Sono la tempesta

 

E serve

la tempesta

e l'impeto dei tuoni

a pungolarti castelli

arroccati, ma il mare

Lui

 anche l“ a riscuotere

il granitico torpore.

 

Dall'ombra

e dalla pianta beccata

dal pettirosso

sorga il succo della vita,

brulicare profondo

dal sommerso del niente

si accende a tratti

e fa luce sulla pelle.

 

Senti la musica

nella cassa toracica,

 petto, ossa, carne.

Se respiri

la caduta  dietro l'angolo.

 

Respiri e cammini

fondamentalmente

per il mondo.

 

Guarda al gatto rosso

impavido segue la sua,

di strada.

 

Ho aggirato il quartiere,

senza contare i passi.

Dopo cento e altri cento

cammini

ho scorto un soffione:

da sempre l“ tra le linee

chiare che si dividono.

 

Vedere o aver cura di vedere?

Scoprirsi o sentirsi?

 

Sotto la luna piena,

ancora un ballo,

ci sarˆ sempre.

 

Dopo la tempesta,

alcuni infissi son crollati,

insieme alle certezze,

ma l'acqua scivola meglio

sui lembi lucidi

e sbocconcellati.

 

La crisi ti ha portato

il mare col sale,

che  luce anche in superficie;

effigi della guerra passata

son rimaste le conchiglie,

fossili di chi eri in fondo,

ora sono sulla battigia

a farsi immagine di corpo.

 

Sono la presenza,

sono la vita,

sono la tempesta.

 

Vincenza Laino