Green pass tra diritti
doveri e Salute pubblica
Valerio Mignone*
Il dibattito sulla vaccinazione
antiCovid-19 continua ininterrottamente. Gli scienziati ribadiscono
la efficacia dei vaccini antiCovid-19, con articoli su autorevoli e
indipendenti riviste internazionali. I giornalisti trasmettono, in stile
divulgativo, dati scientifici sulla stampa; e in reti televisive, ove, non di
rado, devono limitare modi scalmanati di personaggi che, per fare spettacolo, esprimono
dubbi sulla vaccinazione, e, persino, opinioni ad essa
contrarie, con plateale sussiego. Alcuni Parlamentari, a loro volta, con
demagogia, si mostrano attenti alle tesi dei pochi negazionisti; a questi è
utile ricordare che per l’età infantile esiste un calendario di vaccinazioni
condivise, ancorché non obbligatorie, per le quali non si ha notizia di
contestazione né da parte di Parlamentari, né da parte
di genitori.
A tutt’oggi, 38
milioni e mezzo di Italiani, pari al 71 per cento delle persone con più di 12
anni di età, hanno completato il ciclo vaccinale, con la somministrazione,
nelle venti Regioni, di 79 milioni di dosi di vaccino, con il coordinamento del
Generale dell’Esercito Francesco Paolo Figliuolo, nato a Potenza. Ma occorre vaccinare almeno l’80 per cento delle persone,
per propria autotutela, e per essere al sicuro dalla comparsa di focolai, e di
mutazioni del virus. Del 30 per cento di persone non vaccinate in Italia, tante
non sono state nemmeno contattate; per raggiungere
tale traguardo, occorre coinvolgere il volontariato, di intesa con i medici di
famiglia. Anche i membri del G-20, riuniti a Roma recentemente, si attiveranno
per vaccinare le popolazioni dei Paesi africani, notoriamente non sviluppati, e
disinformati sulla pandemia.
Intanto, sulla stampa quotidiana, a
proposito della obbligatorietà del “Green pass” a
garanzia della salute pubblica, un editorialista ha ricordato che, in un
passato non lontano, era obbligatorio il Test di Wassermann per insegnanti in
scuole d’ogni ordine e grado, e in istituti universitari. Gli insegnanti ne dovevano
presentare il referto di negatività alle Amministrazioni competenti. Tale
certificato era, sul piano funzionale, ciò che oggi è il “Green pass”, espressione
inglese che significa, letteralmente, passaggio verde, in analogia al semaforo
stradale, che, con il verde, libera il transito. I non vaccinati non hanno il
diritto al “Green pass”, e non hanno la libertà di transito, di movimento, là
dove ne è previsto il possesso.
La rievocazione del Test di Wassermann
ha provocato qualche interrogativo tra i lettori, cui è utile ricordare che il
Test, o sierodiagnosi, o reazione, di Wassermann è un
esame di laboratorio mediante il quale si ricercano gli anticorpi contro il
germe della lue, o sifilide, noto come Treponema pallidum.
Questi anticorpi documentano una infezione pregressa, acquisita
tramite le vie genitali; o nella vita intrauterina, per casi congeniti,
eccezionali. La obbligatorietà di tale Test di
Wassermann per gli insegnanti ne violava la privacy, era inopportuna, e non
bene attinente alle “Indicazioni mediche”, perché la Scuola non era ambiente di
diffusione di malattie veneree. Anche nella pratica medica, soltanto in alcuni
ospedali il test di Wassermann era tra gli esami di routine; ma non essendo
specifico, in caso di una sua positività, si eseguiva il Test di Nelson-Mayer,
il cui esito garantiva maggiore certezza diagnostica.
Il Green pass è il documento che
certifica l’avvenuta vaccinazione, cui dovrebbe seguire la sintesi di anticorpi
contro il Covid-19, utili a proteggere il ricevente e i cittadini per
un’auspicata “immunità di gregge”; ma certifica anche l’avvenuta guarigione dal
Covid-19, o la negatività del tampone al virus nelle ultime 48
ore. A tal proposito, il Tribunale amministrativo regionale (Tar) di Roma, in
sede monocratica, ha riconosciuto la legittimità delle disposizioni
ministeriali sul possesso del Green pass per poter
svolgere attività da parte del Personale scolastico, e prevenire la diffusione
del virus.
Sul “diritto” a non vaccinarsi,
richiamato da alcuni dipendenti delle Istituzioni con sofismi vari, il Tar ha dichiarato
la difficoltà a configurare tale istanza come
“diritto”, essendo prevalenti altri diritti, come la tutela della salute
pubblica, la necessità di contenere la pandemia con vaccini di documentata
efficacia, ed il dovere da parte dello Stato di garantire lo svolgimento del
pubblico servizio, quale é l’attività “in presenza”
nella scuola, che è la insostituibile palestra di formazione dei nuovi
cittadini di un mondo globalizzato.
La pandemia da Covid-19, in corso pel secondo anno consecutivo, ha causato in Italia la morte
di 130.000 persone, ed è ancora pericolosa. Circa il 90 per cento di chi muore
oggi di Covid-19 risulta non vaccinato; e questo dato
conferma indirettamente la efficacia del vaccino. Si aggiunga a ciò che la occupazione di posti letto, da parte di non vaccinati, limita
l’accesso agli ospedali per altre esigenze sanitarie. Chi non si vaccina mette
a rischio la propria vita, e quella degli altri. Di ciò, per fortuna, sono
convinti tanti giovani che, per scelta culturale, libera, si presentano,
volontariamente, a vaccinarsi negli appositi Centri.
I dipendenti pubblici “No vax” sono liberi di non vaccinarsi, ma rimangano fuori dal
posto di lavoro, in aspettativa non retribuita. Ad essi è opportuno ricordare che quando la tubercolosi
polmonare era molto diffusa, e si diffondeva soprattutto per via respiratoria, i
candidati a servizi pubblici dovevano documentare il proprio stato di buona
salute con la radiografia del torace, i cui raggi X avevano la loro non
percepibile nocività, sia per chi si sottoponeva a questo esame, sia per gli operatori,
pur protetti da ingombranti grembiuli di piombo! Tutto ciò per scoprire
ammalati di tubercolosi, e prevenire contagi da bacillo tubercolare!
Contrariamente ai Raggi X, il Green pass è un innocuo strumento di libera circolazione, rilasciato per guarigione dalla malattia, o dopo la prescritta vaccinazione, e non comporta rischi, né lede i diritti della Persona.
*Medico
Maratea 10 settembre 2021