preptos” che significa “incavare”. I stangulapreuti saranno, come vuole la tradizione, di sola farina, mentre il ragù di gallo, come il precedente ragù di carne, deve essere preparato almeno un giorno prima e deve cuocere a fuoco lento per almeno sei ore, per permettere alla carne del gallo di intenerirsi e trasfondere quel sapore dolciastro della carne nel sugo per far si che i strangulapreuti conditi abbiano un sapore gradevolmente dolce e consentire così di cospargere uno strato sottile di pepe rosso appena piccante: uno sposalizio di “dolce” e “amaro”.

Le carni utilizzate per preparare il brodo e i due ragù non saranno utilizzate come portate, ma servite solamente su richiesta dei commensali: piccoli assaggi, invece, della frittatina di sangue di gallina e del soffritto delle interiora, serviranno per permettere ai commensali di prepararsi ai secondi piatti.

I puddasti (polli) saranno tagliati in due parti: la parte superiore, composta dal petto e dalle ali, sarà messa da parte, mentre la parte inferiore con le due cosce sarà arrostita sulla brace e, durante la cottura, sarà bagnata con olio e limone con rametti di rosmarino, per dare un gradevole sapore a queste carni bianche, delicate e tenere. Un po’ di lattuga condita con olio extra-vergine da olive macinate a freddo accompagnerà la portata.

Dimenticavo dire che il pranzo non avrà nessuna pietanza “marinara”. Infatti, dopo i puddasti ci sarà l’ainu (agnello) e ‘u crapettu (capretto), ma prima ci sarà la famosa “ciambotta” preparata con i peperoni e le melanzane di Ciurtiano fatti rosolare in una casseruola con l'olio, le cipolle a fettine, sedano, patate tagliate a cubetti e pomodori. Il tutto cuocerà a fuoco lento per circa una ora. Appena prima della fine della cottura si aggiungeranno olive, capperi e  aceto e sale per quanto basta. Ogni commensale potrà servirsi da solo, giacché la ciambotta sarà portata in tavola in un grande piatto. Anche i fagiolini verdi, sempre di Ciurtianu, saranno solamente sbollentati e conditi con olio extra-vergine, foglie di menta e aglio e sistemati in un gran piatto da cui ciascheduno potrà servirsi.

L’ainu (agnello) tagliato a pezzi molto piccoli e messe da parte tutte le costolette sarà fritto in olio d’oliva molto caldo e fatto dorare: i bocconcini saranno “croccanti”, dopo averli fatti asciugare su carta assorbente, e serviti con rucola condita con poco olio e aceto balsamico.

Diverso sarà il sapore del crapettu (capretto) rispetto all’agnello perché la cottura avverrà in forno: sempre tagliato in pezzi, questa volta non molto piccoli, e senza le costolette, sarà appena spruzzato con dell’olio e sistemato in teglie di alluminio, per consentire al calore di avvolgerlo uniformemente. Precedentemente si prepareranno le patate che accompagneranno il capretto. Queste saranno tagliate a tocchetti e verranno immerse per qualche secondo nell’acqua bollente e poi versate nella teglia e unite al capretto. Unendo del rosmarino e del sale comincerà la cottura nel forno e quando la doratura delle patate avrà raggiunto la consistenza del “croccante”, si potrà servire il “capretto con le patate”.

A questo punto il pranzo volge quasi al termine e l’ultima portata sarà ‘u zazicchiu sfrittu cu i vrocculi rapi (salsiccia fritta con i broccoli di rapa), tipico piatto carnascialesco ma sempre gradito: i broccoli non saranno già sbollentati, ma cuoceranno a “crudo” e “girati” con la salsiccia, che deve essere fresca e preparata da non più di due giorni; in una padella rosoleranno insieme e molto lentamente i broccoli e la salciccia, avendo cura di coprire con un coperchio, per permettere al vapore acqueo di far ammorbidire i broccoli e farli insaporire con il profumo del zazicchio.

Degustata la salsiccia saranno portati in tavola i cascavaddi (caciocavalli) di Massa freschi, che hanno solo un giorno di “fattura” e premendoli esce il latte, e curati, che hanno una stagionatura di almeno venti giorni il cui interno è “burroso”; ricotte, mozzarelle e, dulcis in fundo, zazicchi (salsicce) stagionati ma non duri.

I dolci, rigorosamente “fatti in casa”, saranno quelli tipici: pan di spagna con crema e il classico dolce pasquale di Maratea fatto con fichi secchi, mandorle, noci, nocciole e uva passita, macerati in vino liquoroso, e impastati con uova e farina foggiati a mo’ di biscotti, saranno passati al forno.

Il vino servito sarà il bianco frizzantino di Brefaro e il rosso rubino di Castrocucco, mentre per accompagnare i dolci ho fatto arrivare da Pantelleria il Bukkuram.

Il caffè concluderà il tutto.

Tutti voi che leggete siete invitati a questo mio pranzo “VIRTUALE”.

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